Newman e il cammino nella verità. A due mesi dalla canonizzazione

John-Henry-Newmandi Francesco Vermigli • «Keep Thou my feet; I do not ask to see / The distant scene; one step enough for me» («Sostieni Tu i mie passi; di vedere non chiedo / l’orizzonte lontano; un passo per me è sufficiente»). Newman – ancora anglicano, ma in viaggio in Italia alla ricerca della radice profonda del cattolicesimo – scrive quel capolavoro della poesia inglese intitolato Lead, Kindly Light (Guidami, Tu, Luce gentile), da cui abbiamo tratto questi versi. A ben vedere, la vita di questo teologo di finissima intelligenza, uomo di virtù umane e teologali spiccate e di elevato senso ecclesiale può essere davvero rappresentata da queste parole, che abbiamo citato ad esergo del nostro articolo e che dicono della fiducia dell’uomo credente in Dio: quell’uomo che non chiede che gli si mostri l’orizzonte più lontano, ma chiede d’essere condotto a possedere lentamente la verità e a penetrarla progressivamente, con un semplice passo alla volta.

Giovane prete anglicano della fazione più ostinatamente liberale e razionalista dei noetics, quindi anglicano della High Church e zelante promotore del Movimento di Oxford vicino ai cattolici, si convertì al cattolicesimo dopo una lunga e combattuta riflessione, fu ordinato prete cattolico e creato cardinale: è stato beatificato da papa Benedetto XVI a Birmingham, il 19 settembre 2010. Ora, papa Francesco, con il decreto del 1 luglio scorso, ne stabilisce la canonizzazione, che si terrà a Roma, domenica 13 ottobre.

Newman vive nell’Inghilterra della rivoluzione industriale eppure ancora della ruralità diffusa, l’Inghilterra dell’alternanza tra tories e whigs e della politica ecclesiastica del Parlamento inglese, spesso chiamata a confrontarsi con il mondo cattolico, tra la proscrizione e una certa tolleranza; egli vive gli inizi dell’età vittoriana: in questa Inghilterra – come sospesa tra le nobili tradizioni antiche e i cambiamenti convulsi – egli è un uomo di grande profondità critica, sempre in ricerca, sempre in avanti, sempre in movimento; verso la verità che egli spera e anela, che persegue e che brama. Come reciterà l’epitaffio sulla sua tomba a Rednal: ex umbris et imaginibus in veritatem.71npLDuQ8eL

Non è un caso che la sua opera teologica maggiore vada sotto il titolo di  un’opera che trasmette una riflessione sulla dottrina come fatto dinamico, che progredisce sotto la custodia e la guida dello Spirito e che nella storia approfondisce la comprensione dei misteri cristiani. È l’opera che si segnala per l’abbandono della via media (la dottrina con cui Newman riconosceva all’anglicanesimo una posizione mediana ed equilibrata rispetto agli eccessi protestanti e cattolici): abbandono che sarà poi foriero della conversione al cattolicesimo nell’ottobre del 1845. Leggere la più tarda Apologia pro vita sua (1864) significa invece percorrere idealmente la grande parabola della vita di Newman e percepire almeno a longe la serietà della sua ricerca e il carattere combattuto del suo discernimento sulla pienezza della verità entro le diverse confessioni cristiane.

All’inizio di queste righe, abbiamo ricordato due versi del Lead, Kindly Light, la preghiera rivolta al Signore d’essere guidato sempre più avanti. Ebbene il luogo in cui questa luce ad un tempo potentissima e gentilissima agisce per indirizzare, sostenere e custodire colui che cerca con onestà e decisione, è quella sorta di inviolabile sacrario che è la coscienza. Nella Lettera al Duca di Norfolk, stesa dopo la proclamazione del dogma dell’infallibilità papale al Vaticano I, il Newman rispondeva all’obiezione del Gladsone, che ebbe a dire che un cattolico inglese dopo tale dogma si trovava nella posizione di non poter essere un buon suddito inglese: qui scrive la frase assai famosa secondo la quale bisogna brindare prima alla coscienza e poi al papa; un passo su cui ha avuto modo di fermarsi proprio quel Ratzinger che da papa l’avrebbe beatificato.

Che cosa resta del magistero teologico, spirituale ed ecclesiale di colui che a breve verrà iscritto nel numero dei santi? Pare certo cosa assai difficile raccogliere in brevi righe l’eredità di questo uomo di Chiesa e teologo. Egli fu innanzitutto un cristiano, uomo di grande onestà intellettuale e di ricerca appassionata. Fu un uomo di Chiesa, preoccupato di diffondere al meglio il Vangelo in un mondo, come quello inglese, in continuo cambiamento; come attesta l’opzione per l’Oratorio di san Filippo Neri come strumento ritenuto più adatto alla diffusione della Buona Notizia in Inghilterra. Fu infine un teologo tra i maggiori dell’intero ‘800. Ma davvero possiamo scrivere questo in ultima posizione? Perché nella sua ricerca della verità della dottrina cristiana e nella percezione di essa come in continuo sviluppo al modo di un organismo, si nasconde davvero tutta la vita di Newman. Un Newman che ad un tempo crede e spera, pensa e opera, nella certezza che sarà quella luce gentile che guida e non si impone, a condurlo dalle ombre e dalle immagini offuscate allo splendore della verità che non avrà mai fine.