Una via per uscire dalla crisi

rivolution-industrialdi Leonardo Salutati • Vorrei riprendere una considerazione di Papa Giovanni Paolo II quando nella Centesimus annus, al n. 35 osserva che nel riconoscere la giusta funzione del profitto come indicatore del buon andamento dell’azienda e del fatto che i fattori produttivi sono stati adeguatamente impiegati ed i corrispettivi bisogni umani debitamente soddisfatti, è necessario anche considerare che il profitto non è l’unico indice delle condizioni dell’azienda. Infatti può succedere, e di fatto succede, che i conti economici siano in ordine ma che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell’azienda, siano umiliati e offesi nella loro dignità. Questo, oltre ad essere moralmente inammissibile, in prospettiva produce conseguenze negative anche per l’efficienza economica dell’azienda. La funzione dell’impresa, infatti, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l’esistenza stessa dell’impresa come comunità di uomini che, in diverso modo, perseguono il soddisfacimento dei loro fondamentali bisogni e costituiscono un particolare gruppo al servizio dell’intera società. Per cui alla considerazione del profitto come regolatore della vita dell’azienda va aggiunta anche la considerazione di altri fattori umani e morali che, nel lungo periodo, sono egualmente essenziali per la vita dell’impresa. In particolare tra i fattori umani e morali da considerare, Giovanni Paolo II al n. 34 aveva richiamato con forza la considerazione della dignità dell’uomo, sottolineando che «Prima ancora della logica dello scambio degli equivalenti e delle forme di giustizia, che le son proprie, esiste un qualcosa che è dovuto all’uomo perché è uomo, in forza della sua eminente dignità. Questo qualcosa dovuto comporta inseparabilmente la possibilità di sopravvivere e di dare un contributo attivo al bene comune dell’umanità» (CA 34).

Sulla linea di queste considerazioni si muove anche Papa Francesco quando, riflettendo sulle attuali difficoltà economiche che ormai si protraggono dal 2008, richiama la necessità dell’esercizio della solidarietà per uscire dalla crisi. Lo ha fatto in particolare nel maggio del 2014 in occasione dell’incontro con i membri della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice dove, di fronte ai tanti imprenditori che sentono la responsabilità della vita di altri lavoratori, ha chiesto con forza di seguire la via della solidarietà. Al riguardo Papa Francesco rilevava che nell’attuale sistema economico, e di conseguenza nella mentalità che esso genera, la parola solidarietà è diventata scomoda, persino fastidiosa anzi, addirittura «una parolaccia per questo mondo», osservando inoltre che: «La crisi di questi anni, che ha cause profonde di ordine etico, ha aumentato questa “allergia” a parole come solidarietà, equa distribuzione dei beni, priorità del lavoro… E la ragione è che non si riesce – o non si vuole – studiare veramente in che modo questi valori etici possono diventare in concreto valori economici, cioè provocare dinamiche virtuose nella produzione, nel lavoro, nel commercio, nella stessa finanza». Per questo proprio mentre la crisi mette a dura prova la speranza degli imprenditori è fondamentale non lasciare soli quelli che sono più in difficoltà ed è importante portare «non solo parole, discorsi, ma … l’esperienza di persone e di imprese che cercano di attuare concretamente i principi etici cristiani nell’attuale situazione del mondo del lavoro».

Queste considerazioni mantengono tutta la loro validità se ci spostiamo su un altro ambito problematico che è quello della attuale crisi dei debiti sovrani, che riguarda anche alcuni paesi europei tra cui l’Italia e in particolar modo la Grecia. Riteniamo che ancor di più, a questo livello, valgano le parole di Giovanni Paolo II che ricordano il valore assoluto della tutela della dignità dell’uomo, oggi in modo particolare offesa proprio per la mancanza di possibilità di lavoro. Come pure l’esercizio della solidarietà internazionale può realmente generare dinamiche virtuose in ordine alla crescita economica come auspica Papa Francesco e come insegnano i risultati del piano Marshall per l’Europa e del Piano Dodge per il Giappone dopo la seconda guerra mondiale. Nell’attesa dell’affrancamento dal fondamentalismo economico-finanziario che sta fortemente condizionando non soltanto gran parte della popolazione europea ma ancora tanti paesi in via di sviluppo sparsi nel mondo, è senza dubbio necessario e urgente, come cristiani, raccogliere l’invito di Papa Francesco alla preghiera,«perché c’è bisogno di pregare, e di pregare molto quando le sfide sono più dure», in particolare l’imprenditore, ma anche il politico, il professionista, il sindacalista, che nella preghiera e all’interno della comunità cristiana nelle sue diverse articolazioni, possono attingere la linfa per alimentare la loro testimonianza e il loro impegno nel mondo per la solidarietà e la priorità del lavoro sul profitto.