Lezioni di etica nella scuola: ce lo raccomanda l’Ocse

268x179xImagoMundi_48721-268x179.jpg.pagespeed.ic_.5EAXj_b5S7di Antonio Lovascio • Non possiamo dire che la Scuola abbia in questi anni trascurato il tema della legalità. Seminari in tutte le città italiane, viaggi di studio di intere classi suoi luoghi della memoria di don Puglisi e Piersanti Mattarella, dei giudici Falcone, Borsellino, Livatino, Chinnici; del gen. Dalla Chiesa e di numerosi altri servitori dello Stato registrati tra le oltre 5 mila vittime della Mafia e della Camorra. Ricostruzioni ed approfondimenti guidati da uomini coraggiosi come il compianto maestro del pool palermitano Antonino Caponnetto, come Giancarlo Caselli o Gherardo Colombo, scrittori sotto scorta come Roberto Saviano. Insegnanti e giovani studenti si sono appassionati a questo “culto del ricordo” alimentato dalla generosa attività di “Libera”, la benemerita associazione fondata da don Ciotti, incoraggiata dalla Chiesa di Papa Francesco e dei suoi predecessori. Ora però, di fronte al dilagare del malaffare nella Pubblica Amministrazione, occorre fare un ulteriore salto di qualità. Purtroppo l’Italia si sta sempre più rivelando il Paese degli scandali. Tutte le analisi internazionali ci presentano dati agghiaccianti. Peggiorano gli indici di corruzione percepita. Un intreccio inestricabile di interessi tra politica, finanza, impresa e burocrazia sembra aver preso il posto di un agire etico, capace di promuovere e tutelare il bene comune. I leaders di partito più degli esponenti dei Movimenti cosiddetti populisti ne parlano scontrandosi con la Magistratura accusata di Giustizialismo. Ma a volte si ha l’impressione che il tutto si riduca ad uno stucchevole confronto tra “guardie e ladri” come nell’ultimo decennio della Prima Repubblica, ai tempi di Mani Pulite, e come negli anni roventi del berlusconismo.

I processi sono lenti e le sentenze non arrivano? Governo e Parlamento hanno tutti gli strumenti per intervenire e porvi rimedio, riformando il sistema-giustizia. Intanto bisognerebbe allungare senza furbizie e forzature (prevedendo paletti più rigidi ed indennizzi) i tempi della prescrizione per questo genere di reati: troppo facile e da irresponsabili far passare tutti i giudici per fannulloni. Dimenticando che in Italia il marcio della politica è il marcio di tutta una società che da diversi decenni ha deciso sempre più di chiudere un occhio, di permettere, di non punire, di condonare con leggi o scudi troppo generosi, per non dire indecenti.

Così l’illegalità (per dirla con il Capo dello Stato che chiede rispetto reciproco, un’alleanza magistrati-politici contro la corruzione e chiama al riscatto le forze sociali sane) continua ad essere “ un peso per la nostra libertà, per la nostra economia e per il futuro dei nostri figli”. I danni che provoca sono enormi. I costi della sola corruzione sono stimati in oltre ottocento miliardi di euro: Gli investitori stranieri diffidano dell’Italia, le imprese nazionali perdono competitività, il cittadino perde fiducia, i giovani brillanti sempre più costruiscono il loro futuro altrove. Molto si è fatto, anche negli ultimi tempi, per contrastare questi fenomeni. In questa direzione, la costituzione e l’operato dell’Autorithy affidata ad un magistrato integerrimo – ma superoberato di lavoro e di “dossier” – come Raffaele Cantone, oltre che normative e controlli sempre più stringenti, sono senz’altro passi avanti necessari ed importanti. Ma non bastano. Intanto bisognerebbero riflettere su un illuminante studio dell’Ocse (“ Trust in Government”) che , analizzando comparativamente la situazione di 29 Paesi nel mondo ben sintetizza la questione: «Il principale impedimento nel raggiungere elevati standard di contrasto risiede nella natura stessa del fenomeno. La corruzione si verifica perché persone prezzolate, che ben conoscono il quadro legislativo disegnato per prevenire gli illeciti, sono in grado di pianificare e commettere, restando impuniti, i crimini che leggi e controlli vorrebbero punire». In altri termini, per combattere efficacemente le tante Tangentopoli è necessario “combinare normative e controlli sempre più stringenti con una solida educazione all’etica e alla moralità. Questa educazione deve iniziare insegnando l’etica della buona cittadinanza nelle famiglie e nelle scuole”.

E proprio qui sta il punto. Il governo Renzi (ma anche le opposizioni!), mettendo da parte le sterili polemiche con le toghe, dovrebbe agire con determinazione per creare una nuova cultura dell’integrità, capace di orientare i comportamenti delle nuove generazioni. C’è un lavoro enorme da fare, qualcosa di cui purtroppo nessuno si sta occupando: insegnare l’onestà. Si inseriscano nei programmi delle scuole elementari, medie e superiori, nei piani di studio delle università, corsi di integrità e di un corretta condotta pubblica. Come suggeriscono alcuni esperti, si selezionino e formino gli insegnanti anche sul senso e i principi della moralità. Si costruiscano, sin da piccoli, i valori che dovranno orientare i comportamenti futuri. Si trasmetta l’importanza e l’orgoglio di un’esistenza integra, rispettosa degli altri, volta a creare le basi della solidarietà. Si trasmetta anche il senso di vergogna per comportamenti non in linea con il dovere di buona cittadinanza, siano essi la corruzione, l’evasione fiscale, piuttosto che la collusione di vantaggi. Si illustrino ai bimbi e ai giovani talenti i tanti esempi virtuosi di imprenditori, di personaggi ma pure di italiani umili che questi principi quotidianamente applicano. Si favorisca l’incontro con queste persone, perché l’etica si può apprendere solo da chi la pratica. Se famiglie, presidi e docenti – oltre a coltivare il “culto della memoria” – sapranno impostare un equilibrato e complessivo programma di etica, forse presto ci dimenticheremo anche che la Scuola è – ahimè – un’ottima palestra di turpiloquio, di bullismo sessista, di scambio di materiale pornografico quando non di spaccio di droga.