La vita di La Pira e la frontiera dell’Apocalisse

di Antonio Lovascio · Perché Giorgio La Pira, ora Venerabile, è un profeta del nostro tempo devastato dalla guerra e dalla pandemia, dalle disuguaglianze e dalla povertà? A chi non l’ha conosciuto basterebbe suggerire di andarsi a leggere l’ultimo discorso ai giovani del Villaggio “La Vela”, in vacanza con Pino Arpioni a Castiglione della Pescaia (13 agosto 1975). Quella meditazione su “La frontiera dell’Apocalisse” è sempre attuale, 47 anni dopo: “ Tutti i problemi – politici, culturali, spirituali – sono legati a questa frontiera.  O finisce tutto, o comincia tutto. O eliminare l’atomica o saremo tutti quanti eliminati globalmente, in un contesto atomico… L’Apocalisse ha due volti: il volto della distruzione totale e il volto della ricostruzione totale..”.

Ma siccome il pensiero del “sindaco santo” è più vasto, complesso ed articolato, per approfondirlo e coglierne tutta la consonanza con il presente, consigliamo ai lettori di buona volontà di immergersi nei tre volumi che ne raccontano l’intera vita in ordine cronologico, curati dai giornalisti Giovani Spinoso e Claudio Turrini, che la Casa editrice dell’ateneo “Firenze University Press” ha messo a disposizione di tutti con una versione on-line gratuita. Una biografia monumentale, molto apprezzata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella anche per i molti spunti di riflessione che offre a chi fa politica oggi.

Nella 2100 pagine abbondano riferimenti a documenti inediti tratti dall’Archivio della Fondazione La Pira, consultati insieme ai 38 diari su cui il Professore annotava i propri impegni. E’ troppo facile suggerire a chi nelle Istituzioni opera per il “bene comune” di soffermarsi sulla prefazione del card. Gualtiero Bassetti, presidente uscente della Cei, che come i due autori ha ben conosciuto Giorgio La Pira. Oppure sulle pagine che narrano i rapporti di La Pira con Papa Montini fin dai tempi in cui era assistente della Fuci, quelli con padre Agostino Gemelli e il filosofo francese Maritain. Sulla “progettualità” coltivata con la rivista “Principi” e concretizzata poi nell’Assemblea Costituente nel confronto con uomini della levatura di De Gasperi, Togliatti, Scalfaro Nenni, Pertini, Saragat, La Malfa e Moro. Preparata proprio in uno dei cenacoli più straordinari dell’Itala del dopoguerra – la cosiddetta “Comunità del Porcellino”: quella vissuta insieme ai “professorini” Giuseppe Lazzati, Giuseppe Dossetti e Amintore Fanfani, è stata una incomparabile avventura umana, politica, legislativa e istituzionale. Un “laboratorio” fraterno e creativo che costituì il crogiuolo dello spirito e delle idee immortalate poi nella nostra Costituzione. Maturate nella consapevolezza di dover sempre cercare una sintesi, perché la politica non si fa con slogan, emozioni, paure, ma con il “succo” del pensiero di ciascuno che abbia il senso della cittadinanza. Senza rimuovere il proprio passato, la propria cultura, le proprie aspirazioni. Una “filosofia” che ha accompagnato La Pira nell’assunzione di ulteriori responsabilità, prima come sottosegretario nel governo de Gasperi e poi nei 15 anni (fino al 1965) passati a Palazzo Vecchio a risolvere i problemi dei fiorentini appena usciti dalla guerra, proiettando la vocazione di Firenze come città aperta al mondo, crocevia di dialogo e di pace nel Mediterraneo. Ma anche dopo la sua missione di infaticabile “costruttore di fratellanza tra i popoli” non si è attenuata. Si è tenuto in contatto con i Grandi (come aveva fatto con Krusciov, Kennedy e Giovanni XXIII per la “crisi dei missili” di Cuba) per l’attacco Usa al Vietnam ed altri focolai di guerra in Medioriente ed Africa. Ha espresso profondo dissenso a Breznev quando l’Armata Rossa ha soffocato la “Primavera di Praga”. E nella vita fiorentina è stato sempre accanto ai poveri ed ai giovani, di cui ha colto tra i primi le inquietudini sfociate nelle contestazioni del Sessantotto al pari dei fermenti nel Paesi dell’Est europeo. Ecco quindi il suo impegno per un’Europa unita e denuclearizzata dall’Atlantico agli Urali, e per la ‘pace di Gerusalemme’, madre di tutte le paci.

Molto attesa, questa vita di La Pira a capitoli – grazie al gran lavoro di ricerca e di incrocio delle fonti bibliografiche e delle cronache dell’epoca di Spinoso e Turrini – valorizza appieno le potenzialità dell’’Archivio della Fondazione avviato dalla storica segretaria Antinesca Rabissi Tilli ed alla sua morte fatto crescere dal figlio Stefano, pure scomparso, ora sostituito da Michele Damanti. Un valore aggiunto, come sottolineano gli stessi autori, si rivelano le testimonianze preziose di amici-collaboratori che, con Fioretta Mazzei e Pino Arpioni, sono stati sempre vicini al Professore: Oliviero Olivieri, segretario personale del Sindaco in Palazzo Vecchio; Giorgio Giovannoni, che lo ha accompagnato in molti viaggi all’estero; Mario Primicerio, al suo fianco nella missione di pace in Vietnam (novembre 1965), senza dimenticare il giornalista del “Mattino” e corrispondente Rai a Mosca Vittorio Citterich.

Per i giovani attratti dalla passione per il “bene comune” ecco dunque il modello-La Pira: “ Un modo di fare politica – citiamo la prefazione del card. Bassetti – non contagiata dall’arroganza del potere, dal consenso facile, dall’odio verso chi è diverso, che ora deve essere riconsegnata alle giovani generazioni: “la politica come missione altissima e come capacità di proporzionare le risorse ai bisogni”.