“Il dono della vocazione sacerdotale”, nuova Ratio fundamentalis per la formazione dei presbiteri

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seminaristi-900x0di Francesco Romano • La Congregazione per il Clero l’8 dicembre 2016 ha pubblicato in forma di decreto generale esecutivo, con l’approvazione di Papa Francesco, la nuova Ratio fundamentalis per la formazione dei presbiteri dal titolo Il dono della vocazione presbiterale. Essa fa seguito alla Ratio del 6 gennaio 1970 voluta da Paolo VI, e, successivamente, con il Magistero di Giovanni Paolo II, al Codice di Diritto Canonico (25 gennaio 1983) e alla Ratio fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (19 marzo 1985), che emenda la precedente del 1970 integrando l’apparato delle note alla luce del recente Codice di Diritto Canonico. Da ricordare, inoltre, l’Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992) e, infine, la lettera apostolica in forma di “motu proprio” Ministrorum institutio (6 gennaio 2013) di Benedetto XIV.

L’attuale Ratio fundamentalis è il frutto del contributo dato da alcuni Dicasteri della Curia Romana e dal Convegno Internazionale promosso dalla Congregazione per il Clero nei giorni 19 e 20 novembre 2015 a cinquanta anni dai documenti conciliari Optatam totius e Presbyterorum ordinis. Scopo di questa nuova Ratio fundamentalis è di offrire alle Conferenze Episcopali, agli Istituti di Vita Consacrata e alle Società di Vita Apostolica le linee da seguire per stilare la propria Ratio nationalis. Uguali destinatari sono le Associazioni clericali che possono incardinare chierici, le Prelature personali, gli Ordinariati Militari e gli Ordinariati Personali.

La finalità della Ratio fundamentalis e delle varie Ratio che saranno elaborate a favore delle Chiese particolari e circoscrizioni è di offrire ai giovani in fase di discernimento vocazionale rispetto al ministero ordinato un percorso formativo che si riconosca in quattro note caratteristiche: unicità, integralità, comunitarietà e missionarietà.

All’interno di una visione unica e integrale della formazione iniziale e permanente, l’aspetto comunitario di essa ci dice che il presbiterato è un dono che Dio fa alla Chiesa e al mondo e tale vocazione è scoperta e accolta all’interno di una comunità. Il presbitero proviene da una comunità e a essa ritorna per servirla come pastore. Il senso missionario della formazione ha come fine la partecipazione all’unica missione affidata da Cristo alla sua Chiesa che si concretizza nell’evangelizzazione.

La formazione integrale è presentata in quattro tappe: la fase propedeutica, la fase degli studi filosofici o disciplinare, la fase degli studi teologici o configuratrice, la fase pastorale o di sintesi vocazionale.

Rispetto alla Ratio fundamentalis del 1970, la tappa propedeutica è presentata senza alcun dubbio come necessaria e obbligatoria superando orientamenti programmatici spesso molto diversi anche tra diocesi della stessa provincia ecclesiastica. Non inferiore a un anno e non superiore a due, essa è un tempo di discernimento vocazionale, è distinta dagli studi filosofici, tende a porre solide basi alla vita spirituale e a favorire una maggiore conoscenza di sé per la crescita personale. E’ conveniente che sia vissuta in una comunità distinta dal seminario maggiore.

La tappa degli studi filosofici non deve essere inferiore a due anni e, oltre ad acquisire la conoscenza della filosofia, essa è un tempo caratterizzato dalla formazione del discepolo di Gesù destinato a essere pastore attraverso un cammino pedagogico spirituale.

La tappa degli studi teologici orienta verso il conferimento dell’Ordine Sacro ed è detta anche “configuratrice” perché “rende la relazione con Cristo più intima e personale e, al contempo, favorisce la conoscenza e l’assunzione dell’identità presbiterale”.

La tappa pastorale o di sintesi vocazionale include il tempo che intercorre tra la conclusione della formazione in seminario e l’ordinazione presbiterale per far maturare nel candidato una maggiore consapevolezza. Per questa tappa non è previsto alcun limite di tempo.

Compito di ogni Conferenza Episcopale è l’elaborazione della Ratio nationalis con la collaborazione di altre circoscrizioni ecclesiastiche presenti eventualmente sul territorio per favorire una migliore offerta formativa che tenga conto delle caratteristiche del proprio ambiente socio-educativo.

Spetta al vescovo diocesano, o ai vescovi che fanno riferimento a un seminario interdiocesano, elaborare un progetto di “formazione integrale” che dia attuazione alla Ratio nationalis e alla visione pedagogica che la ispira secondo le esigenze della Chiesa particolare tenendo conto della provenienza culturale dei seminaristi, della pastorale della Diocesi e della sua tradizione formativa.

