Il compito del confessore di fronte alle dipendenze e ai problemi morali collegati all’uso di Internet
di Gianni Cioli · Lo sviluppo di Internet, soprattutto in rapporto all’utilizzo della Intelligenza artificiale pone questioni morali nuove e inedite soprattutto nell’ambito della morale sociale e, segnatamente della morale della vita di comunicazione.
Qui, limiteremo tuttavia lo sguardo solo ad alcune problematiche pertinenti alla confessione dei peccati personali collegati all’uso della rete che può, di conseguenza, profilarsi come occasione prossima di peccato.
L’ambito su cui ci possiamo focalizzare con più pertinenza, per iniziare, è probabilmente quello della intemperanza, vizio dalle molte facce e contrapposto alla virtù cardinale della temperanza.
Ricordiamo che la temperanza è la virtù che rende capaci di modulare e ordinare le pulsioni funzionali alla conservazione della vita e normalmente collegate a una qualche forma di piacere. Si tratta di pulsioni necessarie alla conservazione della vita (come quella che ci spinge ad assumere cibo) ma che possono risultare dannose se non distruttive per la vita stessa quando non siano disciplinate (come quando si eccede nel mangiare). Anche la pulsione sessuale rientra nel novero delle pulsioni necessarie alla conservazione della vita, ma, in questo caso non di quella dell’individuo, bensì di quella della specie.
Internet favorisce in maniera esasperata questa degenerazione della percezione e della conoscenza ingenerando dipendenza.
L’abbondanza di informazioni su internet ha creato un nuovo disturbo compulsivo, legato alla ricerca sul web attraverso il web surfing o attraverso lo scrolling (due modi passare da un contenuto all’altro senza soluzione di continuità e in modo automatico), così che, le persone affette da questa dipendenza trascorrono una quantità di tempo sempre maggiore nell’attività di ricerca. Particolarmente inquietante è il fenomeno del doomscrolling o doomsurfing. che consiste nel passare molto tempo online in cerca di notizie negative, a prescindere dalla loro utilità. La parola inglese è composta dai sostantivi doom (‘sventura’) e scrolling (‘scorrimento’) o surfing (navigazione). La ricerca del pericolo è insita nel nostro DNA: cerchiamo eventuali fonti di minacce per prepararci ad affrontarle. Il desiderio di informarsi di fronte a un problema è un comportamento responsabile. Tuttavia, quando la ricerca di informazioni diventa prolungata, e compulsiva allora si è di fronte a un comportamento malsano, che distoglie dall’affrontare i problemi.
Secondo la letteratura clinica sono vari tipi di dipendenza patologica da internet, come ad esempio il sovraccarico cognitivo a cui si è accennato, lo shopping compulsivo online, la dipendenza da videogiochi e la ludopatia oline, la dipendenza cyber-sessuale (in cui rientra l’accesso alla pornografia online, il sexting, l’interazione con altri utenti attraverso webcam, o chat, che se, soggetta a pagamento, entra nel campo della prostituzione online), la dipendenza da social media.
Questa avvertenza, tuttavia, non deve condurre a semplificazioni banali e a minimizzazioni che potrebbero sfociare, al limite, nella svalutazione dell’opportunità della confessione (se non c’è peccato, non c’è necessità di pentimento, né di sacramento), favorendo, magari, tratti egosintonici nel soggetto dipendente, ma deve indurre il confessore a operare un discernimento articolato volto a prevenire la dipendenza patologica nelle persone ancora in grado di esercitare la libertà, e a sostenere la speranza di ritrovare la libertà in coloro che l’hanno persa a motivo della dipendenza.
Si dovrebbe, peraltro aiutare coloro che accedono alla pornografia online a prendere coscienza che la loro non è non è semplicemente una trasgressione contro la virtù della castità, ma è una cooperazione al male, un peccato contro la giustizia, che implementa forme di violenza, talora agghiaccianti e inimmaginabili. L’utente del materiale pornografico è normalmente ripregato su di sé, sul suo piacere, spesso sul suo senso di colpa vissuto autoreferenzialmente, e dimentica che dietro a quel materiale vi sono persone spesso manipolate, se non letteralmente violentate, persone che l’utente contribuisce a ridurre a oggetti.