Il contributo di Paolo VI nell’elaborazione dell’ecclesiologia di comunione. Uno studio di Renato Marangoni

204 283 Gianni Cioli
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21vQCm7AJ3L._BO1,204,203,200_di Gianni Cioli · Fra i numerosi studi sull’ecclesiologia di Paolo VI quello di Renato Marangoni (La Chiesa mistero di comunione. Il contributo di Paolo VI nell’elaborazione dell’ecclesiologia di comunione, Analecta gregoriana 282, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 2001) si distingue per ampiezza e profondità. Si tratta di una tesi dottorale elaborata sotto la guida del prof. Angel Anton e discussa presso la Pontificia Università Gregoriana. L’oggetto dello studio, come risulta dal sottotitolo, è il contributo di Paolo VI nell’elaborazione dell’ecclesiologia di comunione, scaturita dal Vaticano II. Il principio ermeneutico è ripreso da un’affermazione della relazione finale del Sinodo dei vescovi del 1985, secondo cui: «l’ecclesiologia di comunione è l’idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio» (p. 19). L’idea sviluppata da Marangoni è che Paolo VI abbia fortemente contribuito a condurre il Concilio verso quest’approdo ecclesiologico e che, a sua volta, sia stato condotto dal Concilio a comprendere e amare sempre più la Chiesa come mistero di comunione. La tesi si divide in due parti: la prima («Sensus ecclesiae»: Paolo VI e la Chiesa del Concilio) approfondisce il rapporto fra papa Montini e l’evento del Vaticano II; la seconda («Communio in Ecclesia»: dati ecclesiologici e principio teologico della comunione in Paolo VI) considera invece il contributo montiniano all’ecclesiologia di comunione sul piano dei contenuti, quasi abbozzando un vero e proprio trattato sistematico sulla chiesa.

Lo studio del rapporto fra il Papa e il Concilio si articola in cinque capitoli ben sintetizzati dall’autore nell’introduzione generale: «Il primo capitolo tenta di delineare la prima fase del rapporto con il Concilio Vaticano II, quando G.B. Montini è ancora Arcivescovo di Milano. A partire dall’annuncio di Giovanni XXIII, G.B. Montini si impegna a indicare la novità che esso rappresenta: la Chiesa è chiamata a prendere coscienza di sé e della propria missione. Nel secondo capitolo prosegue la considerazione del rapporto con il Concilio, dopo che G.B. Montini viene eletto Vescovo di Roma. Egli appare del tutto proteso a continuare e a portare a compimento l’opera iniziata dal predecessore. È il momento in cui il Concilio riprende con nuova determinazione il suo percorso. Paolo VI ne diventa il primo ermeneuta. Egli spiega i caratteri salienti, gli scopi e i primi frutti del Concilio. È in atto l’aggiornamento della Chiesa. Con il capitolo terzo diventa più preciso che cosa intenda Paolo VI per “Chiesa del Concilio”: è la Chiesa che pone alla propria origine e al proprio centro Gesù Cristo e che si dona nel servizio al mondo. Queste due coordinate tracciano le linee portanti del pensiero ecclesiologico di Paolo VI. Il quarto capitolo considera l’impegno di Paolo VI nella trasmissione dei contenuti del Concilio. L’intento che egli persegue, è più pastorale e catechistico che dottrinale e sistematico. Egli mette in luce l’ecclesiologia del Concilio, ne recupera l’aspetto pneumatologico, ne mostra l’approccio trinitario e l’orientamento comunionale. Assume le categorie portanti di “sacramento”, “popolo di Dio”, “mistero”. Appare già la comunione come connotazione fonadamentale. Nel quinto capitolo si considera la proiezione dell’opera del Concilio nella Chiesa postconcilare. Matura un sensus Ecclesiae, ancorato al Concilio e che Paolo VI indica come condizione per il rinnovamento della Chiesa, conforme alle istanze postconciliari, soprattutto quella fraterna e comunitaria. Egli invita ogni fedele alla partecipazione attiva alla vita nella vita ecclesiale. Sempre più, dunque, si radica e si estende la caratterizzazione comunionale della Chiesa del Concilio» (pp. 24-25).Renato-Marangoni-1-web

Gli ultimi tre capitoli, sesto, settimo e ottavo, hanno per oggetto lo studio dei contenuti del contributo montiniano all’ecclesiologia di comunione e costituiscono la seconda e più ampia parte del lavoro di Marangoni.

Nel sesto capitolo, intitolato Il fondamento teologico della comunione, si «mostra la fondazione trinitaria del contributo ecclesiologico di Paolo VI (…): la Chiesa è innanzitutto mistero di comunione in quanto partecipazione alla vita trinitaria» che matura nel rapporto con le singole persone divine. In questo capitolo vengono messe in luce alcune problematiche ecclesiologiche importanti che caratterizzano il pensiero montiniano, come l’uso frequentissimo dell’immagine di corpo mistico. «Il cosiddetto cristocentrismo di Paolo VI qui è pienamente evidenziato». Risalta in particolare anche l’indirizzo pneumatologico. Nel settimo capitolo, La manifestazione sacramentale della comunione, si esamina come papa Montini ha accolto la categoria ecclesiologica conciliare di Chiesa-sacramento mettendo in evidenza «la sua portata comunionale in rapporto al mondo. La comunione poi segna radicalmente il significato ecclesiale che assumono soprattutto i sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia». Nell’ottavo e ultimo capitolo, La struttura comunionale della chiesa, si affrontano alcune problematiche ecclesiologiche che, evidenziate dal dibattito conciliare, hanno coinvolto la sollecitudine di Paolo VI, impegnandolo «a imprimere una configurazione e una struttura comunionali alla Chiesa». In questo capitolo, viene messa in luce la «logica delle tensioni tra elementi complementari della struttura ecclesiale: unità e pluriformità, aspetto comunitario e (…) gerarchico, dimensione universale (…) e (…) particolare/locale, unicità della Chiesa e pluralità di Chiese, primato del vescovo di Roma e collegialità episcopale». Di fronte a queste polarizzazioni papa Montini, nella sua azione come nel suo insegnamento, si è fatto costantemente guidare da un’ispirazione di fondo: «nella Chiesa tutto è comunione e tutto è amore». (pp. 26-27). Lo stesso esercizio del primato petrino – come testimoniano anche i suoi gesti ecumenici più significativi, quale l’incontro col patriarca Atenagora – è stato vissuto da Paolo VI nella ricerca di nuove attuazioni sempre più conformi all’ecclesiologia di comunione.

Nello studio di Marangoni, come ha rilevato il Card. Silvestrini nella presentazione, «emerge che dal pensiero di questo Papa si può ricavare, nell’esuberante ma convincente messe di formulazioni, un sistema pressoché completo di teologia della Chiesa, frutto di una progrediente riflessione e di una convinta esperienza. Si deve, davvero, riconoscere in Paolo VI un effettivo doctor ecclesiae» (p. 7).

La ricerca, che Marangoni ha condotto con ammirevole acribia attraverso il vastissimo materiale dei testi montiniani, costituisce uno strumento fondamentale per lo studio del pensiero di Paolo VI e può risultare anche un contributo prezioso per la ricerca ecclesiologica in genere, sia dal punto di vista storico che da quello sistematico.

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