All’interno della Ratio fundamentalis è stato inserito l’Ordo studiorum che comprende un elenco indicativo delle materie che fanno parte del corso di studi dei seminaristi.

La Ratio fundamentalis si compone di otto capitoli. Dopo aver esordito con le norme generali (cap. I), la Ratio espone l’identità della vocazione sacerdotale vista in vari contesti: età adolescenziale, età adulta, contesto della famiglia o di una comunità, vocazioni sbocciate tra gli indigeni, vocazioni e migranti (cap. II).

La Ratio si suddivide ancora nei seguenti capitoli:

Cap. III, i fondamenti della formazione: a) il soggetto della formazione (nn. 28-29); b) l’identità spirituale (nn. 30-34); c) il cammino della formazione come configurazione a Cristo (nn. 35-40); d) formazione all’interiorità e alla comunione (nn. 41-43); e) i mezzi di formazione: e.1) accompagnamento spirituale (nn. 44-49); e.2) comunitario (nn. 50-52); f) unità della formazione (n. 53).

Cap. IV, la formazione iniziale (nn. 54-56); a.) le sue tappe (nn. 57-58): a.1) propedeutica (nn. 59- 60); a.2) degli studi filosofici o disciplinare (nn. 61-67); a.3) la tappa degli studi teologici o configuratrice (nn. 68-73); a.4) la tappa pastorale o di sintesi vocazionale (nn. 74-79); b) la formazione permanente (nn. 80-88) intesa ad assicurare la fedeltà al ministero sacerdotale in un cammino di continua conversione e prosecuzione naturale di quel processo di costruzione dell’identità presbiterale iniziato in seminario e compiuto nell’ordinazione sacerdotale.

La dimensione della formazione del presbitero è il titolo del capitolo V che sviluppa le linee indicate dall’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis: a) integrazione delle dimensioni formative (nn. 89-92); b) la dimensione umana (nn. 93-100); c) la dimensione spirituale (nn. 101-115); d) la dimensione intellettuale (nn. 116-118); e) la dimensione pastorale (nn. 119-124).

Il Cap. VI della Ratio presenta gli agenti della formazione con al primo posto a) il vescovo diocesano (n. 128); poi: b.) il presbiterio (n. 129); c) i seminaristi (nn. 130-131); d.) la comunità dei formatori (nn. 132-139); f) gli specialisti (nn. 145-147); g) la famiglia, la parrocchia o altre realtà ecclesiali (nn. 148-149); h) vita consacrata e laici nella formazione (nn. 150-151); i) la formazione permanente di tutti gli agenti (n. 152).

Il cap. VII è dedicato all’organizzazione degli studi (nn. 153-154): a) studio delle materie propedeutiche (nn. 155-157); b) studi filosofici (nn. 158-164); c) studi teologici (nn. 165-175); d) materie ministeriali (nn. 176-184); e) studi di specializzazione (n. 185); f) scopi e metodi di insegnamento (nn. 186-187).

Di importanza fondamentale è il cap. VIII che offre criteri e norme per accogliere chi chiede di entrare in seminario, in modo particolare: a) ammissione, dimissione e abbandono del seminario (n. 189); b.1.) la salute fisica (n.190); b.2.) la salute psichica (nn. 191-196); b.3.) la dimissione (n. 197); b.4.) seminaristi provenienti da altri seminari o istituiti di formazione (n. 198); c) persone con tendenze omosessuali (nn. 199-201); d) protezione dei minori e accompagnamento delle vittime che hanno subito abusi sessuali (n. 202); e) gli scrutini (nn. 203-210).

In sintesi: la formazione auspicata deve essere capace di “unire in modo equilibrato la dimensione umana, spirituale, intellettuale e pastorale, attraverso un cammino pedagogico graduale e personalizzato che aiuti la persona a maturare in ogni aspetto e che favorisca una valutazione finale fatta in base alla globalità del percorso. Si tratta di un lungo percorso articolato nelle fasi già conosciute degli studi filosofici, teologici e dell’esperienza pastorale che si integrano con la tappa discepolare, configuratrice e di sintesi vocazionale. Il discernimento sarà una costante che caratterizzerà ogni singola tappa. In questo senso assume un rilievo importante la novità introdotta dalla nuova Ratio institutionis con un serio discernimento da compiersi fin dall’inizio passando attraverso una tappa propedeutica, necessaria e obbligatoria, vissuta in una comunità distinta da quella del seminario maggiore.

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Francesco Romano

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