La Lettera «Placuit Deo» contro l’attuale rischio riduzionista neo-pelagiano e neo-gnostico

SDP_6365-755x491di Francesco Romano • La Congregazione per la Dottrina della Fede il 1° marzo 2018 ha pubblicato la “Lettera Placuit Deo ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della salvezza cristiana”.

Questa Lettera nel titolo si ispira a San Paolo citando la Lettera agli Efesini: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà” (Ef. 1, 9).

Lo scopo immediato della Lettera è di sottolineare alcuni aspetti della salvezza cristiana che le recenti trasformazioni culturali rendono oggi più difficile da comprendere, ma in linea più generale viene evidenziato che “l’insegnamento sulla salvezza in Cristo esige di essere sempre nuovamente approfondito”.

Come ha tenuto a precisare nella sua presentazione il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, questa Lettera approvata dal Papa non nasce da una sua richiesta diretta, ma da diversi teologi che hanno espresso il desiderio che venissero approfonditi alcuni aspetti già enunciati dalla Dichiarazione Dominus Iesus (6.8.2000), il cui punto fondamentale è l’unicità e l’universalità salvifica di Cristo, sollecitando la stesura di un nuovo documento sulla salvezza cristiana per combattere il rischio sempre incombente del riduzionismo della fede.

Punto fermo nella confessione di fede cristiana è la proclamazione di Gesù unico Salvatore di tutto l’uomo e dell’umanità intera, mentre le odierne trasformazioni culturali vanno alterando il senso e il messaggio con tendenze devianti simili a quelle professate dal pelagianesimo e dallo gnosticismo. Da un lato emerge l’individualismo incentrato sull’uomo visto come soggetto autonomo che può realizzarsi con le sole sue forze, relegando la figura di Cristo a un modello che ispira azioni generose, ma che non trasforma la condizione umana. Dall’altro lato coesiste la visione di una salvezza meramente interiore in cui l’uomo è interiormente unito a Dio, ma completamente separato dagli altri uomini e dal mondo.

La Lettera Placuit Deo richiama la preoccupazione del Santo Padre Francesco, presente sovente anche nel suo magistero ordinario, col mettere in guardia da tentazioni di tipo neo-pelagiano e neo-gnostico. Nel primo caso la salvezza si affida alle forze del singolo o alle strutture puramente umane incapaci di accogliere le novità dello Spirito. Nel secondo, invece, la salvezza è ridotta a pura interiorità e soggettivismo spingendosi con l’intelletto oltre la carne di Gesù. Liberando la persona dal corpo e dal cosmo materiale, la mano provvidente del Creatore resta oscurata diventando realtà senza senso, priva di identità ultima e manipolabile secondo gli interessi dell’uomo.

La preoccupazione del Papa prende concretezza nel constatare il riproporsi da parte di certi movimenti odierni di atteggiamenti che familiarizzano con posizioni ereticali, come quelle citate, degenerando nel fraintendimento della fede biblica.

La liberazione dell’uomo dai limiti della materia secondo la visione neo-gnostica entra in contraddizione con la salvezza che ci giunge attraverso l’incarnazione di Gesù, la sua vita, morte e resurrezione nel suo vero corpo. Inoltre, secondo la visione neo-pelagiana l’individuo isolato, che pensa di realizzarsi con le sole sue forze, collide con la visione di Cristo che media l’Alleanza dell’intera famiglia umana.

Scopo della Lettera Placuit Deo è di ribadire che la salvezza consiste nella nostra unione con Cristo che, attraverso l’incarnazione, vita, morte e resurrezione, ha generato un nuovo ordine di relazioni con il Padre e tra gli uomini che vi vengono introdotti con il dono dello Spirito Santo come figli nel Figlio e diventare un solo corpo.

L’aspirazione di ogni uomo è il raggiungimento della felicità che molto spesso coincide con la salute fisica, un maggior benessere economico ecc., ma contro ogni pretesa di autorealizzazione, niente di creato può soddisfare pienamente l’uomo perché Dio ci ha destinati alla comunione con lui e “il nostro cuore è inquieto finché non riposi in lui”. Se la redenzione dovesse essere misurata secondo i bisogni esistenziali ci saremmo fatti un Dio Redentore a immagine del nostro bisogno. La salvezza che la fede ci annuncia riguarda l’essere integrale dell’uomo, tutta la persona in corpo e anima chiamata a vivere in comunione con lui.

Altra sottolineatura di questo documento è la salvezza operata da Gesù che non si limita alla sola interiorità: “è proprio assumendo la carne, nascendo da donna, che il Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo e nostro fratello”.

