«Veritatis gaudium»

268 381 Alessandro Clemenzia
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sapientia-christianadi Alessandro Clemenzia • Dopo quasi quarant’anni da quando Giovanni Paolo II, il 15 aprile 1979, ha promulgato la Costituzione Apostolica Sapientia christiana, è uscita in questi giorni – fedelmente a quanto era stato raccomandato nel Vaticano II dal Decreto Optatam totius – la Costituzione Apostolica di Papa Francesco sugli studi accademici ecclesiastici, denominata Veritatis gaudium.

Senza entrare nelle parti normative del documento, soffermerei l’attenzione in particolare sul Proemio, dove sono offerti quegli snodi teoretici fondamentali che evidenziano la novità della proposta.

Interessante il connubio di queste due parole: la gioia della verità. Si legge sin dalle prime righe: «La gioia della verità (Veritatis gaudium) esprime il desiderio struggente che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio» (n. 1). Non si tratta, dunque, di una gioia che scaturisce dal possedere una verità per poterla poi affermare, ma di una gioia che esprime il desiderio del cuore dell’uomo che vuole abitare e condividere quella verità, che non consiste in un’idea astratta, ma in un volto personale: Gesù, il Verbo di Dio.

Gli studi accademici ecclesiastici, dunque, non possono presentarsi come detentori di una verità da diffondere ai più, ma devono sapersi sintonizzare con il cuore dell’uomo che vive l’inquietudine del cercare costantemente l’incontro con la Verità.

Al di là delle differenti tappe che hanno ritmato la riflessione ecclesiale dal Vaticano II alla stesura della Sapientia christiana (cf. n. 2), ciò che la parola “gaudium” richiama in modo quasi automatico è l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco, e dunque la missione cui la Chiesa è chiamata nell’oggi a vivere per annunciare l’evento Gesù; è scritto infatti: «Strettamente collegato alla missione evangelizzatrice della Chiesa […] è il vasto e pluriforme sistema degli studi ecclesiastici fiorito lungo i secoli dalla sapienza del Popolo di Dio» (n. 1). Gli studi ecclesiastici, in questo orizzonte, più che essere luoghi di formazione qualificata per alcuni, devono costituire «una sorta di provvidenziale laboratorio culturale in cui la Chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che scaturisce dall’evento di Gesù Cristo» (n. 3).

Perché ciò si attualizzi, è necessario che gli studi accademici operino un vero e proprio cambiamento di paradigma, che consiste nell’assumere uno sguardo nuovo su tutta la realtà.

Dopo aver illustrato in cosa consista tale conversione in ambito accademico, e in particolare negli studi ecclesiastici, all’interno di quel processo di evangelizzazione cui tutta la Chiesa è chiamata a inserirsi, viene rivolta l’attenzione ai criteri di fondo che possono permettere tale rinnovamento; la Veritatis gaudium ne individua quattro:

  1. L’introduzione spirituale, intellettuale ed esistenziale nel mistero trinitario di Dio, da cui deve scaturire un nuovo modo di vivere la Chiesa come “mistica del noi” e di rintracciare nel cosmo quella “trama di relazioni”, ove ogni realtà tende ad un’altra.

  2. Il dialogo a tutto campo come esigenza intrinseca alla fede per approfondire in modo comunitario l’esperienza della Verità. Si tratta, in altre parole, di arrivare ad una sempre più autentica cultura dell’incontro.

  3. L’inter- e la trans-disciplinarietà, sul piano dei contenuti e del metodo degli studi ecclesiastici, operando un recupero di quell’indispensabile unità del sapere nel rispetto delle sue molteplici espressioni.

  4. Fare rete” tra istituzioni accademiche che si ispirano a diverse tradizioni culturali e religiose, costituendo dei centri specializzati di ricerca al fine di offrire un contributo serio e rigoroso alle sfide emergenti dell’umanità.

È diventato urgente ormai il compito degli studi ecclesiastici di «elaborare strumenti intellettuali in grado di proporsi come paradigmi d’azione e di pensiero, utili all’annuncio in un mondo contrassegnato dal pluralismo etico-religioso» (n. 5). Per arrivare a ciò sono necessari dei centri di ricerca che offrano la possibilità d’incontro e di dialogo a studiosi di differenti competenze scientifiche e provenienza religiosa: si tratta, anche per gli studi ecclesiastici, di «vivere rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera» (n. 5), per entrare costantemente nello spirito di una Chiesa in uscita.

In perfetta continuità con quanto aveva già affermato la Sapientia christiana quarant’anni orsono, la Costituzione Apostolica Veritatis gaudium offre realmente la possibilità che un settore non indifferente dell’esistenza ecclesiale, quale appunto gli studi accademici, possa trovare una sua nuova regolamentazione interna, fondata certamente sulla Scrittura e sulla Tradizione, ma sempre in grado di accompagnare i processi culturali e sociali attuali, soprattutto quelli più complessi.

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