Papa Francesco e le sfide della modernità

di Antonio Lovascio • Papa Francesco ha offerto la sua casa – Santa Marta – ai presidenti di  Israele e Palestina, per  firmare finalmente una pace duratura in Medioriente, sull’onda dell’abbraccio fraterno con il Patriarca ortodosso  Bartolomeo e della prima preghiera ecumenica tra cristiani al Santo Sepolcro. Non è che il sigillo alla storica visita in Terra Santa, la cui reale portata religiosa, diplomatica e politica potrà essere valutata solo col passare del tempo. Ma fin da ora rende ancor più chiara la rotta riformatrice del nuovo Pontefice.  E’ un segno che si aggiunge a tanti altri, come ad esempio l’annuncio di una enciclica “verde”,  che parlerà della custodia del Creato: non sarà una sorpresa, visto che non passa giorno senza che siano posti all’attenzione internazionale i problemi della Terra, la inarrestabile scomparsa di zone vergini, la popolazione mondiale che supera i sette miliardi, l’inquinamento che mette in pericolo tante vite umane, come le guerre (Siria e Ucraina in primis) che insanguinano il pianeta.

Bergoglio con piglio determinato sta portando la Comunità ecclesiale ad essere protagonista del Terzo Millennio, sfidando la modernità, riconfermando la validità del celibato sacerdotale e  “tolleranza zero” sulla pedofilia. Rilanciando alcuni importanti documenti ed innovazioni del Concilio Vaticano II  e soprattutto storicizzando la predicazione ed il modello spirituale dei suoi ultimi  predecessori. Coinvolgendo fraternamente, nel solenne rito della canonizzazione, Benedetto XVI – forse per abituarci alle figure dei Papi Emeriti –  quando due di loro, forse quelli ritenuti più dotati di carisma, li ha fatti Santi. Proprio perché Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, in modo diverso, hanno rimesso la Chiesa al centro della storia e della vita; “non cedendo al pessimismo e non rassegnandosi alla realtà”.

Personalmente sono   d’accordo con il priore del monastero di Bose, Enzo Bianchi , e con altri commentatori: cioè con chi auspicava di veder santificato, insieme a  Roncalli e Wojtyla, anche Paolo VI, che ha chiuso il Concilio avviandone la difficile attuazione,  il primo Pontefice che si è fatto pellegrino viaggiando nei cinque Continenti e che, con il riordino e la globalizzazione della Curia, ha valorizzato e dato impulso alle Chiese locali e all’ecumenismo. Certo tre papi elevati agli altari contemporaneamente sarebbero stati un fatto insolito. Forse anche per questo la Congregazione per le Cause dei Santi ha preferito attendere per il riconoscimento del primo miracolo di Montini, la guarigione inspiegabile di un bambino non ancora nato. Ora che lo ha fatto, il percorso della canonizzazione sembra assai breve: beatificazione il 19 ottobre (a conclusione del Sinodo dei Vescovi), con probabile successiva proclamazione della santità nel giugno del 2015.

Non c’è dubbio che Papa Francesco abbia così segnato una svolta, collocando se stesso nel solco di chi prima di lui era salito al soglio di Pietro, in un’originale continuità, proprio nel momento in cui stiamo misurando l’entusiasmo e la curiosità che accompagnano – anche tra i non credenti – la sua opera di rigenerazione del cattolicesimo e del Vaticano. A distanza di poco più di un  anno, “Vatileaks” appare un vocabolo fuori dal tempo. Sembrano trascorsi secoli da quei giorni così pesanti e amari per Papa Ratzinger, con la Santa Sede confinata in una specie di assedio mediatico. Questo repentino cambio di “clima” è forse la riprova che quella rappresentata da alcuni organi di stampa come la  “Caporetto” della comunicazione dei Palazzi Apostolici, non era altro che una serie di dolorosi incidenti di percorso. Mai si è persa la strada maestra di un corretto rapporto con i mass media; ora quasi tutti conquistati da questo Papa, già proclamato negli Usa “uomo dell’anno”,  con tanto di copertina della rivista “Time”. Atteso però da difficili sfide, ben individuate sul “Corriere della Sera” da uno scrittore attento, documentato e pungente come Vittorio Messori.

Non c’è dubbio che l’Occidente (Europa compresa) sia sempre più contagiato da edonismi, consumismi e agnosticismi. Il Sudamerica da cui proviene Bergoglio –  il Continente cattolico per eccellenza, la speranza della Chiesa –  sta invece passando a sette evangeliche calate dagli Stati Uniti ricche di mezzi. Per non parlare dell’Asia che – Filippine e Corea del Sud a parte – è da sempre refrattaria se non ostile alla predicazione cristiana. Infine gli Stati Uniti, dove la cultura egemone che controlla i media più importanti  è tuttora quella di un Protestantesimo duramente anti-papista, con forti influenze ebraiche, seppur in presenza di un Cattolicesimo numericamente forte.

Con questa variegata “geografia” religiosa, il Papa venuto dalla “fine del mondo” – che non ama la rassegnazione ed il catastrofismo – è già proiettato sul Sinodo straordinario dei Vescovi del prossimo ottobre, dedicato alla pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Al centro della riflessione dei rappresentanti degli episcopati mondiali  ci saranno temi sempre più pressanti, come le situazioni matrimoniali difficili (separati e divorziati risposati, unioni libere di fatto), unioni di persone della stesso sesso, apertura degli sposi alla vita. Vanno indubbiamente trovate soluzioni pastorali condivise senza ingenerare confusione e condurre un cammino nella piena coesione della comunità ecclesiale. Dunque l’uomo (con la sua famiglia) protagonista assoluto; pure al centro di quel progetto di “nuovo umanesimo” lanciato dalla Cei in preparazione al convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015. In spirito di dialogo con il contesto sociale italiano, la Chiesa guidata da Papa Francesco guarda alla modernità, che “ci consegna un mondo provato da un individualismo che produce solitudine e abbandono, nuove povertà e disuguaglianze, uno sfruttamento cieco del Creato che mette a repentaglio i suoi equilibri”.