Perché la pena di morte «è sempre inammissibile»

620 430 Antonio Lovascio
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P. Gino Concettidi Antonio Lovascio Mentre tutti eravamo in vacanza, è stato un agosto di intenso lavoro per Papa Francesco. Che ha offerto tanti spunti di stimolo e di dibattito dentro e fuori la Chiesa. I Media, come al solito, hanno dato risalto ai temi più pruriginosi, come quello dei preti pedofili, con le scuse a tutte le vittime di abusi sessuali, chieste ripetutamente da Bergoglio durante il viaggio apostolico in Irlanda accompagnato da velenosi dossier. Oppure alle dissertazioni dei nostri Vescovi sulla correzione suggerita dal Santo Padre alla traduzione italiana del “Padre nostro” (E’ meglio dire: «Non lasciarmi cadere nella tentazione», per non dare a Dio una responsabilità che non è teologicamente fondata). Giornali e televisioni hanno invece dato meno evidenza ad un’importante modifica apportata al Catechismo (pubblicato nel 1992 in francese e nella “editio typica” latina nel 1997) per dichiarare “sempre inammissibile la pena di morte, perché attenta all’inviolabilità della persona”.

Così la Chiesa, ispirata dalla luce del Vangelo, si impegna con fermezza per la sua abolizione in tutto il mondo. La nuova versione approvata da papa Francesco fa un ulteriore passo in avanti, in continuità con il Magistero precedente; sulla spinta dei pronunciamenti di Benedetto XVI, ma soprattutto di Giovanni Paolo II. Non a caso nella Lettera esplicativa ai vescovi, la Congregazione per la dottrina della fede cita l’influsso che ha avuto l’Enciclica Evangelium vitae (1995). Noi ci permettiamo di ricordare altresì le battaglie condotte in quegli anni sull’Osservatore Romano dal teologo francescano P. Gino Concetti, che nel 1993 scrisse un libro per la Piemme sulla pena di morte, per il quale ebbe diversi attacchi: con coraggio e senza tentennamenti lo difese proprio Papa Wojtyla, oggi Santo.  Quindi si deve anche a loro se nel Terzo Millennio la posizione della Chiesa su questo tema si è ulteriormente sviluppata, tenendo conto dei mezzi che possiede la società odierna per difendersi dal criminale; si deve appunto al Pontefice polacco ed al frate marchigiano (per trent’anni professore alla prestigiosa Facoltà dell’Antonianum ed allora considerato tra i teologi più preparati del Vaticano), se la nuova formulazione del Catechismo può “costituire una spinta a un deciso impegno, anche attraverso un rispettoso dialogo con le autorità politiche, affinché sia favorita una mentalità che riconosca la dignità di ogni vita umana e vengano create le condizioni che consentono di eliminare oggi l’istituto giuridico della pena di morte laddove è ancora in vigore”.

Lo stesso Papa Francesco si rende conto che il compito è arduo, anche se nel 2017 nel mondo sono dominuite le condanne a morte. Stando al Rapporto di Amnesty Internationallo scorso anno ci sono state 993 esecuzioni in 23 stati, il 4 per cento in meno rispetto alle 1032 del 2016 e il 39 per cento in meno rispetto alle 1634 del 2015, il più alto numero dal 1989. La maggior parte delle uccisioni ha avuto luogo inCina, Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan. È nella più grande Repubblica popolare dell’Asia Orientale che si esegue la maggior parte delle condanne a morte, ma la reale dimensione dell’uso della pena capitale non è conosciuta perché questi dati sono considerati un segreto di Stato. Sicuramente il totale delle 993 esecuzioni rese note nel 2017 non comprende le migliaia che si ritiene abbiano avuto luogo nel Paese.

Negli Stati Uniti il numero delle esecuzioni (23) e delle condanne a morte (41) del 2017 è lievemente aumentato rispetto al 2016, ma è rimasto in linea con le tendenze, storicamente basse, degli ultimi anni. Il numero degli Stati americani che si sono “macchiati” è salito da cinque a otto. Dopo un periodo d’interruzione, sono infatti riprese le esecuzioni in Arkansas, Ohio e Virginia. Quattro Stati (Idaho, Mississippi, Missouri e Nebraska), così come le corti federali, sono tornati a emettere condanne a morte facendo aumentare a 15 (rispetto alle 13 del 2016) le giurisdizioni che hanno imposto la pena capitale. Carolina del Nord, Kansas e Oregon non hanno emesso condanne a morte, a differenza del 2016. Nel 2017 a far progredire la lotta globale per abolire la pena capitale è stata l’Africa sub sahariana.  Sempre in questa regione, la Guinea  è diventata il 20° stato abolizionista per tutti i reati, il Kenya ha cancellato l’obbligo di imporre la pena di morte per omicidio; Burkina Faso e Ciad si stanno avviando a introdurre nuove leggi o a modificare quelle in vigore.

Si è acceso dunque un nuovo faro di speranza: i progressi registrati fanno auspicare che anche in altri Paesi si possa presto veder eliminata questa estrema, crudele, inumana e degradante sanzione, incalzando ed isolando i governi o regimi che ancora la tengono in vita. L’aggiornamento del Catechismo può trasformarsi in un costante appello alla coerenza, virtù molto declamata e poco praticata. Come ci ha insegnato Cesare Beccaria, è un assurdo che le leggi, espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime: per allontanare i cittadini dall’assassinio, ne ordinano uno pubblico.

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Antonio Lovascio

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