Chiesa, crisi ed evangelizzazione

di Alessandro Clemenzia · Il movimento spontaneo di chi si trova ad affrontare una crisi profonda è quello di cercare possibili vie di fuga per uscirne al più presto, per ricominciare a vivere un tempo nuovo, disposto soprattutto a dimenticare quel buio soffocante.

A volte, quando le circostanze non permettono di superare una situazione avversa, si è chiamati a fermarsi, rimanendo in essa, per provare a dare un senso a quanto accade. Più che “dare” un senso, sarebbe probabilmente più opportuno parlare di “cogliere” il senso già presente in quella realtà negativa.

Anche la Chiesa, come tante altre realtà (singole o collettive) è immersa in situazioni non sempre favorevoli e accoglienti, e contemporaneamente è chiamata a partecipare alle angosce di tutta l’umanità. Ma come si può realmente “partecipare” alla vita dell’altro?

Qualche spunto di riflessione può offrirlo il discorso tenuto da Papa Francesco (Sala Clementina, 23 aprile 2022) all’associazione “Fiat”, in occasione di un simposio intitolato Sulle orme del cardinale Suenens – Lo Spirito Santo, Maria e la Chiesa.

Richiamandosi all’opera del Cardinale Suenens e di Veronica O’Brien, il Papa ha messo in luce il nucleo portante dell’associazione, sottolineando il suo impegno quotidiano nell’evangelizzazione e citando due frasi di Paolo VI, contenute nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: «La vocazione della Chiesa è evangelizzare» (n. 14) e «la gioia della Chiesa è evangelizzare» (n. 80). Portare il Vangelo a ogni creatura non può essere considerata a un’attività pastorale tra le tante, ma è parte della natura stessa della Chiesa, chiamata ad accogliere l’impulso dello Spirito Santo per scrutare i segni dei tempi alla luce del Vangelo.

In un incontro precedente con il Rinnovamento nello Spirito (nel 2015), papa Francesco aveva già messo in luce l’importanza della figura di Veronica O’Brien, colei che fece conoscere l’esperienza del Rinnovamento carismatico al Cardinale Suenens, arcivescovo belga che partecipò al Concilio Vaticano II e che fu nominato da Paolo VI tra i quattro moderatori del Concilio; Suenens, in un’omelia tenuta nel 1975, aveva affermato: «Possa il Rinnovamento carismatico sparire come tale e trasformarsi in una grazia pentecostale per tutta la Chiesa: per essere fedele alla sua origine, il fiume deve perdersi nell’oceano». Un’esperienza carismatica, dunque, deve essere in grado di sparire, di perdersi, per trasformarsi in un dono per tutti.

Alla luce di questa dinamica, si può comprendere ancora meglio lo “stile” kenotico che la Chiesa è chiamata ad assumere per vivere pienamente l’evangelizzazione in un mondo che «diventa sempre più secolarizzato», dove la guerra e l’odio sembrano talvolta prendere il sopravvento. «Nello sguardo dei nostri fratelli e sorelle vittime degli orrori della guerra, leggiamo il bisogno profondo e pressante di una vita improntata alla dignità, alla pace e all’amore». È dal di dentro e dal di sotto della crisi, e in particolare negli occhi di coloro che non vedono ancora una via di uscita, che germoglia il «bisogno di discepoli convinti nella loro professione di fede e capaci di trasmettere la fiamma della speranza agli uomini e alle donne di questo tempo».

La dimensione missionaria della Chiesa, spiega ancora papa Francesco, non consiste nell’offrire soluzioni ai problemi altrui, ma nel «farci prossimi di coloro che soffrono, aprendo a loro i nostri cuori». È un’immagine molto bella: entrare nello sguardo dell’altro per mostrargli i propri occhi rivolti verso di lui, proprio nel momento in cui tutto sembra crollargli addosso. Continua il Papa: «Dobbiamo camminare con loro, lottare con loro per la loro dignità umana e diffondere dappertutto il profumo dell’amore di Dio». Emerge da qui quella tensione relazionale che appartiene alla natura della Chiesa: il suo essere se stessa nel darsi/donarsi totalmente a ogni creatura e nel dire/presentare la misericordia di Dio.

Francesco approfondisce anche il significato della “crisi” odierna: «La nostra casa comune è scossa da molteplici crisi. Non dobbiamo avere paura delle crisi; le crisi ci purificano, ci fanno uscire migliori». Vieni qui rivolto un invito, non semplicemente a saper interpretare il negativo, ma a saper riconoscere che proprio in un tempo di buio è necessario costruire «una società di relazioni fraterne e piene di vita». Non si tratta di un atteggiamento moralistico o di mero buonismo verso il più debole, ma di considerare l’altro – e qui il Papa ha citato la sua enciclica Fratelli tutti – «prezioso, degno, gradito, bello, al di là delle apparenze fisiche e morali» (n. 94).

In questo consiste l’“amore”: cercare il meglio per la vita dell’altro, anteponendo ciò a ogni altro desiderio, divenendo così «testimoni della misericordia, della tenerezza e della bontà di Dio».