Riflessioni sul tempo di Pasqua in tempi di martirio

227 300 Gianni Cioli
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Cristo-murales-macchiato-di-sangue1-940x250di Gianni Cioli • «Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: “Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?”. Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”» (Mc 16,1-7).

La situazione che stiamo vivendo è molto simile a quella descritta nel Vangelo della notte di Pasqua. È forte in noi la tentazione di abbandonarsi alla mancanza di speranza. Ci sentiamo impotenti come le donne giunte alla tomba di Gesù che non sapevano come far rotolare via la pietra perché non ne avevano la forza.

In questo momento siamo profondamente sconvolti per l’accanimento di persecuzioni che si stanno scatenando contro i cristiani nel mondo. Siamo smarriti. Avevamo sperato in un futuro di pace e sembra prospettarsi il contrario. La morte di questi innocenti sembra una sconfitta per la nostra fede. Così come parve una sconfitta per il messaggio di Gesù la sua morte in croce e quella pietra pesantissima posta sopra il sepolcro.

La tentazione che prese allora i discepoli fu quella di dire: «nessuno ha parlato come Gesù. Ha detto cose meravigliose. Ma la sua morte in croce ci fa capire che le sue promesse erano illusioni». No! In realtà sappiamo che la morte in croce di Gesù non è stata la sua sconfitta ma la sua vittoria. Anche noi dobbiamo alzare lo sguardo e anche noi vedremo che la pietra che sembrava sancire la sconfitta è stata rotolata via.

Anche noi come i cristiani dei primi tempi dobbiamo imparare a riconoscere nella morte dei nostri fratelli uccisi a causa del nome cristiano non una sconfitta ma una vittoria. Non una morte ma una nascita.

Allora forse ci renderemo conto che questi fratelli muoiono anche per noi, per aiutarci a riscoprire il vero senso della vita che abbiamo rischiato e rischiamo di smarrire nel nostro presunto benessere da difendere egoisticamente.

Il senso della vita che il “caso serio” dei martiri ci rimette di fronte può essere sintetizzato nella parola programmatica del prossimo Giubileo indetto da papa Francesco: “misericordia”.

La misericordia è l’amore di Dio che si manifesta nel perdono donato sulla croce. Il senso della nostra vita è riconoscere e accogliere questo dono per risorgere a vita nuova, ovvero per rinnovare e trasformare la nostra vita diventando testimoni della misericordia.

Fare esperienza del perdono ci rende capaci di metterci a servizio della riconciliazione. Riconoscere e accogliere il perdono di Dio ci rende capaci di perdonare a nostra volta a chi ci ha fatto del male, decostruendo così le logiche apparentemente ineluttabili della vendetta e dell’odio. La consapevolezza che Egli si è abbassato fino alla croce per guarire le nostre ferite, per liberarci dal dolore e vincere la nostra morte spinge anche noi a chinarci con amore sulla sofferenza umana per lenirla con le opere di misericordia corporali e spirituali.

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