L’evangelista Luca, storico competente da coscienzioso medico

220 311 Carlo Nardi
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IMG01651-20121117-1045(SanLuca)di Carlo Nardi • Senza dubbio competenza storica o, meglio, storiografica, quella che l’evangelista Luca nelle prime battute del suo Vangelo e degli Atti degli apostoli che sono la prima storia della Chiesa. E una storia fatta a regola d’arte: con quegli intenti e soprattutto quel metodo che Luca, greco di Antiochia di Siria, pare avere attinto dai più rigorosi storiografi greci: Tucidide e Polibio. Quali criteri? Si potrebbe dire con Cicerone: lo storico non deve dire nulla di falso né tacere nulla di vero. Inoltre la storia si fa con i documenti (Marrou) con relazioni scritte e ancora meglio con i «testimoni oculari», gli autóptai «quelli che hanno visto». Difatti il ricorso alla testimonianza di chi c’era di persona si chiamava autopsía, come dire “il voler rendersi conto di come stiano effettivamente le cose”.

E la parola ‘autopsia’ di competenza degli storici rimanda all’altra probabile competenza di san Luca: sembra lui in «medico Luca» della Lettera ai Colossesi (4,14). In tal caso, era uno dei tanti “figli d’Ippocrate”, come si diceva. Alle spalle aveva una lunga elaborazione di metodi e tecniche, la scienza di voler conoscere di fenomeni, i sintomi, per formulare diagnosi e prescrivere terapie.

E Luca, storico, ha fatto tesoro del suo metodo di medico per darci il suo Vangelo che è anche un vedere, un valutare, un agire: quel Vangelo che ha composto con lo stile, con l’anima di chi è vicino a chi è in situazione di penuria, di perdere e di perdersi. Una lettura attenta dei suoi scritti, Vangelo ed Atti, ci rileva, compiuta in Cristo e nel suo Vangelo, quella umanità a tutto tondo che i greci chiamavano philanthropía e i latini semplicemente humanitas, e che traspira proprio dal cosiddetto Giuramento di Ippocrate.

Luca lo aveva emesso e sottoscritto? Ora, divenuto cristiano – ad Antiochia i discepoli di Cristo si chiamavano già “cristiani” (Atti 11,26) – lo avvalorava nella sua sostanza umana di credente, pur facendo cadere l’iniziale invocazione al dio Asclepio, l’Esculapio dei latini, e alla divina Panacea. Anche perché la “panacea”, ossia “una medicina che curi tutti i mali non c’è”, né pagana né cristiana.

Ma che si giurava all’inizio della professione? Impegno di base: «giovare al malato secondo quanto è possibile e con criterio». Non “farmaci» che procurino la morte, neppure sotto richiesta, compresi gli abortivi: tanto meno consigliarli. Uno stile di vita e di professionalità coscienziosi e irreprensibili. Non approfittare … per fare sesso con femmine o maschi, né liberi ne schiavi. Segreto professionale. Gratitudine concreta con chi ha insegnato la scienza medica, e disponibilità a trasmetterla a studenti regolarmente iscritti.

Certo, non era il comportamento di tutti né di sempre. Ma l’impegnativa lo richiamava.

E si capisce che san Paolo in un momento di solitudine e di scoraggiamento abbia potuto dire con tutta sincerità: «Solo Luca è con me» (2 Tim 4,11).

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