«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati»

 

Pentecoste 2di Stefano Tarocchi • Secondo il libro degli Atti degli Apostoli la comunità dei discepoli riceve il dono dello Spirito santo cinquanta giorni dopo la risurrezione, «il giorno della Pentecoste»: «riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). Nel suo primo libro, ossia il Vangelo, lo stesso autore riferisce le parole di Gesù, che dice: «ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto» (Lc 24,49). In questa logica il Signore «si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro (lett. “facendosi conoscere ai loro occhi»; At 1,3): così i quaranta giorni diventano il tempo limite della presenza del Risorto.

Ma c’è un altro filone da interpretare circa il rapporto tra lo Spirito santo e la Pasqua, che si trova descritto nel Vangelo secondo Giovanni. Anzitutto il momento della morte di Gesù: secondo il quarto vangelo «Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito» (Gv 19,30). Il vangelo di Giovanni supera di gran lunga l’espressione rispettivamente di Marco e di Luca (Mc 15,37.39 e Lc 23,46: «spirò») ma anche di Matteo (27,50: «rese lo spirito»).

Alcuni autori hanno pensato di collegare l’ultima azione di Gesù morente alla Madre e al discepolo amato, presenti sotto la croce, nell’atto di “trasmettere lo Spirito”. Dopo tutto in precedenza Gesù ha promesso di donare lo spirito: «Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato» (Gv 7,37-39).

Come scrive Brown: «Giovanni vuol dire che quando Gesù chinò il capo verso coloro che erano presso la croce… egli consegnò loro lo Spirito santo. Essi sarebbero stati i primi ad essere costituiti figli di Dio dal Gesù vittorioso, quando fu innalzato da terra sulla croce ma prima che risorgesse dai morti» (La morte del Messia, 1221). In questo testo vengono inopinatamente superati gli stessi discepoli.

Questo non contraddice ma rafforza il fatto che la sera del giorno di Pasqua, Gesù risorto doni espressamente lo Spirito ai discepoli: «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,19-23). Qui l’espressione usata ha il senso di “soffiare, alitare”.

Anche la tradizione veterotestamentaria parlava del dono dell’effusione escatologica dello Spirito unita alla remissione dei peccati. Così afferma il profeta: «Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme» (Ez 36,25-27).

Il testo giovanneo pur orientandosi verso un percorso che la Chiesa affronterà in seguito – anche se eccessivamente caricato di significati dall’interpretazione patristica –, è invece in contatto con la tradizione dei Vangeli Sinottici, che ricorda ad esempio il potere di “legare e sciogliere”, così come troviamo in Mt 18,18 e 16,19. E tuttavia non va letto come la versione giovannea del racconto della Pentecoste trasmesso nel libro degli Atti.

Nel Vangelo di Giovanni, infatti, il perdono dei peccati ad opera dei discepoli è indicato con forza come dono del Risorto alla sua chiesa: lo stesso fatto che è il perdono ad avere la precedenza significa indicare la preminenza della salvezza, ma avviene comunque all’interno della comunità, come si esprime lo stesso Giovanni nella lettera: «se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato» (1 Gv 1,7).

Quindi il quarto vangelo conduce ad una interpretazione ecclesiale del potere di rimettere i peccati: i versetti 22 e 23 del Vangelo di Giovanni (v.22: «Ricevete lo Spirito Santo»; v. 23: «a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati…») vanno letti in un contesto unitario, in viene dato il giusto valore al dono del secondo Paraclito, accanto a Gesù stesso (Gv 14,16; cf. 1 Gv 2,1).

Lo Spirito santo, dono del risorto, anzi del Cristo nell’atto stesso della sua morte, creano il tessuto ecclesiale in cui la comunità sperimenta la propria fragilità, ma anche la grandezza della misericordia divina nel Cristo, della salvezza operata dalla croce: «quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32).

Per esprimersi ancora con le parole della lettera dell’apostolo: «Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi» (1 Gv 1,8-10). E ancora: «se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita» (1 Gv 5,16).