Quindi la tentazione è duplice: il riduzionismo individualista di tendenza pelagiana che promette una salvezza dell’uomo fondata sulle sue forze, e quello neo-gnostico che promette una liberazione meramente interiore dell’uomo unito a Dio, ma disinteressato del prossimo. Queste deviazioni contrastano con la via che ci ha indicato il Salvatore che si è rivelato egli stesso come la via da percorrere, non individualmente, ma imitando il suo esempio, Lui che si è rivelato essere la stessa via inaugurata attraverso la sua carne che entra in relazione con gli uomini e con il creato. La salvezza consiste nell’incorporarci alla sua vita che ha assunto la nostra umanità integrale per vivere e farci vivere in piena comunione con il Padre e con i fratelli.

La Chiesa è il luogo dove riceviamo la salvezza portata dal Signore, è la comunità di coloro che sono incorporati al nuovo ordine di relazioni inaugurato da Cristo. Quindi, la visione di Chiesa come mediazione salvifica ci consente di fugare la tentazione riduzionista neo-pelagiana di chi pensa di salvarsi con le sue sole forze escludendo i rapporti che derivano dal Dio fatto carne e che danno vita alla comunione nella Chiesa. Ma anche la tentazione di fugare una mentalità neo-gnostica di salvezza, tutta interiore, facendo a meno della Chiesa come comunità visibile che ci introduce a intessere relazioni concrete, come la carne di Cristo che tocca il malato per risanarlo, asciuga le lacrime del sofferente, tende la mano al povero.

La Chiesa è anche il luogo in cui la partecipazione al nuovo ordine dei rapporti inaugurati da Gesù avviene attraverso i sacramenti. Per questo l’atteggiamento neo-pelagiano di chi pretende di salvarsi con le sole forze umane contrasta con l’economia salvifica sacramentale che offre al credente il dono salutare della rigenerazione e della crescita. Allo stesso modo l’atteggiamento neo-gnostico di guardare in modo negativo l’ordine creaturale come un impedimento che imprigiona lo spirito umano porta a ricercare la liberazione dal corpo e dalle relazioni in cui vive la persona umana per impossessarsi di una salvezza mistificata e illusoria perché non è più in grado di riconoscere i doni che il Creatore ha associato alla dimensione corporea da metterla in grado di vivere la comunione con i fratelli.

In conclusione, nello specifico della Lettera si individua una parte antropologia e cristologica (Capitoli III-IV), oltre alla parte ecclesiologica (Capitoli V-VI). Con un atteggiamento neo-pelagiano, da una parte l’individuo si sente radicalmente autonomo e pretende di salvarsi da solo negando ogni relazione di dipendenza da Dio e dagli altri, affidandosi fiduciosamente alle proprie forze oppure a strutture puramente umane, incapaci di accogliere la novità dello Spirito di Dio. Dall’altra parte, di frequente, scopriamo l’atteggiamento neo-gnostico di chi cerca una salvezza meramente interiore, una fusione interiore con il divino, relegando alla condanna ciò che attiene alla corporeità spogliata delle tracce della mano provvidente del Creatore. La Lettera sottolinea che “la salvezza consiste nella nostra unione con Cristo. […] che con la sua incarnazione, vita, morte e risurrezione, ha generato un nuovo ordine di relazioni con il Padre e tra gli uomini, e ci ha introdotto in quest’ordine grazie al dono del suo Spirito, affinché possiamo unirci al Padre come figli nel Figlio”.

Di fronte ai fallimenti che ritornano nella ricerca della felicità e della propria realizzazione, la fede in Cristo ci insegna, che niente di creato può soddisfare del tutto l’uomo, perché Dio ci ha destinati alla comunione con Lui. L’origine del male non si trova nel mondo materiale e corporeo, sperimentato come un limite o come una prigione dalla quale dovremmo essere salvati. Al contrario, la fede proclama che tutto il cosmo è buono, in quanto creato da Dio. Peccando, l’uomo ha abbandonato la sorgente dell’amore, e si perde in forme spurie di amore, che lo chiudono sempre di più in sé stesso. A questa separazione da Dio ha posto fine l’incarnazione: la salvezza che la fede ci annuncia non riguarda soltanto la nostra interiorità, ma il nostro essere integrale. È tutta la persona, infatti, in corpo e anima, che è stata creata dall’amore di Dio a sua immagine e somiglianza, ed è chiamata a vivere in comunione con Lui.

“Sia l’individualismo neo-pelagiano che il disprezzo neo-gnostico del corpo sfigurano la confessione di fede in Cristo, Salvatore unico e universale” dell’uomo e di tutto l’uomo. Il luogo dove riceviamo la salvezza portata da Gesù è la Chiesa dove si realizza la partecipazione “al nuovo ordine di rapporti inaugurati da Gesù tramite i sacramenti, tra i quali il Battesimo è la porta, e l’Eucaristia la sorgente e il culmine”. La mediazione salvifica della Chiesa “ci assicura che la salvezza non consiste nell’auto-realizzazione dell’individuo isolato, e neppure nella sua fusione interiore con il divino, ma nell’incorporazione in una comunione di persone, che partecipa alla comunione della Trinità”.