La Pace e le Beatitudini della Buona Politica

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MO: AMOS OZ CONTESTATO A TORINO DA FREE PALESTINEdi Antonio Lovascio Lo diceva anche Amos Oz, il grande scrittore israeliano nemico dell’odio che ci ha lasciati alla fine del 2018. Per fare la Pace, per costruirla, ci vuole coraggio: molto di più che fare la guerra. Il coraggio – ad esempio – di smetterla di accusare i migranti di tutti i mali e di privare i poveri di speranza. Il coraggio della testimonianza e della sfida, che quest’anno Papa Francesco, celebrando il 1 gennaio la 52esima Giornata Mondiale introdotta nel 1967 da San Paolo VI, ha lanciato alla “buona politica”, “una forma eminente di Carità” che deve saper unire il sogno alla realtà. Come insegna Giorgio La Pira il bravo politico è, o almeno dovrebbe essere, l’uomo che colma le distanze, l’ingegnere dei bivi crocevia che si incontrano, l’idealista che sa fare i conti con la vita quotidiana. Immerso nel presente senza esserne travolto, visionario eppure guidato dalla concretezza della ragione, dal senso della Storia. Insomma l’opposto di quello che, con slogan urlati, con la demolizione dell’altro a colpi di bugie, con il tifo da stadio, ricorre alla “strategia della paura”, all’intimidazione , contraria alla morale come la proliferazione incontrollata delle armi. Per il Pontefice la politica è “un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo”, ma “quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”.

E per rendere ancor più comprensibile il suo Messaggio, Papa Bergoglio ha indicato una sorta di “Manifesto delle Beatitudini” ripreso da quelle proposte dal compianto cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, un “fedele testimone del Vangelo” che ha dovuto fare i conti con soprusi e il carcere duro. Le possiamo riassumere: “Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo; la cui persona rispecchia la credibilità; che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse; che si mantiene fedelmente coerente e che realizza l’unità con un cambiamento radicale. Beato il politico che sa ascoltare, che non ha paura”. La buona politica così “è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza”.

Ma la politica, denuncia Papa Francesco, ha anche i suoi vizi, che tolgono “credibilità” e “autorevolezza”. “Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia – sottolinea il Pontefice – sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone – la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della ‘ragion di Stato’, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra e del Creato, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio”.

Sempre secondo il Papa la “buona politica” deve promuovere “ la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro”. Infatti “quando l’esercizio del potere mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro”.

Solo così “ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune”. E questo vale soprattutto nei tempi odierni, caratterizzati da “un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi”, e si manifesta “purtroppo attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno”. L’Europa e l’Occidente, che hanno perso la bussola, sapranno cogliere questo ammonimento ?

Il pensiero del Pontefice va soprattutto “ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano protetti”. E al settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: per ricordare che è tuttora valida l’osservazione di San Giovanni XXIII nella Pacem in Terris: “ Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli”. Ecco perché la Pace “è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani”. Ma è anche “una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno”. La Pace insomma “è una conversione del cuore e dell’anima, interiore e comunitaria”. Allora mettiamoci tutti alla prova.

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Antonio Lovascio

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