Digressioni sulla parola «cattolicità»

piazza-san-pietro-ROMAdi Andrea Drigani • La «cattolicità», come ben sappiamo, è una delle quattro note che caratterizzano, in modo essenziale, la Chiesa. E’ una nota antichissima, che troviamo all’inizio della storia del cristianesimo. Il santo vescovo Ignazio d’Antiochia, che subì il martirio a Roma nel 107, aveva scritto: «Là dove è Cristo Gesù, ivi è la Chiesa cattolica». Nelle professioni di fede del Concilio Niceno I del 325 e del Concilio Costantinopolitano I del 381 si ribadisce, riguardo alla Chiesa, la sua «cattolicità». Questa parola, in senso etimologico, indica universalità, derivando da un aggettivo greco (katholikós) che vuol dire, appunto, universale. Il senso teologico di questo termine, ce lo rammenta il Compendio del Catechismo, si compone di tre elementi inseparabili. La «cattolicità» della Chiesa vuol dire: 1) che essa annunzia la totalità e l’integrità della fede; 2) che porta e amministra la pienezza dei mezzi di salvezza; 3) che è inviata in missione a tutti i popoli di ogni tempo e a qualsiasi cultura appartengano. I cardini primari della fede (sacri canones), si reperiscono, come proclama il settimo concilio ecumenico: il Niceno II del 787, in ciò che è stato emanato dagli apostoli, dai sei santi e universali sinodi e da quei concili che si sono riuniti localmente, nonché dai santi Padri. A questi sacri canones si devono aggiungere, le decisioni del Concilio Fiorentino del 1439, di quello Tridentino del 1545-1563 e del Vaticano I del 1870. La «cattolicità», poi, implica la vita sacramentale piena e il ministero ordinato nella successione apostolica. La «cattolicità», infine, comporta l’invio in missione all’intero genere umano, perché tutti gli uomini sono chiamati a formare il nuovo popolo di Dio. Perciò – come ricorda il Vaticano II – questo carattere di universalità che adorna il Popolo di Dio, è un dono dello stesso Signore, e con esso la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende a ricapitolare l’umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo capo nell’unità del suo Spirito. Il senso «cattolico» nella Chiesa è costantemente cresciuto col passare dei secoli; dopo la fine del potere temporale dei papi, il 20 settembre 1870, ha ricevuto un’ulteriore accelerazione, come molto acutamente osservò lo storico Giovanni Spadolini, per il quale già con Pio IX, dopo la presa di Roma, la preoccupazione religiosa, cioè di fede, prevalse sulle considerazioni politiche contingenti ed il Papato e la Chiesa si sentirono proiettati, non più sui destini dello Stato pontificio, ma su un piano universalistico e con un rinnovato impegno missionario. La «cattolicità» è progredita anche all’interno della Chiesa con la consapevolezza, ad esempio, che accanto alla tradizione canonica latina vi è, con pari forza e dignità, la tradizione canonica orientale. Per questo San Giovanni Paolo II promulgava, nel 1983, il Codice di diritto canonico (Codex iuris canonici) per la Chiesa latina, e nel 1990 il Codice dei canoni delle Chiese orientali (Codex canonum ecclesiarum orientalium). Nella Costituzione Apostolica Sacri Canones, con la quale ordinava la pubblicazione del Codice orientale, San Giovanni Paolo II affermava: «Fin dall’inizio della codificazione canonica delle chiese orientali, la stessa volontà dei romani pontefici di promulgare due codici, uno per la chiesa latina e l’altro per le chiese orientali cattoliche, dimostra molto chiaramente che essi volevano conservare ciò che è avvenuto per provvidenza divina nella Chiesa, cioè che essa, riunita da un unico Spirito, deve respirare come con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente e ardere nella carità di Cristo come con un solo cuore composto da due ventricoli». La «cattolicità», dunque, non è soltanto l’Occidente, ma l’Occidente e l’Oriente insieme. Del resto questo era già prefigurato nella Sacra Scrittura: «e ha radunato da terre diverse, dall’oriente e dall’occidente, da settentrione e da mezzogiorno» (Salmo 170,3); «Non temere, perché io sono con te; dall’oriente farò venire la tua stirpe, dall’occidente io ti radunerò» (Isaia 43,5); «Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le nazioni» (Malachia 1,11); «Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (Matteo 8,11). I viaggi apostolici iniziati da Paolo VI e continuati fino a Papa Francesco sono all’insegna della «cattolicità», come pure l’inserimento nel Collegio cardinalizio di vescovi provenienti da tutti i continenti, a prescindere da sedi più o meno prestigiose (ma cos’è il prestigio?). Questo ci fa comprendere che a Roma nessuno è straniero (Roma patria communis) e che la Chiesa più è universale, più è cattolica.