Il ritorno delle virtù: i temi salienti della Virtue Ethics in un saggio di Giacomo Samek Lodovici

200 329 Gianni Cioli
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Lodovici-Giacomo-Samekdi Gianni Cioli • In ambito etico filosofico si è verificato negli ultimi anni un significativo ritorno d’interesse per il tema delle virtù. Uno strumento agile ma serio per chi volesse essere introdotto al dibattito è offerto dal libro di Giacomo Samek Lodovici, Il ritorno delle virtù. Temi salienti della Virtue Ethics (Edizioni studio domenicano, Bologna 2009).

Samek Lodovici è ricercatore e docente di filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano. Ne Il ritorno delle virtù – a cui per altro hanno fatto seguito altre numerose pubblicazioni – ha inteso presentare alcuni temi salienti che caratterizzano il pensiero di autori anglofoni contemporanei «che hanno rilanciato e rinverdito il tema della virtù» (p. 7). Si tratta della linea della cosiddetta Virtue Ethics, seguita da autori accomunati da un atteggiamento critico nei confronti della morale moderna e da un interesse per le virtù, sebbene tra di loro vi siano notevoli differenze di prospettiva.

Il rinnovato interesse per i temi in questione, rammenta Samek Lodovici, si può far risalire a «lavori pionieristici come quello di Stuart Hampshire [“Fallacies in Moral Philosophy”, in Mind 58(1949), 466-482], o come un famoso saggio del 1958 di Elisabeth Anscombe intitolato “Modern Moral Philosophy”, [in Philosophy 33(1958), 1-19] che ebbe l’impatto di una dichiarazione di guerra alle etiche deontologiche e consequenzialiste, o come quelli di George von Wright [The Varieties of the Goodness, New York, 1961, 136-145], Iris Murdoch [The Sovereignity of Good, New York 1970], Edmund Pincoff [“Quandary Ethics”, in Mind 320(1971), 522-571], Peter Geach [The Virtues, Cambridge 1977] e Philippa Foot [Virtue and Vices and other Essays, Berkeley-Los Angeles 1978]. Più recentemente la prima edizione, nel 1981, di After Virtue di Alasdair MacIntyre [After Virtue. A Study in Moral Theory, Notre Dame 1981] ha provocato l’accelerazione e la proliferazione dei lavori sul tema della virtù che ormai costituiscono una letteratura sterminata e ricchissima» (pp. 11-12).

Il breve ma denso saggio di Samek Lodovici si articola in tre capitoli. Nel primo, Critiche alle etiche moderne, si mettono in evidenza i limiti che gli esponenti della Virtue Ethics attribuiscono in genere alle etiche deontologiche e consequenzialiste: l’eccessiva enfasi sul dovere; l’incapacità di considerare e valorizzare gli atti di amore e di amicizia; il primato della dimensione normativa; la sottovalutazione del ruolo delle emozioni nella vita morale; la non adeguata considerazione della comunità nella maturazione etica del soggetto; l’esclusiva assunzione del punto di vista della terza persona – ovvero dell’osservatore, del legislatore e del giudice – per la formulazione dei giudizi morali a discapito del punto di vista della prima persona, cioè del soggetto agente.

Nel secondo capitolo, La virtù, s’intende presentare una sorta di sintesi dell’aretologia della Virtue Ethics: si considera innanzitutto la natura della virtù quale «disposizione a compiere-esplicare azioni/emozioni moralmente buone» (p. 41); si evidenziano le teorie degli autori che sostengono una visione non relativistica delle virtù; si descrive la funzione dell’arte e dell’imitazione nella maturazione morale della persona; si presenta il ruolo peculiare della phronesis come perfezionamento della ragion pratica; si argomenta sul rapporto fra virtù etiche e dianoetiche mettendo in risalto l’importanza di non sottovalutare l’eticità di quest’ultime; si sottolinea, infine, la relazione esistente fra virtù, intersoggettività e amore: «la virtù, in primo luogo, si esplica come amore di sé, (…) in secondo luogo, (…) come amore per gli altri. (…) La ragione pratica virtuosa dà ordine all’amore perché la benevolenza verso gli altri non è esercitata secondo l’universalismo astratto di chi prescinde dalla propria collocazione nel mondo e si rapporta a chiunque in modo equipollente, bensì proprio in connessione con l’ordine e la trama di relazioni in cui ogni uomo è inserito» (pp. 80-84).

Nel terzo capitolo, Alcuni problemi, si mettono criticamente in evidenza una serie di questioni che non sembrano trovare soddisfacente risposta nella recente letteratura di area anglofona sui temi delle virtù: si sottolinea la difficoltà a indicare un criterio chiaro d’individuazione in primo luogo delle azioni virtuose e, in secondo luogo, delle norme assolute e degli atti intrinsecamente malvagi, con esiti relativistici nel caso di alcuni autori; si nota poi che, la Virtue Ethics, fortemente segnata dalla critica al consequenzialismo, tende generalmente a sottovalutare il peso delle conseguenze dell’azione morale; si prende infine atto dell’assenza, in genere, del tema dell’ordinamento a Dio dell’azione morale, che renderebbe più adeguatamente ragione dell’interpretazione della virtù come ordo amoris.

Di fronte a tali questioni l’autore, in sintonia con altri studiosi italiani di area cattolica (cf. G. Abba, «L’originalità dell’etica delle virtù», Salesianum 59[1997], 491-517) e pur dichiarandosi d’accordo «in buona misura» con le istanze della Virtue Ethics, afferma che «le teorie della virtù di Aristotele e di Tommaso sembrano più convincenti» (p. 86).

Il saggio di Samek Lodovici si distingue per una scrittura piana e accessibile, ispirata in qualche modo alla chiarezza dello stile filosofico anglosassone. L’autore è riuscito a realizzare una notevole opera di sintesi condensando in poche pagine un dibattito assai complesso e molto vasto. L’impostazione di fondo e l’ampia documentazione bibliografica ne fanno un utile strumento, opportunamente integrato, per la didattica della teologia morale, disciplina in cui l’apporto del dibattito contemporaneo sulle virtù può risultare prezioso.

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