Teologia della morale cristiana, recensione a un manuale di Paolo Carlotti.

189 267 Gianni Cioli
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download (1)di Gianni Cioli • Il manuale di Carlotti, Teologia della morale cristiana (EDB, Bologna 2016), è un’opera che rende ragione della complessità della materia che affronta e che può risultare uno strumento efficace per consentire allo studente, con la mediazione di un docente, di individuare alcuni dei possibili percorsi interpretativi di questa complessità.

Il primo capitolo del libro – con una scelta significativa operata per altro da altri manuali di teologia morale fondamentale recenti, come quello del 2013 di Cataldo Zuccaro – è dedicato alle tematiche della “Epistemologia e metodologia in teologia morale”, e mette bene in evidenza come la teologia morale si autocomprenda quale scienza interpretativa pratica che ha per oggetto, formale e materiale, la rivelazione cristiana e che si occupa dell’agire del credente in quanto partecipe di questa rivelazione.

Si tratta di un capitolo denso e ricco, nel quale emergono, tra le altre, le questioni della necessaria interdisciplinarietà, dei diversi possibili approcci filosofici, del rapporto col diritto, nonché dei diversi criteri di verità che possono essere presenti nella definizione dello statuto concettuale di verità morale: ad esempio, il criterio della coerenza sistemica, o del consenso, piuttosto che della corrispondenza dell’intelletto con l’oggetto.

Precisata la prospettiva scientifica della teologia morale come una scienza interpretativa pratica che muove dalla rivelazione cristiana e che si occupa dell’agire umano in quanto partecipe di questa rivelazione, Carlotti sviluppa una sezione per così dire esperienziale e descrittiva del dato, sia antropologico che teologico, che costituisce la premessa di tutta la trattazione.

Il percorso descrittivo si articola nei capitoli secondo, terzo e quarto. Nel secondo, viene considerato in particolare il dato antropologico attraverso “La descrizione psicologica dell’esperienza morale” nel quale si mettono a confronto alcuni modelli interpretavi della psicologia morale, a partire da quello cognitivista e costruttivista di Lawrence Kohlberg. Questa analisi è presumibilmente debitrice anche degli anni di studio alla Gregoriana che Carlotti ha condiviso con me – erano gli anni ’80 – quando vi insegnava, fra gli altri, padre Bartolomew Kiely, sagace fautore del dialogo interdisciplinare fra psicologia e teologia morale.

Il terzo capitolo si concentra invece sul dato teologico a partire dalla rivelazione, attraverso la presentazione de “Il messaggio morale della Bibbia”. Qui colpisce la vastità della documentazione riportata, come pure la lucidità con cui vengono affrontate le problematiche ermeneutiche relative ai generi letterari.maxresdefault

Nel quarto capitolo il percorso descrittivo si sviluppa nella considerazione de “La vicenda storica della teologia morale” articolandosi in due sezioni: la prima è una presentazione molto sintetica ma efficace della teologia morale fino al Vaticano II; la seconda è piuttosto un’esegesi analitica delle indicazioni conciliari presenti nel famoso testo di OT 16, cui vengono premesse considerazioni opportune sui criteri interpretativi e sugli aspetti della recezione del concilio. Nella conclusione, si dedica un paragrafo alla dimensione pastorale della teologia morale in linea con gli intenti conciliari. Un particolare rilievo meritano le sottolineature date da Carlotti alla centralità della questione pedagogica e formativa e alla dimensione pastorale dell’insegnamento morale di Papa Francesco: «È giunto il tempo, e sembra proprio questo, il nostro tempo, – scrive Carlotti a proposito del carisma di papa Francesco – in cui si tratta di aprire un dialogo più intenso con l’esistenza concreta dei singoli, dei popoli e delle culture per incarnare la salvezza di Cristo nei dilemmi reali dell’uomo e del cristiano e mostrare nuovamente la capacità di risposta di quella a questi» (p. 130).

A partire dal capitolo quinto, si sviluppa quella che possiamo definire la sezione interpretativa del manuale. Questo sviluppo interpretativo, che segue e completa quello descrittivo dei primi quattro capitoli, va articolato, secondo l’autore, a sua volta in due momenti: un momento speculativo cui segue un momento pratico.

Il momento speculativo dello sviluppo interpretativo viene affrontato nel capitolo quinto che si intitola di “Elementi di antropologia”, dove vengono enucleati, appunto, una serie di elementi ritenuti costitutivi della persona umana, indicando, a mo’ di premessa, la categoria della storicità come costitutivo antropologico chiave. La scelta di incentrare la proposta antropologica attorno alla categoria della storicità mi è parsa particolarmente felice, e vi ho ravvisato ancora una volta la possibile influenza di un altro comune maestro della Gregoriana, Klaus Demmer, qui del resto espressamente citato insieme ad altri autori.

