Isaia fra i pagani. Il perché di Virgilio «profeta»

bucoliche-di-virgilio111di Carlo Nardi • Mondo mediterraneo greco-romano, primo secolo a.C.: pienezza storica dei tempi, come dice san Paolo, riferendosi all’incarnazione del Figlio di Dio. Doveva essere un’epoca di una diffusa attesa di un evento imminente, critico ed anche salvifico. Il pensiero filosofico e morale del tempo si era orientato alla ricerca della beatitudine con vie ispirate a varie concezioni di salvezza. In mezzo a guerre civili si anelava a un ritorno ad una specie di paradiso perduto, la leggendaria età dell’oro.

Virgilio, poeta latino (70-19 a.C.), nel quarto carme della sua prima opera certa, Le bucoliche o Ecloghe, del 40 a.C., offre la più alta espressione poetica di quell’attesa in cui convergevano molteplici filoni spirituali.

Annunciava il prossimo avvento di un’era di pace cosmica, avviata e attivata dalla nuova nascita di un bimbo divino. Il piccolo è con ogni probabilità il figlio di un caro amico di Virgilio, Asinio Pollione, il quale però non compicciò granché nella vita. Eppure alcuni particolari del carme richiamano motivi biblici, che ricordano tratti del profeta Isaia: l’espiazione d’un antico peccato, l’apparizione di una vergine e la gestazione di un fanciullo destinato a grandi cose, come l’omaggio di una natura mansueta e spontaneamente feconda: leone e serpente non incutono paura al fanciullo divino in serena compagnia col mondo sia celeste sia terrestre in via di progressiva riconciliazione.1309961503

I cristiani vi trovarono consonanze con le profezie, e si può ben capire Chi intravedessero nel bambino e quale nuovo popolo di origine celeste. Eppure con diverse sensibilità fra gli stessi cristiani. Lattanzio pareva attendere ancora la piena realizzazione di quella pace cosmica, mentre Eusebio di Cesarea sembra suggerire all’imperatore Costantino che era già realizzata nel suo impero. Girolamo, da storico rigoroso, raccomandava di non cadere nel ridicolo facendo di Virgilio un cristiano (Lettera 53,7). Tuttavia una lettura di quella poesia dai toni messianici impressionava. Si comprende che Dante abbia immaginato che un altro poeta latino pagano, Stazio, alla fine del primo secolo d.C., si sia avvicinato al nascente cristianesimo a séguito di quella lettura del maestro Virgilio, a cui Stazio dice con gratitudine: «Per te poeta fui, per te cristiano» (Purgatorio XXII,73).

Remoti effetti di Isaia nella Roma pagana di allora? Chi sa? Comunque, una preparazione al vangelo.