«Una via nel deserto» di James Bishop

180 300 Antonio Lovascio
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nm5d12478bc59c32-91830159_586-583di Antonio Lovascio • Certo, griderebbero al miracolo i coraggiosi cappellani dei penitenziari di Porto Azzurro, Opera, Sollicciano, Poggioreale o dell’Ucciardone se scoprissero che detenuti per femminicidi, stragi di mafia e camorra, stupri, si stanno ispirando al bel libro di James Bishop pubblicato dalla LEF (pp 286, euro 20), sotto il titolo già di per sé indicativo “Una via nel deserto”, che ci propone come percorso di conversione addirittura la Regola di San Benedetto, scritta quasi 1500 anni fa. Prima di parlare dei contenuti del volume (che si apre con la prefazione di padre Bernardo Gianni, Abate di San Miniato al Monte) credo sia utile presentare in poche righe l’autore e la sua storia. Infatti non tutti sanno che James Bishop nasce in un convento vicino a Los Angeles, in California. Cresce cattolico, durante l’adolescenza entra in contatto anche con altre religioni e si concentra sulla contemplazione. Lavora per oltre dieci anni in una software house. Bishop fu condannato e imprigionato per gravi reati; fu reintrodotto alla meditazione attraverso la Comunità mondiale per la meditazione cristiana, una sorta di “monastero senza mura” che conta gruppi ormai in 120 Paesi: i loro membri sono appunto legati per l’incessante, intensa “ricerca di Dio”.

bbene Bishop si è affidato alla Regola di San Benedetto (è un oblato, cioè ha preso alcuni voti dei monaci ma non vive in monastero) e ha trovato in essa un modello di vita che lo ha rigenerato in cella, gli ha dato equilibrio e stabilità, lo ha supportato nel curare i suoi disturbi emotivi. Insomma è stata fondamentale in quella che è stata per lui un’autentica rivoluzione esistenziale. Naturalmente non è stato facile. Lo dice fin dal principio: “Cambiare la mia vita è una cosa che ho deciso di fare tanti anni fa, all’inizio della mia detenzione. Oggi sarei felice di poter dire che è stata una cosa semplice, ma si è trattato della cosa più difficile che ho fatto”.

Bishop ama scrivere delle sue esperienze con la riflessione, la sinestesia e la musica. Attualmente sta lavorando a una biografia. Ora è un uomo veramente libero, sia fisicamente che spiritualmente. Tutto ciò, traspare chiaramente dalla forza comunicativa con cui trasmette le sue convinzioni, in quest’opera rivolta a quanti sono “imprigionati”nel mondo moderno – non solo detenuti in carcere ma tutti coloro che combattono con difficoltà personali, psicologiche. Pubblicata prima in inglese e tradotta poi in italiano da un detenuto rinchiuso per un gravissimo reato nel carcere di Massa, che ben si è immedesimato nel pensiero e nelle condizioni esistenziali e mistiche dell’autore; che in 73 capitoletti naturalmente illustra tanti aspetti di vita pratica dei monasteri utili per chi va in essi per attingere motivazioni di spiritualità e sopravvivere poi nel mondo reale.

Come lo stesso Bishop precisa nelle conclusioni, il suo commento alla Regola non è esaustivo, proprio perché l’autore non ha inteso discutere aspetti specifici della traduzione del linguaggio o delle fonti del testo; ma lo ha concepito “per includere aspetti più profondi, per chi si trova in carcere” ad espiare una pena più o meno lunga (con consigli pratici su come affrontare con letture formative la sofferenza del distacco dalla famiglia e dalla società, il rapporto con gli altri reclusi, il lavoro per riabilitarsi e pensare – chi , realisticamente, può farlo – al domani) e per supportare la Comunità a cui appartiene nel diffondere la “meditazione cristiana”. Quest’ultima finalità esplicitata in un personale e diretto invito al lettore: < Spero che questo mio commento ti aiuti non solo a scoprire i significati più132641514-1ae9452a-964e-4899-a898-c471a8282571 nascosti della Regola,ma anche come essa possa sostenerti. Ti prego di credere che io non sono un maestro spirituale né un guru; piuttosto considerami un compagno di viaggio. Sei libero di unirti a me in questo percorso e se lo farai speriamo di poter imparare uno dall’altro>. Con pieno merito James Bishop entra, grazie al racconto della sua esperienza di vita legata alla Regola di San Benedetto che lo ha redento dal carcere, nella collana de “I libri della fede” della LEF, riportata da Giannozzo Pucci alle sue migliori tradizioni culturali. Sicuramente ci aiuta a capire perché viviamo da prigionieri in un mondo di prigionieri. Una storia imperniata su una “bussola” più adatta ai nostri tempi e non meno efficace delle letture di Socrate, Shakespeare e Silvio Pellico.

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Author

Antonio Lovascio

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