Quale carità? Da una novella e un saggio col Sacchetti e san Pier Damiani

367 500 Carlo Nardi
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san_pier_damianidi Carlo Nardi Una storia di Franco Sacchetti nel Trecentonovelle (125: V. Marucci, Roma 1996, pp. 380-382) col suo toscano del trecento è pungente. A Carlo Magno, «avendo acquistato tutta la Spagna», «venne per le mani uno Spagnuolo, o iudeo o al tutto pagano, il quale era uomo di molto sentimento e industria. Di che lo re […] s’ingegnò che tornasse alla fede cristiana […]. Ed essendo una mattina a mangiare col detto re, stando ad alto a mensa, come usano li signori, uno poverello era là a basso, quasi in terra o su basso sedere a una povera mensa, e desinava». «Sempre questo re, quando mangiava, dava mangiare a uno povero o più per simile forma, per ben dell’anima sua. Veggendo lo Spagnuolo questo povero mangiare in tal maniera, domandò il re chi colui era e quello che significava il mangiare suo per quel modo. E lo re rispose: “Quello si è un povero di Cristo; e quella limosina che io fo a lui, fo a Cristo; però che, come tu sai, e’ n’amaestra che, qualunche ora noi facciamo carità a uno di questi suoi minimi poverelli, noi la facciamo a lui (cf. Mt 25,45)”. Dice lo Spagnuolo […]: “Se voi tenete per vera fede che quel poverello sia il vostro Signore Iesù Cristo, qual è la ragione che voi gli date mangiare vilmente colà in terra e voi così onorevolmente mangiate quassù in alto? A me me pare, secondo il dir vostro, che doverreste fare il contrario, cioè mangiare là voi ed egli mangiasse nel luogo vostro».

L’imperatore ebbe poco da dire.

Ci sono antefatti di quella novella? Incuriosito, ne trovai uno di tre secoli prima. Pier Damiani in un Opuscolo sull’elemosina a Mainardo, vescovo di Urbino (7: Patrologia latina 145,220d-221a) racconta una simile vicenda, saputa dall’amico Goffredo detto il Barbuto (1000 circa – 1069), marchese di Toscana. Re Carlo, finalmente vittorioso sui Sassoni (804), ne deteneva in sorveglianza il decaduto sovrano – il noto Vitichingo passato dalla storia alla leggenda? – ancora pagano. «Una volta Carlo era a pranzo su un alto trono, come suo solito, mentre i poveri che sfamava stavano a sedere per terra senza alcun riguardo per loro. Ora, il re» dei sassoni, «che si trovava a pranzare ben lontano dall’imperatore, tramite un messo gli fece arrivare un dispaccio in questi termini: “Il vostro Cristo si offre per essere accolto nei poveri (cf. Mt 25,45): con che faccia volete convincerci a sottomettere il nostro collo a lui che anche voi disprezzate in questo modo, senza riservargli né rispetto né onore?” Al che l’imperatore si sentì pungere il cuore: fu grande il suo timore al sentir uscire dalla bocca di un pagano un pensiero evangelico», quello del giudizio di Dio. «Dice infatti il Signore: Quel che avrete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccolo, l’avete fatto a me (Mt 25,45). Il re si rallegrò sentendosi corretto da un tal uomo che non aveva ancora ricevuto l’abbiccì della fede e già proclamava il frutto delle fede, le opere di misericordia».

La carità d’un pagano senza peli sulla lingua.

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