«Tra radicalità e misericordia». Considerazioni sulla proposta morale di papa Francesco a partire da un saggio di Giannino Piana

pianadi Gianni Cioli • Il libro La Casa fondata sulla roccia. L’etica evangelica tra radicalità e misericordia (Assisi 2015), del noto teologo morale Giannino Piana, è una raccolta di saggi, già apparsi in buona parte sulle riviste Servitium e Credere oggi, e qui riproposti con opportune integrazioni e aggiornamenti in modo da costituire i capitoli di un insieme organico. Si tratta di testi brevi, in un linguaggio semplice, privi di note a piè di pagina e di bibliografia dettagliata. Il libro si presenta pertanto come un’opera di carattere eminentemente divulgativo, strumento utile per introdurre i non addetti ai lavori a cogliere aspetti essenziali dell’etica evangelica.

Il libro di Piana è però anche qualcosa di più che una buona sintesi divulgativa circa i fondamenti della morale cristiana. Già nel titolo l’opera offre un orizzonte interpretativo, illuminante anche per una riflessione scientifica sulla teologia morale fondamentale e su problematiche pastorali connesse ai giudizi morali. L’orizzonte che Piana prospetta per interpretare l’etica del vangelo e profilarne l’attualità di fronte alle sfide odierne sta innanzitutto nella profonda correlazione che intercorre tra “radicalità”, esigenze morali fissate da Gesù nel discorso della montagna (Mt 5-7) per quanti vogliono entrare nel regno dei cieli, e l’atteggiamento di “misericordia” che lo stesso Gesù manifesta verso i peccatori nell’annunciare la buona notizia come testimonianza dell’amore del Padre.

«L’affermazione della radicalità evangelica», sottolinea l’autore nell’introduzione, «si coniuga […] costantemente con l’esercizio della misericordia, quando si tratta di accostare le situazioni personali. Nonostante le apparenze contrarie, non vi è alcuna contraddizione fra questi due atteggiamenti. La fermezza nel proporre l’integralità del messaggio fa infatti credito alle infinite risorse dell’uomo, alla possibilità che ha di attingere mete insospettate di perfezione e di santità. Mentre, a sua volta, la misericordia prende corpo a partire dalla considerazione dello status di precarietà e di limite proprio della condizione umana, e più ancora dalla constatazione della presenza del mistero del peccato e del male, che esercita un forte condizionamento sulle decisioni umane. Se è dunque, da una lato, importante piegarsi con il proprio cuore e la propria comprensione – di qui viene una delle radici etimologiche di “misericordia” – sulla debolezza umana, è, dall’altro, altrettanto importante (e necessario) non rinunciare ad annunciare con forza e sine glossa il messaggio evangelico, sollecitando un’adesione ad esso, che non può avvenire se non imboccando la via di una permanente metanoia» (pp. 8-9).

Radicalità e misericordia, piuttosto che come poli di una dialettica non risolvibile una volta per tutte, andrebbero comprese come i due fuochi di un’ellisse: la morale cristiana sussiste nel reciproco stare insieme, in una tensione vitale e dinamica, di entrambi gli elementi.

Questo orizzonte interpretativo, semplice ad essere annunciato, meno ovvio ad essere concretizzato, appare particolarmente interessante nell’attuale scenario profilatosi attraverso le sfide offerte alla teologia pratica dal magistero di papa Francesco che ha eletto la misericordia come categoria fondamentale per delineare l’essenza e la missione della Chiesa (cf. S. Morra, Dio non si stanca. La misericordia come forma ecclesiale, Bologna 2015). L’invito alla perfezione di Mt 5 non viene banalizzato e perduto, ma collocato entro una logica d’incarnazione: «Vediamo così che l’impegno evangelizzatore si muove tra i limiti del linguaggio e delle circostanze. Esso cerca sempre di comunicare meglio la verità del Vangelo in un contesto determinato, senza rinunciare alla verità, al bene e alla luce che può apportare quando la perfezione non è possibile. Un cuore missionario è consapevole di questi limiti e si fa “debole con i deboli […] tutto per tutti” (1Cor 9,22). Mai si chiude, mai si ripiega sulle proprie sicurezze, mai opta per la rigidità autodifensiva. Sa che egli stesso deve crescere nella comprensione del Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, e allora non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada» (Francesco, Evangelii gaudium 45).

A dire il vero nel libro di Piana i riferimenti a papa Francesco sono occasionali e marginali, ma l’orizzonte interpretativo in cui l’autore si muove segnala una interessante sintonia. Il binomio “radicalità e misericordia”, se non risolve, sfida comunque a ripensare con coraggio i non pochi nodi problematici della teologia morale del terzo millennio. Non solo: potrebbe offrire anche una chiave di lettura efficace per meglio comprendere il magistero del papa attuale, mediante una rivisitazione della controversa categoria del “compromesso in campo etico”.