A cento anni dall’Appello ai «liberi e forti»

don-luigi-sturzo-1di Giovanni Pallanti • Il 18 gennaio 1919 don Luigi Sturzo lanciò un appello ai “liberi e forti”. I liberi e i forti sono sempre stati una razza rara, difficilmente reperibile tra gli esseri umani. Don Luigi Sturzo aveva capito, dopo la prima guerra mondiale, che il diritto della forza andava sostituito con la forza del diritto. Molti cattolici democratici che avevano seguito gli insegnamenti sociali di don Romolo Murri si erano dichiarati a favore dell’intervento italiano del 1915 al fianco della Francia e dell’Inghilterra. Tra questi Giuseppe Donati, Giovanni Gronchi, Attilio Piccioni, Igino Giordani, don Giovanni Minzoni, e tanti altri. Questi furono decorati al valore militare per il loro eroico comportamento in guerra. Dopo l’esperienza bellica si schierarono per la pace, contro coloro che avevano sposato il mito della guerra fine a se stesso. Un’altra grande componente costituente del partito popolare fu il movimento contadino che si rivoltò, dopo il conflitto mondiale, contro il padronato che vessava fittavoli e mezzadri. Per questa ragione i cattolici democratici del PPI irruppero sulla scena politica italiana con un partito di centro che guardava a sinistra; i popolari erano, in altre parole, riformatori e progressisti. Il Vaticano aveva osteggiato duramente la prima Democrazia cristiana di don Murri nei primi anni del ‘900. Il Papa Benedetto XV, invece, aveva benevolmente tollerato l’iniziativa di don Sturzo. Sostanzialmente però la Chiesa, nei fatti, fu avversa ai Popolari. A molti vescovi e preti non piaceva il motto “la terra ai contadini” che intaccava oltre ai latifondi privati, anche le residue proprietà ecclesiastiche. Con l’avvento di Mussolini alla presidenza del Consiglio dei ministri nel 1922, e dopo il delitto Matteotti nel 1924, molta parte della Chiesa italiana si schierò con i fascisti. Il Vaticano costrinse don Sturzo all’esilio, prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti, per poter trattare e alla fine sottoscrivere, l’11 febbraio 1929, il Concordato con il regime fascista e lo Stato italiano. Anche da posizioni diverse da quelle vaticane, nel mondo cattolico ci fu chi si oppose strenuamente alla fondazione del PPI. Uno dei maggiori critici di don Luigi Sturzo fu Ernesto Bonaiuti, sacerdote leader dei “modernisti” e sospeso a divinis dall’autorità ecclesiastica. Bonaiuti diceva che l’avvento del fascismo era dovuto anche allo sgretolamento elettorale del blocco liberale ad opera dei Popolari che si presentarono alle elezioni autonomi da quei gruppi politici che componevano il blocco di governo che aveva guidato l’Italia fino al 1919. Bonaiuti dimenticava, però, che il PPI si era imposto come riferimento dei contadini che volevano maggiore giustizia sociale e una condizione di vita più umana nelle campagne di tutta Italia. Don Luigi Sturzo, che era stato pro sindaco di Caltagirone, si era anche esposto duramente contro la mafia con un’opera teatrale e sul suo giornale “La croce di Costantino”. Cento anni fa nacque un partito laico di ispirazione cristiana, che ebbe un ruolo fondamentale nell’affermazione di una nuova classe dirigente che fu sconfitta solo dalla violenza fascista. Tra gli aderenti ai Popolari ci fu anche il padre di San Paolo VI, Giorgio Montini, eletto deputato dello Scudocrociato a Brescia. Dopo la grande esperienza di governo della Democrazia cristiana di De Gasperi, Fanfani, Andreotti e Moro, nata nel 1946 e finita nel 1992, da molte parti si cerca di riproporre una presenza politica dei cattolici italiani, che sono sinora stati dispersi in diverse formazioni politiche, diventando sempre più ininfluenti. Il centenario della fondazione del Partito popolare, e la storia della grande Democrazia cristiana di De Gasperi ci insegnano che ci vuole dei laici coraggiosi, preparati culturalmente, poco adusi alle sagrestie e alle sottane dei preti e molto decisi nel proporre la dottrina sociale della Chiesa. Uomini, oggi più che in passato, molto rari. Stiamo a vedere che cosa succederà in un prossimo futuro, armati del pessimismo dell’intelligenza e dell’ottimismo della volontà.