Alejandro Solalinde, un prete che i narcos messicani vogliono morto

LAPR0538-ka8E-U43140835463413qnD-590x445@Corriere-Web-Sezionidi Carlo Parenti • Pochi in Europa conoscono Alejandro Solalinde, sacerdote messicano, candidato al Nobel 2017 per la pace, definito da The Los Angeles Times come uno dei più importanti difensori dei migranti.

Ma Papa Francesco, al quale è si presentato col suo nome all’ udienza generale del 17 maggio 2017, non gli ha fatto aggiungere altro e sorridendogli gli ha detto: “La conosco bene. Continui a lavorare, so che è difficile, ma continui a lavorare

Ma chi è questo prete “di strada” messicano? Ha 72 anni e i narcotrafficanti sono disposti a pagare 1 milione di dollari per farlo uccidere! E’ responsabile di un centro di accoglienza a Ixtepec, città nel sud del Paese, nel quale ogni anno transitano 20 mila migranti. Solalinde dal 2011 vive sotto scorta di 4 uomini per il suo impegno contro i narcos e per aver denunciato la corruzione delle autorità pubbliche.

L’impegno sociale di Solalinde ha suscitato l’interesse dei media americani: il New York Times ha lodato il suo «coraggio per aver denunciato crimini orrendi contro i migranti e la complicità delle autorità messicane». Per Usa Today è «un combattente prete cattolico che ha sfidato i cartelli della droga e la polizia corrotta per proteggere i migranti». Per questo motivo un giorno è stato anche arrestato perché solidale con gli immigrati «irregolari». Aveva infatti scoperto come venivano gestiti i sequestri, dove finivano le vittime e che era proprio la polizia ad aiutare i narcos. Comprese così «l’enorme cloaca che si stava scoperchiando».

Sono mezzo milione gli indocumentados che ogni anno transitano in Messico dal Centroamerica (Salvador, Guatemala, Honduras, …) verso gli Stati Uniti. Il 25% di loro sono donne, il 10% minori. Da quando entrano in Messico i migranti – che fuggono dalle violenze urbane e civili del Centroamerica – possono impiegarci almeno un mese per raggiungere la frontiera statunitense, il sogno di ogni migrante alla ricerca di una vita migliore: in questo lungo viaggio sono vittime di rapimenti, violenze, torture, schiavismo a fine sessuale da parte dei narcotrafficanti, che incrementano i loro traffici: questo “commercio” di esseri umani vale 50 milioni di dollari all’anno. Ogni giorno 54 indocumentados vengono rapiti, 20 mila all’anno. I dati ufficiali parlano di 71.415 migranti «salvati» dai sequestri tra il 2007 e il 2014.

soleleideFino al 2005 di tutto questo padre Solalinde non si occupa, come racconta nel libro “I narcos mi vogliono morto”, (a cura di Lucia Capuzzi, Emi, prefazione di Luigi Ciotti) che ha presentato a Lucca alla Fondazione Arturo Paoli. E’ un «prete borghese», come lui stesso si definisce, fa il parroco, il professore, l’assistente dell’Azione cattolica, studia psicologia; da giovane addirittura apparteneva a un’associazione parafascista. Poi nel 2005 la «scoperta» degli indocumentados: li vede per la prima volta, inizia a prenderseli a cuore. Erano sporchi, affamati, disperati. Quella scena lo sconvolge. Si chiede: “Chi si occupa di loro?”». Erano appena arrivati «con “la Bestia”, il treno che trasporta le merci dal Sud al Nord». Spiega il sacerdote: «Nel Paese, in pratica, non esiste trasporto passeggeri su rotaia, perciò per raggiungere il confine Nord gli irregolari devono arrampicarsi sulla “Bestia”». Viaggiano sul tetto del treno, «per questo a volte arrivano con arti amputati». Apre dunque «Hermanos en el camino», un centro perché questi migranti possano riposarsi, mangiare, avere un posto dove stare per rifugiarsi da polizia e narcos. Viene minacciato di morte diverse volte dai narcos che gli impongono il silenzio sui rapimenti dei migranti a scopo di estorsione. Ma padre Solalinde non tace, anzi denuncia ai mass media i fatti di violenza e corruzione cui viene a conoscenza. Nel suo libro Solalinde racconta le lotte per la dignità dei migranti, le violenze da loro subite, la sua «conversione» per difendere i migranti in nome della solidarietà predicata da Gesù Cristo.

La sua è una vicenda che ha appassionato migliaia di persone in ogni parte del mondo: già dal 2012 Amnesty International ha lanciato una campagna internazionale in suo sostegno, quest’anno l’Accademia di Oslo ha accettato la sua candidatura al Premio Nobel per la pace 2017, lanciata dall’Universidad Autónoma del Estado de México. Si pensi che in Messico dal 2006, a causa della violenza scatenata dai trafficanti di droga e di uomini sono state ammazzate ben 250.000 persone! Si: duecentocinquantamila! Ma per il loro impegno ci si accanisce –non solo in Messico, ma in tutta l’America latina- contro preti, attivisti, giornalisti. Pochi giorni fa è stato ucciso Javier Valdez, simbolo dei reporter anti narcos. Dice Solalinde che tutti costoro sono presi di mira perché difendono: «i più deboli rendendo visibili le ingiustizie che la parte corrotta del governo vorrebbe tenere nascoste»

Mi ha colpito, nella commozione che mi prendeva sentendo le sue parole, il suo sorriso mite e l’affermazione che affronta la sfida con grande pace perché sa che: « la mia vita non è nelle mani del crimine, né dei politici corrotti, ma di Dio. E l’amore è più forte della paura. Possiamo e dobbiamo avere il coraggio di rischiare un po’ del nostro benessere -e perché no la nostra vita-per restare umani. Non più noi o voi, ma noi e voi, io e l’altro: Insieme. O ci salviamo tutti o tutti verremo travolti. E’ una scommessa forte. Ma ne sono sempre pìù convinto: ne vale la pena ».