Tre simboli da Marsiglia: il mare, il porto, il faro.

Francesco, a tal proposito, ha poi citato Giorgio La Pira che leggeva nel Mediterraneo non una questione conflittuale, bensì una proposta di pace, indicandolo come un misterioso lago di Tiberiade allargato.

Questo mare è inquinato dalla precarietà, dalla povertà, dalla criminalità. Il vero male sociale, in effetti, non è tanto la crescita dei problemi, ma la decrescita della cura. Quanta gente che abita sulle sponde del Mediterraneo – ha aggiunto il Papa – vive immersa nella violenza e patisce situazioni di ingiustizia e di persecuzione, che costringe anche alla fuga e all’emigrazione. C’è un grido di dolore che sta tramutando il Mediterraneo da «mare nostrum» in «mare mortuum», da culla della civiltà a tomba della dignità.

Il porto di Marsiglia – ha osservato Francesco – è da secoli una porta spalancata sul mare, sulla Francia, sull’Europa. Una porta che non può essere chiusa. Il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obbiettive difficoltà.

Lasciamoci toccare – ha detto ancora Francesco – dalla storia di tanti nostri fratelli che hanno il diritto sia di emigrare sia di non emigrare e non chiudiamoci nell’indifferenza. La storia ci interpella a un sussulto di coscienza per prevenire il naufragio di civiltà.

Venendo all’ultima immagine, quella del faro, che illumina il mare e fa vedere il porto, il Papa ha pensato soprattutto ai giovani, poiché sono loro la luce che indica la rotta futura. Pertanto le università mediterranee dovrebbero divenire laboratori di sogni e cantieri di futuro, dove i giovani maturino incontrandosi, conoscendosi e scoprendo culture e contesti vicini e diversi. E’ necessario pure riflettere sul mistero di Dio, che nessuno può pretendere di possedere o di padroneggiare, e che anzi va sottratto ad ogni utilizzo violento e strumentale, consci che la confessione della sua grandezza presuppone in noi l’umiltà dei cercatori.