L’ordinamento canonico e il fine soprannaturale che lo contraddistingue

889 500 Francesco Romano
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santa-sofiadi Francesco Romano • La specifica originalità dell’ordinamento canonico lo contraddistingue dagli ordinamenti civili. La norma canonica ha la sua fonte nella Rivelazione divina che le conferisce un carattere e un fine soprannaturali del tutto estranei a quella secolare.

Il principio che ha sempre ispirato l’ordinamento della Chiesa è infatti la salus animarum che il vigente Codice di Diritto Canonico ripropone al can. 1752 come suprema lex della Chiesa che perpetua nel tempo la missione che Cristo le ha affidato. L’esigenza suprema dell’essere e operare della Chiesa viene indicata dal Legislatore come la strada maestra che conduce alla salvezza.

Emerge con evidenza la dimensione pastorale del diritto canonico che per sua natura non tollera commistioni con principi e orientamenti degli ordinamenti statuali ispirati da altre finalità. Il Papa S. Paolo VI emblematicamente affermava a questo proposito: “iuridica instituta societatis civilis nequeunt sine discrimine in Ecclesiam transferri” (Disc. 4 dicembre 1972).

Dalla storia delle fonti canoniche possiamo apprezzare, al contrario, quale sia stata l’influenza nell’ordinamento civile dell’etica cristiana e della dogmatica canonista con norme che regolavano i rapporti tra clero e laicato, tra potestà sacra e potere temporale.

Mentre la decadenza della legislazione imperiale e delle strutture civili si avviavano verso un irreversibile declino, la Chiesa si imponeva con un ruolo di supplenza. Per oltre un secolo, dal 425 al 550, le costituzioni di Teodosio, Valentiniano e Giustiniano si erano sforzate di tutelare l’unità della tradizione giuridica romana, mentre il diritto romano classico si stava allontanando inesorabilmente dalla sua purezza identitaria, soprattutto per l’affermarsi da parte della Chiesa dell’etica cristiana e della testimonianza di vita dei cristiani. Questo lo si ricava dall’analisi di alcuni istituti giuridici del diritto canonico e civile, in particolare i privilegia ecclesiarum.

Uno dei privilegi che più si impose nel diritto civile fu il privilegium fori che l’Autorità imperiale riconobbe alla Chiesa non per cedevolezza o favoritismo, ma come esigenza legata alla missione pastorale del clero sottraendolo ai tribunali secolari. Teodosio e Valentiniano, cesari nel 425, ornarono il clero di tale distinzione e prerogativa ripristinando quelle leggi costituzionali garanti dell’immunità ed esenzione delle persone ecclesiastiche da qualunque pubblica secolare autorità dell’Impero: “Fas nim non est, ut divini muneris ministri temporalium subdantur arbitrio”. L’esercizio della potestà giudiziale dei Vescovi nelle cause contenziose e penali che vedevano coinvolti i chierici rafforzava la disciplina ecclesiastica attraverso questo privilegio non per indulgere a favoritismi e protezioni di stampo corporativo, ma come strumento di attuazione della missione salvifica all’interno della societas fidelium.

Il messaggio cristiano è il fulcro su cui da sempre ha fatto leva l’ordinamento canonico e che lo ha contraddistinto da tutti gli altri mettendo al centro il principio di carità, misericordia ed equità. Il diritto di asilo ne è un esempio evidente. Colui che chiede asilo fonda il suo diritto sulla inalienabilità della sacralità del luogo, ma la normativa che vige nella Chiesa cattolica va oltre perché vi introduce anche la carità quale elemento che gli conferisce nuova specificità. Per lo stesso principio i Vescovi avevano il potere d’intercedere per coloro che si rifugiavano in chiesa per sottrarsi a una pena.

Il diritto canonico, eredita dal diritto romano tanti istituti, ma si distingue nettamente per lo spirito cristiano che lo connota, anche, per esempio, nell’utilizzo dell’istituto giuridico romano dell’aequitas. Per questo, non a caso, l’Ostiense definì l’aequitas canonica “Iustitia dulcore misericordiae temperata”.

La legge canonica è permeata dalla suprema legge dell’amore. La Chiesa non è soltanto società giuridica, ma è soprattutto comunione. In questo modo, diritti e doveri fondamentali e inalienabili pongono al centro la persona quale soggetto primario di obbligazioni e diritti.

L’inizio del percorso di cristianizzazione del diritto romano postclassico nel IV secolo segna anche l’inizio di avvicinamento di questi al diritto canonico con la recezione di nuovi istituti giuridici di ispirazione cristiana. Un esempio lo troviamo nel matrimonio nel diritto romano il cui vincolo restava affidato all’arbitrio dei coniugi, mentre sotto l’influsso dell’annuncio evangelico, nelle Costituzioni di Giustiniano e nelle Novelle la possibilità di divorziare iniziò a richiedere almeno una motivazione per poi orientarsi verso l’affermazione del principio di indissolubilità voluto dal Creatore.

L’eredità del diritto romano si coniuga con l’insegnamento cristiano della Chiesa e con la penetrazione delle norme canoniche, come una sorta di osmosi fino a trasfondere valori che trovano la sintesi nell’amore fraterno elevato a legge suprema. La Giustizia e l’equità diventano sinonimi di legge cristiana. Nella legislazione teodosiana il cristianesimo si fa portatore di valori rivoluzionari tra i quali la carità è l’anima che da nuovo senso e finalità alle norme antiche e nuove. Ricordiamo quindi l’equità che si coniuga con la misericordia, mentre la schiavitù vede attenuare il suo rigore fino a diventare incompatibile con i valori del cristianesimo.

Le costituzioni imperiali recepiscono norme dell’ordinamento giuridico della Chiesa. Si afferma con le costituzioni teodosiane l’istituto dell’episcopalis audientia che pone il Vescovo con i suoi presbiteri al centro della vita sociale nell’ambito che tocca l’esercizio della giustizia e della carità, svolgendo una potestà giurisdizionale originaria e non di derivazione secolare. Il riconoscimento dell’autorità imperiale ai pronunciamenti del Vescovo era anche un chiaro segno della sua indiscussa autorevolezza e competenza rispetto ai giudici laici nell’interpretare e applicare norme che ormai si andavano identificando come legge cristiana.

Sotto l’influsso del cristianesimo il diritto romano culminante nell’epoca postclassica si va modificando nell’accogliere i principi dell’etica cristiana e di quegli elementi strutturali necessari a far funzionare la compagine sociale di fedeli. Nel codice teodosiano e giustinianeo possiamo cogliere elementi funzionali alla vita della Chiesa che si afferma nel ruolo di supplenza nel colmare nell’ordinamento civile le lacune legate alla diffusione del messaggio evangelico e alle sue esigenze calate nella vita concreta. Dall’altro lato l’ordinamento canonico, pur recependo alcuni istituti giuridici da quello romano, se ne distanzia nella sostanza per l’impostazione che riceve dall’insegnamento cristiano dell’amore fraterno elevato a suprema legge che contraddistingue la Chiesa nel suo essere e operare per la missione che Cristo le ha dato, cioè la salus animarum. L’ordinamento canonico, con la sua fonte nella Rivelazione divina, ha continuato a mantenere questa sua identità che lo contraddistingue per il carattere e il fine soprannaturali da perseguire rispetto alla norma secolare.

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Francesco Romano

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