La funzione pedagogica della legge

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 di Andrea Drigani • Sant’Isidoro di Siviglia, l’ultimo Padre della Chiesa Latina, vissuto nel VII secolo, dà una definizione di legge umana che verrà poi ripresa da San Tommaso d’Aquino, circa seicento anni dopo, nella quale si dice che la legge umana (cioè la legge posta dalle autorità civili) deve essere: «onesta, giusta, possibile secondo la natura e le consuetudini del paese, proporzionata ai luoghi e ai tempi». La legge deve essere onesta, cioè in armonia con la legge divina, giusta cioè conforme alla legge naturale, possibile cioè a vantaggio della salute pubblica, in quanto adatta agli uomini di quel tempo e di quel luogo. San Tommaso è uno dei primi a sostenere la funzione pedagogica della legge, perché la legge ha il fine di condurre gli uomini alla virtù (homines inducere ad virtutem), assicurando quel minimo indispensabile di moralità che renda possibile una quieta e pacifica convivenza umana («Poiché non mancano ribelli e soggetti inclinati al vizio, che non si lasciano muovere facilmente dalle parole, era necessario ritrarli dal male con la forza e col timore, affinchè desistendo dal mal fare, rendessero quieta agli altri la vita»). San Tommaso inoltre precisa che: «L’intenzione del legislatore è di rendere virtuosi i cittadini. Ma non si può essere virtuoso se non si astiene da tutti i vizi. Dunque la legge umana deve reprimere tutti i vizi». Il Dottore Angelico da un’ulteriore e saggia indicazione di politica legislativa, quando osserva che: «La legge umana mira a condurre gli uomini alla virtù non d’un solo colpo, ma progressivamente, gradatamente (non subito, sed gradatim) e perciò non impone immediatamente a una massa di persone imperfette cose riservate a persone già virtuose, come l’astensione di ogni male. Altrimenti questa gente imperfetta, nell’incapacità di osservare una legge simile, cadrebbe in mali maggiori». Si è visto che la legge umana è in ordine alle virtù. Ma di quali virtù si tratta? Di quelle che si chiamano le virtù cardinali (in quanto cardini dell’esistenza umana) o anche virtù morali o virtù naturali che sono quattro: la fortezza, la temperanza, la giustizia e la prudenza. Queste virtù sono largamente presenti nella cultura precristiana in particolare nell’Antica Grecia (Pitagora, Platone e soprattutto Aristotele). La dottrina della Chiesa, in special modo con San Tommaso, le ha accolte, cioè le ha fatte proprie (Gratia non tollit naturam, sed perficit), insieme alle tre virtù teologali o soprannaturali: fede, speranza e carità, che ci vengono infuse a cominciare dal Sacramento del Battesimo. E’ evidente, allora, che la funzione pedagogica della legge umana è in riferimento solo alla promozione delle quattro virtù cardinali. Una legge che non avesse una funzione pedagogica, sarebbe antipedagogica, cioè diseducativa (homines inducere ad vitia) poiché rende viziosi i cittadini. L’alternativa, anche per un legislatore, è tra educare o diseducare, non esiste una posizione neutra (tertium non datur), non si può presumere di stare fermi, poichè l’accidia o pigrizia è un vizio.  Le considerazioni sulla funzione pedagogica della legge si possono estendere a tutti coloro che, in vario modo, esercitano la potestà politica e amministrativa. Il fondamento, infatti, che giustifica la potestà politica ed amministrativa, a qualsiasi livello, è uno solo: il «bene comune». Per San Tommaso il bene è il fine delle singole persone esistenti in una comunità (Bonum commune est finis singularam personarum in communitate existentium) e precisa che: «Lo scopo infatti che spinge le persone umane a riunirsi è che stando insieme possono condurre una vita buona. A sua volta però la vita si dice buona quando è ispirata alla virtù. La conclusione, dunque è che il fine dell’unione in cui si stringono gli uomini è la vita virtuosa. Una conferma concreta sulla validità di questa dottrina la troviamo nella constatazione che della società fanno parte soltanto coloro che hanno un forte rapporto comunitario proprio con la vita buona : altrimenti, se gli uomini si radunassero soltanto allo scopo di vivere, anche gli animali costituirebbero una parte del raggruppamento civile; se invece lo scopo fosse quello di accumulare beni di fortuna, tutti coloro che hanno tra di loro rapporti di mercato, apparterrebbero alla stessa città; così vediamo che vengono annoverati come facenti parte di una società soltanto coloro che sono  guidati  a una vita buona dalle medesime leggi e da un unico governo». Pertanto tutti quelli che ricoprono, in qualunque grado, incarichi nelle istituzioni nazionali o locali, poiché chiamati ad operare per il bene comune, svolgono anche una funzione pedagogica, in caso contrario, non operando per il bene comune, si compiono azione diseducative.

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