di Giacomo Funghi •
Il ruolo educativo. Uno dei primi compiti che ho dovuto svolgere da presidente è stato studiare don Milani per affrontarlo nel percorso dell’anno che avevamo scelto. In Esperienze pastorali scrisse: << Poi ho badato a edificare me stesso, a essere io come avrei voluto che diventassero loro >>. La relazione tra maestro e alunno è certamente diversa da quella di un ragazzo presidente e i suoi coetanei, ma senza dubbio questa affermazione vale per noi nella misura che riecheggia nella lettera ai Romani << gareggiate nello stimarvi a vicenda >>.
Il ruolo educativo non è esclusivo dei presidenti, ma di tutto il gruppo, ciò nonostante, chi assume l’incarico di prendersi cura degli altri membri sa che il resto del gruppo nutre delle aspettative e deve essere consapevole di incarnare un punto di riferimento.
La radicalità di don Milani e gli insegnamenti dei salesiani e delle figlie di Maria ausiliatrice del mio oratorio, mi hanno aiutato a comprendere l’importanza del ruolo educativo che anche tra coetanei dobbiamo portare avanti per compiere quel perfezionamento di se stessi che, come indica la Lumen gentium, è educazione stessa alla santità.
Il compito dei presidenti è far fiorire il gruppo, mettere in gioco il più possibile i vari membri affidandogli parti della vita del gruppo, la preparazione di un incontro o di un momento, di una preghiera, di una condivisione e aiutarli quando ne hanno bisogno. I presidenti devono fare in modo che nessuno risulti un consumatore passivo di incontri ma sia un mattoncino di essi o, addirittura, la pietra portante.
I protagonisti non sono i presidenti, i protagonisti sono ogni fucino e fucina, perché, con la faticosa autoformazione, possano mettersi in gioco, sbagliare anche e crescere. E poiché l’obbiettivo è crescere nella santità, il modello che i presidenti devono perseguire è quello di Giovanni Battista, colui che si fa dà parte per dare luce a Cristo. Risuonano le parole di papa Leone XIV nella sua prima omelia: << sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo>>.
La Fuci, la Chiesa e i giovani. È interessante, credo, riflettere su un’ultima considerazione. La Fuci nacque nel 1896 a Fiesole dalla fusione di molti circoli universitari che già esistevano in tutta Italia che erano riuniti nell’Opera dei congressi. Fu papa Leone XIII in quel periodo, a promuovere la nascita di movimenti e associazioni, spronando i laici a iniziare a prendere parte alla questione sociale. Nacquero e fiorirono una moltitudine di associazioni laicali che hanno segnato in maniera profondissima la storia del nostro paese.
Gli universitari si riunirono nella Fuci che, in dialogo con la Chiesa, inviava ad essa, e continua tutt’ora a inviare, gli esiti delle elezioni delle proprie assemblee. Ogni vescovo, infatti, ha il compito di convalidare l’elezione dei presidenti diocesani e di nominarli tali con un decreto ufficiale.
Certo, ormai sono passati i tempi in cui direttamente il vaticano sceglieva i presidenti nazionali, uno per tutti Iginio Righetti, e forse non è più il tempo delle alte cerimonie e formalità. Ma cosa sta a significare oggi questo dialogo tra la federazione e la Chiesa? Un buon lettore dirà che la Fuci è già essa stessa espressione della Chiesa e lo è veramente, ma cosa farsene di un certo apparato giuridico?
Ritengo paradossale la trasformazione che c’è stata in quasi 130 anni. A fine Ottocento universitari, lavoratori, famiglie, tutti i laici si riunirono in organizzazioni proprie per formarsi e dare il proprio contributo alla società. Non esisteva la pastorale giovanile, la pastorale universitaria, per lo sport, per il lavoro ecc., esisteva l’impegno che laici protagonisti portavano avanti nella società.
Oggi, ogni vescovo invia, se lo invia, il decreto di nomina a presidente diocesano avendo visto, forse, solo la lettera di candidatura di lui o di lei e non sapendo nient’altro. Se è vero tutti conoscono e comprendono l’importanza del dialogo con la Chiesa istituzione anche in questa forma, è vero anche, che tutti ne riconoscono la totale insignificanza. Cosa possiamo ricevere noi ragazzi dal pastore della nostra diocesi, se nemmeno nell’atto della nomina c’è la volontà di conoscere quel ragazzo o quella ragazza per affidargli gli universitari della diocesi?
Perché la formazione universitaria sia importante e perché sia degna di cura una formazione universitaria cattolica l’ho espresso prima, ma lo ripropongo con il messaggio che venne inviato dopo la fondazione della Fuci sulla rivista Vita nova.
«Ai giovani cattolici che si sentono l’animo di fare qualche cosa per questa fede, oggi che essa, uscita incolume da lunghe lotte, si prepara a combattere delle nuove dalle quali dipende in tanta parte l’avvenire della società, va l’invito di raccogliersi in una Federazione cattolica universitaria»
Dai laureati di domani, coloro con la più alta formazione in ogni ambito della scienza, dipenderà l’avvenire della società.
