Libertà. Verità. Autorità. Una lezione di Paolo VI

220 285 Andrea Drigani
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maxresdefaultdi Andrea Drigani • L’approssimarsi della canonizzazione di Paolo VI, che avrà luogo nel mese di ottobre, è l’occasione per riandare al suo magistero così fondamentale per l’esatta comprensione del Concilio Vaticano II, anche in ordine alle grandi questioni che tuttora sono presenti nella Chiesa, nella comunità internazionale e nelle società politiche. Dopo quarant’anni dalla sua morte le riflessioni di Papa Montini appaiono quanto mai attuali. Una di queste è certamente quella sulla libertà e sul suo rapporto con l’autorità e la verità. Tra i molteplici interventi è da ricordare quello che Paolo VI svolse durante l’udienza generale del 5 febbraio 1969. In tale circostanza esordiva osservando che si chiama libertà il potere che la volontà dell’uomo ha di agire senza essere costretta, né internamente, né esternamente. Il libero arbitrio – continuava – è così proprio dell’uomo da costituire la sua nota specificante, da fondare il titolo primo della sua dignità personale, e da conferirgli l’impronta caratteristica della sua somiglianza con Dio. L’evidenza di questa prerogativa dell’uomo si è imposta fino d associarla all’idea dei diritti umani. Di qui la necessità di cercare qualche nozione più esatta di libertà, meno approssimativa e meno confusa di quella che nel frastuono delle discussioni ciascuno ne può avere. Paolo VI rammentava che la Chiesa aveva sempre sostenuto la dottrina della libertà umana, costruendovi il suo edificio morale e religioso, in particolare affermava: «Sia la caduta originale, che ha prodotto certamente grandi disfunzioni nell’esercizio delle facoltà umane, sia l’esercizio del pensiero che scoprendo la verità vi rimane vincolato, sia l’intervento di quell’ausilio misterioso dell’operare nostro che si chiama Grazia, sia l’azione divina nel mondo naturale, che chiamiamo Provvidenza, non annullano la libertà dell’uomo. Non saremo mai abbastanza grati alla sapienza tradizionale della Chiesa che ha difeso nell’uomo questo dono della libertà, anche se compromesso, se complicato, se pericoloso». Papa Montini annotando che l’uso della libertà non era facile, ribadiva il bisogno che essa fosse oggetto di una educazione e di una formazione specifica. Questo per superare il conflitto che appare tra l’uso della libertà e l’esercizio dell’autorità. «Dobbiamo educarci all’uso sempre più umano e cristiano della libertà». Paolo VI invitava a togliere dalla mente certi pseudoconcetti della libertà, ad esempio: quello che la confonde con l’indifferenza, la pigrizia, l’inerzia dello spirito, la libertà di non far nulla. In special modo rilevava il pericoloso oblio di quello che dà senso e valore alla libertà, cioè il dovere. Inoltre faceva presente l’altra falsa concezione di confondere la libertà, guidata dalla ragione, con l’acquiescenza agli istinti sentimentali, o animali che pur sono nell’uomo, e che lo fanno diventare schiavo delle proprie passioni, come ci insegna il Signore: «Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato» (Gv 8.34). Paolo VI poi richiamava al dovere di guardarsi dalla follia che reputa libertà propria l’offesa a quella degli altri. Lotte di ogni genere – diceva – sono sorte e sorgono ogni giorno per il cattivo genio di questa sfrenata libertà da denominarsi piuttosto licenza, prepotenza, mala educazione, inciviltà. La libertà, in quanto emanazione di un lume divino sul volto umano (cfr. Sal 4,7) ha il senso delle sue autentiche espressioni, cioè dei suoi limiti, i quali poi le aprono e le custodiscono il campo delle sue affermazioni: la verità, per prima: «Conoscete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Liberi dal peccato, dall’errore, dall’ignoranza, dal pregiudizio. Papa Montini terminava invitando a meditare con lume cristiano le parole correnti relative alla libertà: autonomia, volontarietà, scelta, procurando di darvi, appunto, l’autentico significato che deriva dal pensiero cristiano. Citando Il Concilio Vaticano II, segnatamente la Costituzione «Gaudium et Spes» laddove si legge: «Il mondo si presenta oggi potente e debole ad un tempo, capace di operare il meglio o il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù» (4,9), Paolo VI così concludeva: «E’ il bivio antico e presente. Sappiamo scegliere; e Cristo c’insegni come».

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