Avvicinamento guardingo tra neoliberalismo e Dottrina Sociale

trasferimento-1di Giovanni Campanella • Normalmente si ritiene che il liberalismo economico abbia poco a che fare con la morale economica cristiana. Questo può essere vero, se intendiamo per “liberalismo” il liberismo del laissez-faire, secondo il quale il mercato è in grado di autoregolarsi da solo, senza aver bisogno di una politica di intervento dello Stato.

Dopo aver constatato la miseria di grandi masse operaie nelle emergenti città industriali di fine Ottocento e dopo la crisi finanziaria del 1929, molti studiosi hanno cominciato a prendere le distanze dal liberalismo di vecchio stampo. Tenendo comunque ferma l’importanza del libero mercato e della proprietà privata, hanno iniziato a prendere in seria considerazione una cornice giuridica solida e un orientamento sociale chiaro ai quali il libero mercato avrebbe dovuto conformarsi. Da questa revisione derivarono varie correnti di pensiero, tra cui il neoliberalismo. La nascita ufficiale del neoliberalismo è forse da collocarsi nel 1938 quando ebbe luogo a Parigi una conferenza, alla quale parteciparono economisti del calibro di Alexander Rüstow, Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e Wilhelm Röpke (1899-1966). Il pensiero di quest’ultimo è oggetto dello scritto di Giuseppe Franco per l’abilitazione alla libera docenza in teologia conseguita il 22 Aprile del 2016 presso la Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica di Eichstätt-Ingolstadt. Lo scritto è stato poi pubblicato da Rubbettino Editore nel mese di Settembre 2016 col titolo Economia senza etica? Il contributo di Wilhelm Röpke all’etica dell’economia e al pensiero sociale cristiano.

Franco evidenzia come nel tempo ci sia stato un progressivo e vicendevole avvicinamento, seppur sempre cauto e guardingo da entrambe le parti, tra concezione economica neoliberale e morale economica cristiano-cattolica. Lo stesso Röpke vede addirittura le basi dell’ideale del liberalismo nella filosofia greco-romana e nel cristianesimo e non nell’illuminismo.

«Il liberalismo conservatore di Röpke si fa carico dei valori della tradizione umanistico-cristiana tesa a tutelare la libertà del singolo. Il suo liberalismo tiene conto di una democrazia basata sulla forza della tradizione, dei corpi intermedi e del principio della decentralizzazione» (p. 72).

Seppur non in tutti i punti, è ravvisabile un’ampia convergenza tra l’enciclica sociale Quadragesimo Anno (QA) e le riflessioni di Röpke. Come la QA, anche Röpke invita ad accettare l’economia di mercato e a rifiutare il liberalismo degenerato e il collettivismo. Centrale per la Dottrina Sociale e il pensiero neoliberale di Röpke è la condivisione della critica alla concezione classica e paleoliberale dell’armonia prestabilita.

«Röpke afferma che su diversi punti espressi dall’enciclica si trovano d’accordo i rappresentanti del neoliberalismo, sebbene questi esprimerebbero certe idee in modo diverso. Egli condivide la critica mossa dall’enciclica alla formazione dei monopoli ma disapprova l’interpretazione secondo la quale essi siano dovuti alla libera concorrenza, mentre per Röpke hanno la loro causa in un’organizzazione giuridica erronea o insufficiente e nell’interventismo dello Stato» (p. 73)

Tra i cavalli di battaglia di Röpke sta la considerazione dei limiti etici e istituzionali dell’economia di mercato e il suo inserimento in una cornice sociologica, antropologica e giuridica. Inoltre, di grande rilevanza è la sua riflessione sulla necessaria armonia tra interesse individuale e collettivo e la centralità del valore dell’uomo. Insieme a Müller-Armack, Röpke fu tra i principali teorici della cosiddetta Economia Sociale di Mercato (ESM), un’idea di economia che ha al suo centro un mercato libero ma orientato verso una piena realizzazione dell’umano, con tutte le sue legittime necessità, anche spirituali.

Franco dà anche conto dell’intenso scambio di idee tra Röpke e prominenti personalità del tempo quali Sturzo, Einaudi, Vito, Croce e soprattutto il gesuita Nell-Breuning (principale mente a cui si affidò lo stesso Pio XI per la stesura della QA; p. 91).

Secondo Franco, l’enciclica Centesimus Annus (CA) costituisce una sorta di avallo e assimilazione post-mortem del nocciolo delle concezioni di Röpke. Franco cita Foshee e Campbell, per i quali c’è una “somiglianza schiacciante” tra le argomentazioni di Röpke e quelle della CA. Le critiche formulate da Röpke alla Quadragesimo Anno e alla Mater et Magistra, riguardo il riconoscimento del principio della concorrenza, la piena condivisione dell’economia di mercato e la questione dei sindacati e dell’inflazione, trovano una loro soluzione nelle concezioni espresse dalla Centesimus Annus (p. 337).

Mettere l’uomo al centro del sistema economico è un nodo principale della Dottrina Sociale che non ha esaurito la sua attualità, né cessa di fecondare l’agire di operatori e studiosi ancor oggi, né disdegna di essere a sua volta fecondato da idee di studiosi apparentemente lontani, sui quali lo Spirito, libero da vincoli, può soffiare.