Noi ragazzi saremo ingenui, idealisti, ma in questo noi ci crediamo, vogliamo fare la nostra parte e vorremo poter raggiungere tutti quegli universitari che si sentono persi nei loro studi o che vivono l’università come un esamificio. Per questo ci candidiamo, per questo ci mettiamo a servizio e vogliamo vivere come Chiesa nel nostro servizio. Ma come associazione diocesana, che messaggio riceviamo quando il pastore della nostra diocesi a malapena si cura di sapere chi siamo e cosa proponiamo di fare? Oggi la Chiesa non ci affida gli universitari delle nostre diocesi. Finge di farlo giuridicamente, con un decreto di nomina che ha perso totalmente il suo senso di dialogo. L’unico rappresentante della Chiesa istituzione rimane l’assistente, figura chiave della vita dei gruppi sia come unico adulto, sia come guida spirituale, sia perché, lasciando a noi la conduzione del gruppo, ci dona speranza e fiducia.
In questi anni, più che sentirsi parte della pastorale universitaria, molti gruppi d’Italia si sono sentiti soppiantati da essa E se in qualche riunione della pastorale universitaria qualcuno faceva notare che la Fuci fosse un gruppo non parrocchiale ma diocesano, non veniva preso sul serio o appariva presuntuoso. Ovviamente, poi, sappiamo che esistono moltissime realtà giovanili che si curano degli universitari che non esistevano al tempo della fondazione della Fuci ed è una ricchezza. Infatti, nessuno in Fuci crede che ogni movimento giovanile debba essere inglobato nella Fuci, anzi, in questi anni la Fuci è stata un’esperienza ancora più diocesana proprio perché è stata capace di riunire ragazzi e ragazze che arrivavano da percorsi diversi ed è un dato che riscontriamo in tutti i gruppi d’Italia. La Fuci, come esperienza diocesana, è spesso un secondo percorso, un di più e fa incontrare carismi e movimenti.
Ad oggi ci viene difficile pensare (ma è una generalizzazione per fortuna!) che la Chiesa riesca a dare così tanta fiducia a dei giovani affidandogli un settore della propria pastorale e supportarli in questo. Mi si dirà che l’equipe di pastorale giovanile, per esempio, è composta più da ragazzi che da sacerdoti e suore, ma la responsabilità e l’ultima parola sappiamo a chi spetta. Chi dirà, invece, che questa richiesta di impegno e responsabilità di noi ragazzi sia eccessiva, non conosce la storia, perché in passato è stato così. Ed è stato proprio quando giovani ragazzi venivano valorizzati e responsabilizzati, che gli assistenti furono ancora più significativi. La Fuci non chiede di auto organizzarsi al di là di ogni adulto o sacerdote, ma anzi, di potersi scambiare reciproca fiducia e camminare insieme. Anche qui, la storia è piena di assistenti che sono stati decisivi, eppure, non erano loro a capo della federazione, ma la accompagnavano.
Nonostante un rapporto accidentato con la Chiesa istituzione, la Fuci continua comunque ad esistere, osservando e studiando ciò che accade nel mondo e, per concludere, vorrei rendere l’idea della resilienza e, direi, della potenza che la Fuci è in grado di impiegare.
Mi è capitato di parlare con una mia amica presidente il cui gruppo sta attraversando una fase di cambiamento e di crisi. Un po’ scoraggiata mi ha raccontato che in questo momento il gruppo si è ridotto moltissimo e a partecipare stabili agli incontri sono circa in cinque e sono senza assistente. Mi si dica ora, dove nella Chiesa è possibile trovare un gruppo di cinque amici che, nonostante tutto, si ritrovano ogni settimana per leggere e discutere le Cattedre dei non credenti del cardinal Martini. Si pensi alla potenza di questa cosa! Quel gruppo, in realtà, non sta affrontando un periodo di crisi, ma sta gettando delle forti nuove basi. E questa non è un’esperienza isolata, potrei raccontarne mille di storie così, di un impegno testardo e persistente di approfondimento, studio e maturazione spirituale e culturale. La resilienza che la federazione dimostra nel continuare le sue attività e la potenza con cui affronta i suoi percorsi, testimoniano da sempre << la fiducia nell’uomo e nell’intelligenza umana>>1
<<Programma superbo, che non potrà lo Studente svolgere da sé ed esaurire nelle sue più alte pretese; ma programma meraviglioso e provvidenziale, come può giudicare chiunque abbia nozione della natura d’una scuola universitaria, e conosca quali siano le condizioni reali delle Università del nostro tempo; programma che lo Studente cattolico ha il merito di porre da sé e per sé, offrendo così il più prezioso contributo che lo studio universitario e la sua pedagogia possano desiderare, quello della collaborazione spontanea e complementare alla scuola universitaria, quello dell’allenamento speculativo, quello della fiducia nella logicità e nell’obbiettività del pensiero, quello della tensione ideale, morale e spirituale, di cui il giovane ha bisogno per vivere in bellezza gli anni irrepetibili della stupenda primavera universitaria.>>2
Tutte queste cose e ancora non ho detto niente riguardo la goliardia della federazione. Ma per quella servirebbero ben più di poche pagine…
1 Il ministro di Grazia e Giustizia Aldo Moro al sessantesimo anniversario della nascita della Fuci, 1956
2 Dal discorso di papa Paolo VI alla Fuci, 1963