Digressione sulla virtù della prudenza nel tempo della pandemia

Tommaso_-_Summa_theologica,_1596_-_4593718.tifdi Gianni Cioli · L’esperienza della pandemia che stiamo vivendo ci conferma che il progresso spirituale non può essere disgiunto dalla concreta attenzione alle persone. Faccio appello a quello che in teologia morale si chiama razionalità pratica e che, tradotto in parole povere, significa attenzione agli altri attraverso l’esercizio del buon senso. Il buon senso d’altra parte non è una qualità che si può dare per scontata e bisogna cercare di guadagnarlo e di aiutare gli altri a trovarlo. L’orizzonte verso cui deve muoversi il nostro anelito al buon senso è dato dalla virtù della prudenza. Nella prima virtù cardinale, infatti, la ragione pratica trova il proprio compimento e diviene capace di affrontare anche le situazioni più critiche. Nella virtù della prudenza la ragione pratica guadagna innanzitutto uno sguardo obiettivo sulla realtà. È capace di accogliere la verità delle cose senza lasciarsi condizionare dall’indisponibilità ad accettarla per l’arbitrio di una volontà che vorrebbe che le cose stessero diversamente. A questo proposito, forse tanti ritardi a prendere drastici provvedimenti contro la pandemia sono dipesi dalla volontà di non vedere i pericoli, a fronte dell’impopolarità delle necessarie misure da adottare. Ogni sguardo sulla realtà condizionato da un interesse di parte è rinuncia alla prudenza. Ogni negazionismo, se non è mentire sapendo di mentire, è comunque mancanza di prudenza. Questa capacità di conoscenza obiettiva implica, secondo l’acuta riflessione di san Tommaso d’Aquino, una serie di disposizioni dette anche parti integranti della prudenza fra cui la memoria (cf. Summa Teologica, II-II q. 49 a. 1) ovvero la capacità di tenere presenti le proprie esperienze passate in modo obiettivo, senza falsificazioni; la docilità (Summa Teologica, II-II q. 49 a. 3), cioè capacità di lasciarsi istruire e di trarre vantaggio dall’esperienza altrui e, ovviamente, distinguendo le fonti attendibili dalle fake news; la solerzia (cf. Summa Teologica, II-II q. 49 a. 4) (particolarmente necessaria in questo tempo di emergenza) ovvero la capacità di rimanere obiettivi di fronte all’inatteso senza lasciarsi condizionare e obnubilare dal panico.

La prudenza, tuttavia non è solo capacità di conoscere obbiettivamente come stanno le cose, è anche capacità di decidere come si debba agire per volgere le cose al meglio. L’orizzonte della prudenza è dunque la giustizia, anzi, per il cristiano, la giustizia informata dalla carità. La parte integrante della prudenza che attiene maggiormente alla sua dimensione decisionale è la previdenza (cf. Summa Teologica, II-II q. 49 a. 6), ovvero la capacità di prevedere l’efficacia di un comportamento in vista del conseguimento del fine. Altre due disposizioni integranti da considerare sono la circospezione (cf. Summa Teologica, II-II q. 49 a. 7) e la cautela (cf. Summa Teologica, II-II q. 49 a. 8). La prima è la capacità di valutare le circostanze nelle quali l’azione deve compiersi. La considerazione delle circostanze è particolarmente importante da tener presente in questo tempo di emergenza pandemica per praticare il buon senso. Ad esempio è fuori discussione che fare la comunione e confessarsi spesso, andare in chiesa per pregare, partecipare all’eucaristia e stringersi fisicamente intorno alle persone in lutto sono atti buoni e doverosi. Ma nella circostanza del lockdown, è stato bene scegliere di evitare il più possibile (o anche del tutto) queste attività per la finalità doverosa di limitare il contagio. Dopo il lockdown voglio auspicare che queste attività (in particolare quelle celebrative) riprendano quando sarà il momento e con tutte le misure di cautela necessarie, perché la Chiesa non è esonerata dalle regole della società civile. Per cui, se nei pubblici esercizi è obbligatorio distanziarci e sanificare, secondo protocolli precisi e suscettibili di controllo, sarebbe increscioso che in chiesa si volesse fare a discrezione nostra.download (1)

Bisogna considerare dunque anche la cautela fra le parti potenziali della prudenza. La cautela è la disposizione a riconoscere i mali e a difendersi da essi. All’obiezione che «nessuno può premunirsi da tutti i mali che possono capitare» (Summa Teologica, II-II q. 49 a. 8 arg. 3) Tommaso d’Aquino risponde che alcuni mali «possono essere abbracciati dalla ragione. E contro di essi è ordinata la cautela, per evitarli del tutto, o per renderli meno nocivi. Altri invece capitano di rado e casualmente. E questi, essendo infiniti, sfuggono alla ragione, e l’uomo non può cautelarsi efficacemente da essi, sebbene la prudenza prepari l’uomo a subire meno gravemente i colpi della sorte» (Summa Teologica, II-II q. 49 a. 8 ad 3).

La questione della cautela ci può aiutare ad interrogarci sulla qualità delle nostre paure. La paura è una passione molto umana che, come tutte le passioni, può degenerare in senso egoistico rendendoci veri e propri schiavi, ma che può anche essere padroneggiata e risultare alleata della nostra esistenza “nella carne”. Per il cristiano c’è sicuramente una paura molto buona, che è il santo timore di Dio, dono dello Spirito, che altro non è che la paura di non riuscire ad amare veramente. Poi c’è la cautela, alleata della prudenza, che è quella percezione del pericolo che ci aiuta a discernere se un rischio è proporzionato o no al bene da compiere. Tutte queste disposizioni, in realtà, nell’orizzonte cristiano sono a servizio della carità. Soprattutto in questo tempo, la libertà del cristiano non significa certo l’esonero dalla cautela; nella fattispecie, dal sano e caritatevole timore di nuocere alla salute e alla vita, degli altri e propria. Questa cautela, questo “timore sano”, ci dovrà indurre quindi ad osservare, con attenzione e pazienza, tutte le norme di sicurezza che ci verranno indicate per il tempo che sarà necessario. È proprio la libertà cristiana, che deriva dalla certezza che il Signore è risorto e ha vinto la morte, a permetterci di avere pazienza nelle costrizioni necessarie, sostenuti dalla carità. San Paolo si sentiva libero anche quando era in catene. Anche noi saremo liberi, nella fatica dell’attenzione e della cautela, se ci lasceremo sostenere dall’amore invece che dal nostro narcisismo.

Non possiamo concludere senza considerare altre due parti della prudenza tradizionalmente definite soggettive perché competono a soggetti differenti e che sono la prudenza regnativa (cf. Summa Teologica, II-II q. 50 a. 1), ovvero la capacità di chi è al potere prendere decisioni di governo sagge, e la prudenza politica (cf. Summa Teologica, II-II q. 49 a. 2) che porta il cittadino a partecipare responsabilmente alla costruzione del bene comune. È davvero auspicabile che in questo momento i nostri governanti siano capaci di lasciarsi guidare dalla prima per trovare la quadra fra l’esigenza di continuare a frenare il contagio e quella di non far collassare in modo irrimediabile la produzione e l’economia, favorendo inoltre la solidarietà per quelle fasce di popolazione che non saranno in condizione di ripartire. Ed altrettanto auspicabile che non manchi a nessuno di noi la seconda per affrontare quest’emergenza con solidarietà e responsabilità.