Il cristiano davanti ad un nuovo anno tra ottimismo e pessimismo

spesdi Stefano Liccioli • L’inizio di un nuovo anno porta con sé, come al solito, una serie di interrogativi tra cui: “Cosa ci dobbiamo aspettare da questo 2015? Andrà tutto bene? Quali difficoltà incontreremo?”.

Domande che toccano tutti, cristiani compresi, chiamati anche in questa circostanza a rendere ragione della speranza che è in loro. La speranza, appunto. Non dunque quella sorta di atteggiamento pessimista che Giacomo Leopardi attribuisce al protagonista del “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere” e che ribadisce nello “Zibaldone”:«Se noi ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l’ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione o ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti».

Neppure però un mero ottimismo che ci rassicura sul fatto che qualunque cosa accada sarà un successo.

Il cristiano guarda al futuro forte di quella speranza che nasce dalla fede nel potere di Dio e della Sua  Grazia, capace di far “germogliare i fiori tra le rocce”. Una fiducia che non si fonda sul senso di autosufficienza umana, ma che sa invece che il futuro è realmente di Dio: questa è la grande certezza della nostra vita.

A tal riguardo mi sono sembrate illuminanti le parole di Papa Francesco pronunciate, alcuni mesi fa’, durante l’omelia della Messa presieduta presso Casa Santa Marta, con cui il Pontefice ha precisato che la speranza cristiana non è un sereno buon umore oppure l’atteggiamento di chi di solito guarda al “bicchiere mezzo pieno”: questo è semplicemente “ottimismo”, e “l’ottimismo è un qualcosa di umano che dipende da tante cose”. «La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo – ha affermato Papa Francesco – e per questo Paolo dirà: “Mai delude”. La speranza mai delude, perché? Perché è un dono che ci ha dato lo Spirito Santo. Ma Paolo ci dice che la speranza ha un nome. La speranza è Gesù. Non possiamo dire: “Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio”, se tu non dici: “Ho speranza in Gesù Cristo, Persona viva, che vive nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola”». Per un cristiano, la speranza è Gesù in persona, è la sua forza di liberare e rifare nuova ogni vita. E questa speranza non delude, perché Lui è fedele. Non può rinnegare se stesso.

Nella vita quotidiana di un cristiano tutto ciò si traduce, ad esempio, in uno sguardo sulla realtà che sa riconoscere i germogli di vita nuova, si concretizza nel comportamento di colui che non si rassegna di fronte agli eventi negativi del mondo, ma che cerca di vincere il male con la sovrabbondanza del bene.

Spingendoci un po’ oltre, riflettendo, ad esempio, sul destino della Chiesa dobbiamo tenere presente che essa, nonostante i due millenni di storia, non è come un albero morente, ma una pianta che rinasce sempre e si rinnova. Ce l’ha ricordato Benedetto XVI in uno dei suoi ultimi discorsi da papa regnante:«Dobbiamo essere sicuri che se qua e là la Chiesa muore a causa dei peccati degli uomini, a causa della loro non credenza, nello stesso tempo, nasce di nuovo. La Chiesa è l’albero di Dio che vive in eterno e porta in sé l’eternità e la vera eredità: la vita eterna». Il tempo del Cristianesimo e della Chiesa non è dunque finito.

Un’ultima considerazione. Abbiamo da poco celebrato il Natale, la nascita di Gesù. La speranza cristiana è anche l’attesa fervente del ritorno di Gesù, quando tutti i popoli saranno insieme nella “Gerusalemme celeste”, senza distinzioni di alcun genere  – di natura sociale, etnica o religiosa -, ma saranno tutti una cosa sola in Cristo, nella pienezza della Sua comunione e della Sua pace. La Chiesa, ha detto recentemente sempre Papa Francesco, «ha allora il compito di mantenere accesa e ben visibile la lampada della speranza, perché possa continuare a risplendere come segno sicuro di salvezza e possa illuminare a tutta l’umanità il sentiero che porta all’incontro con il volto misericordioso di Dio». Ecco allora che, come cristiani, insieme a tutti i soliti interrogativi, anzi, prima di tutti questi, per il nuovo anno dobbiamo anche domandarci:«Sapremo essere testimoni credibili di questa attesa, di questa speranza, senza cedere sotto il peso della fatica e della rassegnazione?».