Guerra alla povertà, non ai poveri.

REUTERS610714_Articolo (1)di Antonio Lovascio Papa Francesco ama i gesti concreti. “Più fatti e meno parole”. Per questo, al termine del Giubileo della Misericordia, ha voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri (quest’anno sarà celebrata domenica 19 novembre) perché tutte le comunità cristiane dei cinque continenti diventino sempre più e meglio segno visibile della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi. Un invito che non vale solo per quel giorno (tanto per liberarci le coscienze!) e per i credenti. E’ rivolto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa; tutti insomma dobbiamo reagire alla cultura dello scarto e dello spreco, facendo propria la proposta dell’incontro ed aprendoci alla condivisione di ogni forma di solidarietà. Bergoglio predica il Vangelo con straordinaria incisività, cita spesso le Sacre Scritture, e non può fare a meno di commentare le statistiche spietate della nostra contemporaneità, vittima di una globalizzazione senza regole e di una finanza ingorda.

Quanti sono i poveri del pianeta ? Cominciamo col dire che gli esperti parlano di povertà estrema quando una persona o tutti gli abitanti di un’intera ragione sono costretti a vivere con meno di 1,90 dollari al giorno per procurarsi cibo, acqua, medicine e tutto ciò di cui ci sarebbe bisogno per avere una vita dignitosa. Quasi il tredici per cento della popolazione mondiale (qualcosa come 902 milioni di abitanti) non può disporre di questi due dollari, soprattutto nell’Africa Subsahariana, in Asia meridionale e sulla costa orientale bagnata dal Pacifico, in America Latina e nei Caraibi. La percentuale può sembrare “bassa”, ma non deve trarre in inganno o addirittura indurre a sottostimare la gravità dell’emergenza. Non può farlo l’Europa e tantomeno l’Italia. Su di noi la dice lunga il Rapporto annuale dell’Istat, che sintetizza in oltre 7 milioni le persone in difficoltà. Le famiglie in condizione di povertà assoluta sono pari a 1 milione e 582 mila, per un totale di 4 milioni e 598 mila persone, numero mai raggiunto dal 2005 a oggi. Colpiti in particolar modo i nuclei più numerosi ( 4 o 5 componenti) di estrazione operaia.

Cifre impressionanti. Queste miserie ci interpellano ogni giorno con i volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria, dalla mancanza di lavoro o dalla precarietà, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla migrazione forzata. La povertà ha l’immagine di donne, uomini e bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro. Quale elenco impietoso e mai completo si è costretti a comporre dinanzi ai riflessi dell’ingiustizia sociale, delle vergogne morali, dell’avidità di pochi e dell’indifferenza generalizzata! Alle quali fa da contraltare la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati, e che spesso si accompagna all’illegalità e allo sfruttamento offensivo della rispettabilità umana.

Dinanzi a questo scenario, efficacemente tratteggiato da Papa Francesco nel suo Messaggio per la “Giornata” del 19 novembre, non possiamo restare inerti e tanto meno rassegnarci. L’Italia non è certo un’”isola felice” che si distingue dal resto del mondo. Oltre alle statistiche dell’Istat basta sfogliare attentamente e riflettere sull’ultimo Rapporto della Caritas, richiamato in una recente intervista anche dal neo presidente della CEI, card. Gualtiero Bassetti. All’indigenza, allo stato di “grave deprivazione materiale” di troppe famiglie che non riescono a “sbarcare il lunario”, si accompagnano tante altre povertà. C’è ad esempio quella che inibisce lo spirito di iniziativa di tanti giovani, impedendo loro di trovare un lavoro; non meno grave della soglia che anestetizza il senso di responsabilità inducendo a preferire la delega e la ricerca di favoritismi; della povertà che avvelena i pozzi della partecipazione e restringe gli spazi della professionalità umiliando così il merito di chi lavora e produce. A tutto questo occorre rispondere con una nuova visione della vita e della società. I poveri non sono un problema: sono una risorsa a cui attingere per accogliere e vivere l’essenza del Vangelo, come amava dire il Beato Paolo VI, il “papa pellegrino” grande promotore, con i suoi viaggi, di pace e di lotta alle diseguaglianze. Montini censurerebbe così i politici di oggi: i poveri si servono, non si usano; dobbiamo far sentir loro il calore dell’amore che spezza il cerchio della solitudine. Dunque: guerra alla povertà, ma non contro i poveri!