Il fondamento pneumatologico della sinodalità in Papa Leone XIV

277 182 Alessandro Clemenzia
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di Alessandro Clemenzia · Nell’omelia tenuta durante la veglia di Pentecoste con i movimenti, le associazioni e le nuove comunità, Papa Leone XIV, proprio nel presentare l’azione dello Spirito Santo nella Chiesa nascente come colui che ha trasformato i discepoli, da introversi e litigiosi a estroversi e luminosi, ha offerto alcuni spunti interessanti sulla sinodalità, tema di cui aveva fatto già menzione, come egli stesso ha ricordato in questa omelia, durante il suo primo saluto, dopo l’elezione, dalla loggia di San Pietro. Essendo numerose le interpretazioni che ruotano attorno al significato di “sinodalità”, è sempre opportuno illustrare all’interno di quale piano semantico si intenda muoversi, per cogliere in questo modo la specificità della riflessione offerta dal Papa.

L’orizzonte del discorso è primariamente teologico, e in particolare pneumatologico, in quanto allude alla presenza e all’azione dello Spirito Santo nella Chiesa, a partire dal giorno di Pentecoste. In questo contesto Il Papa ha affermato: «La sera della mia elezione, guardando con commozione il popolo di Dio qui raccolto, ho ricordato la parola “sinodalità”, che esprime felicemente il modo in cui lo Spirito modella la Chiesa».

Si può cogliere in queste parole come la sinodalità chieda di volgere lo sguardo, come soggetto principale, non immediatamente sull’intero popolo di Dio, ma soprattutto sullo Spirito Santo, colui che è sempre capace di “modellare” la Chiesa secondo il disegno di Dio. La terza Persona divina, nella vita trinitaria, è non soltanto l’unità tra il Padre e il Figlio, ma anche la distinzione tra loro; Egli compie anche al di fuori di Dio, nello spazio della creazione, ciò che è in se stesso, e cioè unisce e distingue contemporaneamente: distingue unendo, unisce distinguendo.

Ha aggiunto il Papa, soffermandosi sulla parola “sinodalità”: «In questa parola risuona il syn – il con – che costituisce il segreto della vita di Dio. Dio non è solitudine. Dio è “con” in sé stesso – Padre, Figlio e Spirito Santo – ed è Dio con noi». La preposizione semplice “con” (syn), che compone il lemma “sinodalità”, esprime il metodo ecclesiale per eccellenza, che trova il fondamento ontologico e la sua pregnanza teologica in quella comunione divina tra Padre, Figlio, Spirito Santo. Si tratta di una communio originaria e originale, su cui si fonda ogni altro tipo di relazione. «Allo stesso tempo. – ha continuato il Papa –, sinodalità ci ricorda la strada – odós – perché dove c’è lo Spirito c’è movimento, c’è cammino. Siamo un popolo in cammino». Il camminare insieme del Popolo di Dio è già in se stesso frutto della presenza e, dunque, della contemporaneità del Terzo persona, nella Chiesa; è lo Spirito, infatti, il soggetto invisibile della sinodalità, che si rende tuttavia visibile proprio attraverso un suo frutto, e cioè il mettersi in cammino del popolo. È chiaro in queste parole di Leone XIV l’insegnamento del Concilio Vaticano II, e in particolare della Lumen gentium: in primo luogo in quanto rileva come la sacramentalità della Chiesa consista proprio nel rimandare a ciò che è altro-da-sé; secondo, perché illustra come la dimensione invisibile della Chiesa alluda alla presenza e all’azione di Dio in essa; terzo, in quanto mostra come la visibilità della Chiesa, con tutte le ferite e la precarietà che la constraddistinguono, sia sempre in qualche modo visibilità dell’invisibile.

Il Papa ha così sottolineato il fondamento ontologico della sinodalità, che trova in Dio, e in particolare modo nello Spirito Santo, la sua condizione di possibilità. Leone XIV ha poi introdotto il fine della sinodalità, come qualcosa che è sempre esterno alla Chiesa e verso cui la comunità cristiana è chiamata costantemente a orientarsi per vivere pienamente la sua natura e la sua missione, e cioè l’umanità intera. Ha affermato ancora il Papa: «Questa coscienza non ci allontana ma ci immerge nell’umanità, come il lievito nella pasta, che la fa tutta fermentare». Il fine della sinodalità non consiste in un miglioramento organizzativo dell’impianto ecclesiastico, non è una semplificazione delle procedure o un ammodernamento strutturale, ma ha come obiettivo primario la missione, che consiste appunto in questa dinamica di immersione nell’umanità, nell’altro, a mo’ di lievito nella pasta. Si tratta di un’immagine di Chiesa che afferma la propria identità, non contrapponendosi al mondo, ma anzi intessendo relazioni autentiche, con quel “metodo”, tipico dello Spirito Santo, che consiste nell’essere presente in modo non ingombrante: agisce senza imporre la propria azione, ma generando l’altro alla libertà.

E come l’azione dello Spirito Santo si riconosce soprattutto dagli effetti che produce, così una Chiesa che cammina, pellegrinante, lasciandosi costantemente educare e animare dal Terzo persona, vedrà germogliare i frutti: «La terra riposerà, la giustizia si affermerà, i poveri gioiranno, la pace tornerà […]. Non più ognuno per sé, ma armonizzando i nostri passi ai passi altrui. Non consumando il mondo con voracità, ma coltivandolo e custodendolo, come ci insegna l’Enciclica Laudato si’».

La sinodalità, inoltre, è orientarsi al disegno di Dio sulla creazione: «Dio ha creato il mondo perché noi fossimo insieme. “Sinodalità” è il nome ecclesiale di questa consapevolezza. È la via che domanda a ciascuno di riconoscere il proprio debito e il proprio tesoro, sentendosi parte di un intero, fuori dal quale tutto appassisce, anche il più originale dei carismi». Ogni io, che si tratti del singolo cristiano o di un carisma, trova la sua consistenza proprio all’interno di un noi, che non schiaccia la singolarità di ciascuno, ma lo genera dal di dentro e dal di sotto.

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