Diritto di cittadinanza, dovere di integrazione

immigratidi Antonio Lovascio Chi vuole davvero comprendere il pensiero di Papa Francesco  deve leggere attentamente i suoi discorsi e non fermarsi sbrigativamente ai titoli dei giornali e ai resoconti. Deve fare lo sforzo di guardare i video delle sue interviste e delle sue omelie. Saper interpretare anche i discorsi  fatti “a braccio”,  come quello pronunciato davanti a duecento sindaci italiani, ai quali – mentre li spronava  ad una politica di accoglienza e di integrazione – ha detto «di comprendere il disagio di molti vostri cittadini di fronte all’arrivo massiccio di migranti e rifugiati. Esso trova spiegazione nell’innato timore verso lo “straniero”, un timore aggravato dalle ferite dovute alla crisi economica, dall’impreparazione delle comunità locali, dall’inadeguatezza di molte misure adottate in un clima di emergenza». Anche i non credenti devono cercare di ricordare che l’ermeneutica del Vescovo di Roma è quella del Vangelo e non quella di un’ideologia. Neppure dell’ideologia cristiana. Bergoglio sa meglio di chiunque che il Dio cristiano è quello della storia, non quello della filosofia. Non si può capire il Pontefice se non si entra direttamente nel suo sentire. Soprattutto su una questione delicata come quella degli immigrati, che in questi ultimi anni  ha visto l’Italia pressoché abbandonata dall’Europa di fronte all’assedio delle centinaia di migliaia di disperati che fuggono dalle guerre e dalla fame. Qualcuno si è stupito nelle ultime settimane quando Bergoglio, riferendosi all’emergenza italiana, ha detto che “chi governa deve gestire il problema dei migranti con la verità del governante che è la prudenza”. Per il pensiero classico cristiano, la prudenza non è la virtù di chi è indeciso, cauto o titubante, ma è la recta ratio agibilium: e cioè la scienza di “ciò che si può fare” nel senso di “ciò che è possibile fare qui e ora”.

Quindi nessun cambio di posizione, quando Bergoglio ha affermato – come aveva già fatto il 25 novembre 2014 a Strasburgo – che ogni Paese ha il diritto e il dovere di regolare i flussi migratori anche fermandoli se i numeri divengono insostenibili. Perché il dovere dell’accoglienza si deve accordare con quello dell’integrazione: “I migranti – dice il Papa – non solo vanno ricevuti, vanno anche integrati”. E quindi chi governa, se ha il cuore aperto e considera l’Africa non un Continente da sfruttare ma da far crescere, può mettere un tetto che gli consenta di operare in modo umanitario. Perché non avrebbe senso togliere le persone dai lager d’oltre mare per rinchiuderle nei ghetti di casa nostra. Una linea chiara, quella della Santa Sede, autorevolmente ribadita dal presidente della Caritas internazionale card. Tagle. Una linea che – a parte alcune contingenti sfumature – è rimasta sempre la stessa, sin dai tempi di Benedetto XVI: salvare, accogliere, internazionalizzare il problema e, infine, prevenire. Ossia: aiutare i migranti a casa loro. Di fronte alle reazioni dei Paesi europei verso l’emergenza migranti, con chiusure, muri, populismi, Francesco si è dovuto però adeguare ai nuovi scenari, parlando sì di accoglienza, ma aggiungendo che va fatta con buon senso. Usando la testa, insomma, e stando con gli occhi ben aperti.

E mentre il clima non è tranquillo nella Curia romana di fronte al processo vaticano di Riforma, a nome di tutti i Vescovi si è schierato a fianco di Bergoglio, con il suo stile pastorale semplice ma incisivo, il card. Gualtiero Bassetti nel primo discorso da presidente al Consiglio permanente, cuore pulsante della Cei, affrontando pure nodi spinosi, come lo ius soli temperato, che in queste settimane ha infiammato la politica ed ha fatto discutere pure i cattolici. Sulle migrazioni, ha giustamente rivendicato un interesse della Chiesa che viene da lontano e che, senza bisogno di riflettori e di prime pagine,  articola una linea saggia al di là del dibattito di questi mesi: denunciare la tratta di esseri umani, salvare le persone dal mare e dal deserto, deplorare i luoghi dove i migranti sono ammassati, lavorare per corridoi umanitari e vie legali, aiutare l’Africa perché dia futuro ai giovani, integrare quanti accolti in Italia. È una sintesi articolata che rappresenta una piattaforma importante non solo per il mondo cattolico. L’integrazione – per Bassetti – ha un passaggio decisivo nel “riconoscimento di una nuova cittadinanza” ai nati in Italia, figli di migranti con permesso di soggiorno da almeno cinque anni, che condividono lingua e cultura. Un invito che farà pensare i parlamentari che si professano cristiani. Anche se l’approvazione della legge in Parlamento sembra ormai compromessa per esigenze di “bottega” elettoralistiche (non solo della Lega e dei Cinquestelle!) e rinviata alla prossima legislatura se non a un futuro indefinito. Un futuro che possa però garantire la sicurezza di non indisporre nessuno e di perdere voti alle prossime consultazioni, ora in Sicilia e poi in primavera.

Mentre il Palazzo romano continua le sue esibizioni mistificatorie che alimentano paure nell’opinione pubblica, la Chiesa alle parole fa seguire i fatti. La Cei ha stanziato 30 milioni di euro dell’8xmille per accompagnare i migranti coinvolgendo i Paesi di partenza, di transito e di destinazione con iniziative di tipo culturale e pastorale, con finanziamenti e realizzazioni di progetti concreti. L’intento è rendere il viaggio di migrazione sicuro, promuovere in Italia comunità accoglienti, inclusive, integrate, aperte all’interculturalità e assicurare ai rifugiati anche la possibilità di rientrare a casa loro.