Maria, lo Spirito Santo, la Chiesa, la pienezza del tempo

1910787di Francesco Vermigli • Il 7 giugno 1987 iniziava l’anno mariano indetto da Giovanni Paolo II. Richiamare questo fatto a trent’anni esatti di distanza, pare avere un grande interesse per la Chiesa di oggi; quella Chiesa che spesso discute su quale sia il posto che occupa Maria nella fede e nella devozione: lo attesta il dibattito – recentemente ritornato al centro dell’attenzione – attorno all’autenticità delle apparizioni della Madonna a Medjugorje; in modo particolare lo attestano le parole usate da papa Francesco nel momento in cui, a proposito di quelle stesse apparizioni, ha invitato a recuperare il volto materno della presenza di Maria in mezzo ai cristiani. Cerchiamo di raccogliere qui alcuni elementi che emergono con forza da quell’evento ecclesiale.
Innanzitutto, soffermiamoci sulle date scelte per l’inaugurazione e la chiusura dell’anno mariano. Come ricordato sopra, l’anno mariano iniziò domenica 7 giugno 1987 e si concluse il giorno dell’Assunta dell’anno successivo, il 15 agosto 1988. Perché queste date? La data di chiusura è evidente: coincide con una delle solennità mariane sparse nell’anno liturgico. Ma perché iniziare proprio in quella domenica di inizio giugno? La ragione è presto detta: quell’anno, il 7 giugno cadeva la solennità di Pentecoste, giorno conclusivo del tempo di Pasqua.

L’omelia con la quale Giovanni Paolo II dava inizio all’anno mariano tiene assieme con grande efficacia l’avvenimento della discesa dello Spirito nel cenacolo e la persona e il ruolo di Maria nella storia della salvezza. Ma su cosa si concentrava l’attenzione del papa? Innanzitutto sul fatto che quella discesa dello Spirito mentre gli apostoli e Maria sono riuniti in preghiera (cfr. Atti 1,14) non costituisce per Maria una novità: ella, al momento dell’annunciazione, ha già sperimentato nella propria vita cosa significa ricevere la presenza ad un tempo dolce e vibrante dello Spirito (cfr. Lc 1,35). Poi l’omelia si appuntava su un altro elemento degno di attenzione; fermandosi, cioè, su un versetto in cui Paolo afferma che nessuna professione di fede su Gesù può avvenire se non a seguito dell’ispirazione e l’illuminazione dello Spirito: «nessuno può dire: “Gesù è Signore!”, se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1 Cor 12,3). Discesa dello Spirito a Pentecoste e professione di fede che nasce dalla sollecitazione ad opera dello stesso Spirito: sono queste le chiavi di lettura della persona e della funzione di Maria nella storia della salvezza. Ma, si noti, con esondazione naturale e immediata subito Giovanni Paolo II – come in una splendida dissolvenza cinematografica – passa dal piano mariano a quello ecclesiale, mostrando che la cifra peculiare di Maria è anche la cifra della Chiesa: Maria anticipa nella propria vita la vita della Chiesa, Maria anticipa nella propria identità l’identità della Chiesa. Maria e la Chiesa come in un mirabile contrappunto si richiamano a vicenda, mediante la presenza dello Spirito e la professione di fede in Gesù Signore.

A ben vedere questa sovrapposizione dei piani mariologico ed ecclesiologico avviene anche nell’enciclica, promulgata poco prima dell’inizio dell’anno mariano (nel giorno, guarda un po’… dell’Annunciazione del 1987): la Redemptoris Mater, lettera enciclica che, come recita la presentazione, è «sulla Beata Vergine Maria, nella vita della Chiesa in cammino». La nostra attenzione è attratta dal n. 49, laddove all’elemento mariano e a quello ecclesiale si aggiunge ora l’immagine della “pienezza del tempo”: Maria anticipa nella propria vita la pienezza di cui è segno la Chiesa in mezzo al mondo. Maria anticipa la Chiesa come segno escatologico della pienezza della storia e del mondo, per mezzo di Cristo, nello Spirito santo.

Un’ultima cosa resta da considerare, prima di provare a tirar le fila del discorso. Non sfuggirà a chi conosca i documenti conciliari, che l’approccio giovanpaolino al tema di Maria sia in linea con l’impianto della Lumen gentium, quella costituzione che coglie la persona e la funzione della Madre di Dio nel discorso ecclesiologico; in modo particolare collocando proprio il capitolo su Maria (l’VIII) a seguito di quello dedicato all’“indole escatologica” della Chiesa. In questo modo l’anno mariano del 1987 si pone sulla scia del Vaticano II, rendendo vita della Chiesa ciò che avrebbe potuto rischiare di rimanere solo sulla carta.

Abbiamo iniziato queste nostre considerazioni, rilevando l’utilità di richiamare alla memoria questo evento ecclesiale nel trentennale del suo svolgimento. Il tratto particolare dato all’anno mariano fin dalla messa di inaugurazione è un invito accorato a considerare Maria alla luce della Chiesa. Forse, ancora meglio, è un invito a vedere la Chiesa alla luce di Maria, come colei che ha anticipato nella propria vita la sorte della Sposa di Cristo: essere il luogo, cioè, in cui si fa esperienza della presenza dello Spirito, nella fede in Cristo Gesù Signore, come pienezza del tempo. Considerare Maria e la Chiesa così intrecciate non significa recare offesa alla venerazione specialissima che la Chiesa rivolge a Maria; significa piuttosto pensare Maria e la Chiesa nell’unico mistero salvifico insondabile di Dio.