Con il capitolo sesto Carlotti ci introduce nel momento pratico dello sviluppo interpretativo del suo manuale. Il capitolo si intitola “Lettura cristologica dell’antropologia morale”. «In Cristo – sottolinea l’autore – Dio e l’uomo sono pienamente rivelati: Dio all’uomo e quindi l’uomo a se stesso». Il testo chiave di riferimento è evidentemente GS 22. «In questa rivelazione – afferma ancora Carlotti – per l’uomo si dischiudono sia l’ultima definitività del suo significato e sia la reale abilitazione cristiana del suo agire. Qui è posta, in un unico e stesso movimento, l’inevitabilità del raccordo cristologico e il conseguente ritrovarsi della teologia antropologica e della teologia morale» (p. 151). Vengono dunque esposti prima di tutto alcuni spunti di cristologia sistematica che servano da base per lo sviluppo del discorso sulla rilevanza cristologica della morale cristiana, ripercorrendo fra l’altro il noto dibattito fra etica della fede ed etica autonoma, soffermandosi poi sulla questione dello specifico della morale cristiana, per giungere infine a considerare la fondamentale tematica del rapporto fra magistero ecclesiale e morale cristiana, mettendo particolarmente in evidenza l’ecclesialità della morale cristiana.

Nel settimo capitolo, intitolato “L’interpretazione della moralità”, Carlotti intende appunto offrire un’interpretazione della moralità nella sua oggettività a partire da una presentazione e valutazione ordinata delle diverse linee interpretative che emergono attualmente nell’ambito della morale.

L’autore delinea tre approcci interpretativi di base della moralità, che non escludono tuttavia l’esistenza di paradigmi mediani. Gli approcci interpretativi fondamentali possono essere individuati a partire dal punto di osservazione del fenomeno etico, esterno o interno al soggetto agente. Così si possono distinguere etiche di “terza persona”, caratterizzate da un punto di vista esterno al soggetto (è il caso della teoria consequenzialità dell’agire); etiche di “seconda persona”, incentrate sulla dimensione relazionale della persona (come il personalismo di Levinas, ma anche l’etica della situazione); e, infine, etiche di “prima persona”, caratterizzate dal punto di vista interno all’agente stesso. Fra quest’ultime, Carlotti considera l’etica trascendentale di derivazione kantina, con particolare attenzione all’impostazione di Demmer e alla proposta di un’etica esistenziale formale di Karl Rahner; l’approccio fenomenologico alla morale, con una particolare attenzione alla proposta di Giuseppe Angelini; e, infine, l’approccio etico che comprende la persona come soggetto morale intenzionale, approccio tipico – secondo Carlotti – del pensiero scolastico in genere, e in modo particolare di Tommaso d’Aquino, e secondo lui il più adeguato per interpretare il significato della morale cristiana.

Nel corso del capitolo Carlotti assume e valorizza alcune fondamentali istanze della Veritatis splendor, e illustra con efficacia didattica e valuta con equilibrio tematiche controverse della morale tradizionale, come la questione dell’intrisece malum in relazione alla tradizionale considerazione delle fonti della moralità.

Nel capitolo ottavo l’accento è posto sulla soggettività del processo decisionale nell’esperienza morale, mettendo in evidenza come l’etica di prima persona (e in essa quella intenzionale) risulta compatibile con due moduli interpretativi, differenti ma complementari, quello della virtù (preferito da Carlotti) e quello della norma. Entrambi i moduli si posso articolare, con accentuazioni diverse, nelle tematiche chiave delle virtù teologali e cardinali, della legge morale naturale, dell’opzione fondamentale e della coscienza morale. L’autore non ha timore di affrontare in modo diffuso e articolato queste tematiche, che sono ampiamente presenti e dibattute nelle trattazioni teologiche e nei pronunciamenti magisteriali recenti. Ho apprezzato particolarmente le pagine dedicate alle virtù, un vero e proprio piccolo trattato. Del resto l’autore aveva dedicato recentemente al tema una breve monografia: La virtù e la sua etica (2013).

L’ultimo capitolo, il nono, prende in considerazione il tema de “La negatività morale”, ovvero del male morale, e la sua specifica dimensione teologica, cioè il peccato, per concludere in positivo con uno sguardo al tema della conversione.

Come si è detto all’inizio e come si sarà potuto constatare, il manuale di Carlotti è un’opera che rende ragione della complessità della materia che affronta. La densità del linguaggio che caratterizza lo stile di Carlotti, soprattutto in questa sua ultima fatica, risulta a mio avviso un indicatore onesto della densità di un percorso che non può, oggi men che mai, permettersi scorciatoie semplificanti ma deve accogliere la sfida della fatica del concetto.

A mio avviso già il titolo caratterizzato da un inconsueto genitivo: “Teologia della morale cristiana”, anziché “Teologia morale cristiana” o piuttosto “Teologia morale fondamentale”, è indicativo della volontà di offrire una riflessione sulla riflessione, illustrando oggettivamente e criticamente, per così dire, lo stato dell’arte del cantiere “teologia morale” alle prese con le nuove e antiche sfide.

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