Impegno politico e fede cristiana: una sfida possibile

l-aula-montecitoriodi Leonardo Salutati • Di fronte allo spettacolo che offre il mondo politico, associare impegno politico e fede cristiana, potrebbe sembrare audace se non rischioso. Indubbiamente è una sfida che la Laudato si’, se letta attentamente, a quasi tre anni dalla sua uscita può aiutarci a raccogliere.

Essa infatti ci invita ad essere realisti riguardo alle carenze del mondo politico, ma anche a riconoscere la necessità delle istituzioni politiche. Il radicamento nella fede cristiana, inoltre, ci rende coscienti che non è più rinviabile un rinnovamento della politica. Il “bene comune” non può essere perseguito senza curare il dialogo che si fa ascolto, in particolare degli esclusi. È un programma che richiede coraggio, fondato sulla speranza cristiana.

Nella Laudato sì Francesco denuncia le “carenze” e le disfunzioni odierne della politica, incapace di proporre ideali e valori, ma soprattutto sottolinea che «La politica e l’industria rispondono con lentezza, lontane dall’essere all’altezza delle sfide mondiali» (165), rivelando la difficoltà a superare la preoccupazione per l’interesse particolare e privato a favore del bene comune. È «il dramma di una politica focalizzata sui risultati immediati» che impedisce di pensare «al bene comune a lungo termine» (178), in una sottomissione alla tecnologia, alla finanza e all’impresa (54), che egli chiama dominio del «paradigma tecnocratico» (109).

Tuttavia di fronte a questa situazione nella Laudato si’ non troviamo una condanna della politica, ma piuttosto un invito al rinnovamento e l’insistenza sul ruolo centrale dell’azione politica per elaborare le risposte alle sfide che il nostro mondo ha davanti. Francesco difende il ruolo delle istituzioni che hanno la funzione di regolare le relazioni umane ma che, quando sono deboli o malfunzionanti, generano «effetti nocivi, come la perdita della libertà, l’ingiustizia e la violenza» (142). Di conseguenza, anche se «oggi alcuni settori economici esercitano più potere degli Stati stessi (…) non si può giustificare un’economia senza politica» (196), perché «la struttura politica e istituzionale non esiste solo per evitare le cattive pratiche, bensì per incoraggiare le buone pratiche, per stimolare la creatività che cerca nuove strade, per facilitare iniziative personali e collettive» (177). A questo fine l’amore rivela tutta la sua importanza perché esso è «anche civile e politico. (…) L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche “macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici”» (231).

Per questo Francesco propone un cammino di rinnovamento scandito da tre atteggiamenti, frutto della carità: “dialogo, ascolto, coraggio”. Il “dialogo”, che per il cristiano è inscritto al cuore stesso della fede nel Dio Trinitario che manifesta il suo amore salvifico entrando in dialogo con l’umanità, deve svolgersi a tutti i livelli e in tutti gli ambiti. Infatti davanti alla complessità dei problemi e delle sfide attuali nessuno è realmente in possesso di una comprensione esaustiva e di una soluzione definitiva, ma c’è bisogno del contributo di tutti. Questo dialogo non è semplice confronto di idee ma deve diventare servizio alla vita umana nella ricerca del bene comune (189).enciclica-laudato-si

Il dialogo è preceduto dall’“ascolto”, in particolare di coloro che di solito sono ignorati ed esclusi (49), nei riguardi dei quali vi deve essere una attenzione preferenziale secondo lo stile dello stesso Signore Gesù. La Dottrina sociale della Chiesa, infatti, insiste sulla “opzione preferenziale per i poveri” come un principio che, ricorda Giovanni Paolo II, «si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto imitatore della vita di Cristo, ma si applica egualmente alle nostre responsabilità sociali e, perciò, al nostro vivere, alle decisioni da prendere coerentemente circa la proprietà e l’uso dei beni (SRS 42).

Ascoltare e dialogare a partire dagli esclusi e dagli indigenti richiede poi “coraggio”, perché questo comportamento conduce inevitabilmente a confronti di forza contro «pressioni e inerzie viziose». Infatti «Che un politico assuma queste responsabilità con i costi che implicano, non risponde alla logica efficientista e “immediatista” dell’economia e della politica attuali» (181). Il coraggio cui invita la Laudato si’ non è però incoscienza ma si fonda sulla speranza cristiana. Infatti: «Dio, che ci chiama alla dedizione generosa e a dare tutto, ci offre le forze e la luce di cui abbiamo bisogno per andare avanti. Nel cuore di questo mondo rimane sempre presente il Signore della vita che ci ama tanto. Egli non ci abbandona, non ci lascia soli, perché si è unito definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade» (245).

Nel “coraggio” per non rinunciare al “dialogo” che è “ascolto” attivo di tutti a partire dagli emarginati, troviamo realmente un programma non solo per i politici ma per tutti i cittadini chiamati ad esercitare la propria responsabilità civile per il bene comune.