Diritti e doveri: un binomio indissolubile

images (2)di Andrea Drigani • San Giovanni XXIII nell’Enciclica «Pacem in terris», pubblicata l’11 aprile 1963, presenta una lunga serie di diritti, che lui denomina «naturali», tra i quali il diritto all’esistenza e ad un tenore di vita dignitoso, il diritto di onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza, il diritto alla libertà di scelta del proprio stato, il diritto di riunione e di associazione, il diritto di emigrazione e di immigrazione. Dopo questo catalogo dettagliato, Papa Roncalli introduce (nei paragrafi 14 e 15) un’appropriata riflessione sulla circostanza che quei diritti «naturali» sono indissolubilmente congiunti, nella persona che ne è il soggetto, con altrettanti rispettivi doveri; avendo entrambi (diritti e doveri) nella legge naturale, la loro radice, il loro alimento e la loro forza indistruttibile. Il Pontefice fornisce alcuni esempi: il diritto di ogni essere umano all’esistenza è connesso al suo dovere di conservarsi in vita; il diritto ad un dignitoso tenore di vita con il dovere di vivere dignitosamente; il diritto alla libertà della ricerca del vero è congiunto con il dovere di cercare la verità, in vista di una conoscenza della medesima sempre più vasta e profonda. Si potrebbe aggiungere, sempre a titolo esemplificativo, che al diritto al lavoro corrisponde il dovere di lavorare e al diritto allo studio il dovere di studiare. San Giovanni XXIII annota, inoltre, che nella convivenza umana ogni diritto naturale in una persona comporta un rispettivo dovere in tutte le altre persone: il dovere di riconoscere e rispettare quel diritto. Infatti, prosegue Papa Roncalli, ogni diritto fondamentale della persona trae la sua forza morale insopprimibile dalla legge naturale che lo conferisce e impone un rispettivo dovere. Coloro  che, osserva ancora il Pontefice, mentre rivendicano i propri diritti, dimenticano o non mettono nel debito rilievo i rispettivi doveri, corrono il pericolo di costruire con una mano e distruggere con l’altra. L’indissolubilità dei diritti e dei doveri è stata anche proclamata dalla Costituzione italiana del 1948, all’articolo 2 che recita: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Le volontà dei Costituenti, in tutti questi anni non sembra siano state pienamente accolte; la seconda parte dell’articolo 2 (quella dei doveri inderogabili) mi pare sia stata alquanto negletta. Si parla e si propone, con molta energia, una serie di diritti, alcuni dei quali non si comprende cosa abbiano di giuridico, ma è assai raro il richiamo ai doveri. Come ricordava San Giovanni XXIII l’ordinata convivenza umana necessita che i vicendevoli diritti e doveri siano attuati. Si può ritenere che l’eccessiva insistenza unilaterale sui diritti sia la conseguenza, almeno qui in Europa, della fine dei regimi autoritari e totalitari, fondati soltanto sui doveri quasi senza diritti. Questo, però, non sembra una buona ragione per far sì che i regimi democratici si fondino su molti diritti e pochi doveri. L’ordinamento giuridico della Chiesa universale ha espresso, sia nel Codice latino del 1983 (CIC) che nel Codice orientale del 1990 (CCEO), l’elenco dei doveri e diritti di tutti i fedeli («De omnium christifidelium obligationibus et iuribus») presente, nello stesso identico testo, nei canoni 208-223 CIC e nei canoni 11-26 CCEO. In questi canoni sono enunciati obblighi e diritti naturali, pertinenti ad ogni uomo, e obblighi e diritti soprannaturali propri dei battezzati. La fonte dei doveri e dei diritti dei fedeli è, infatti, la dignità della persona umana e il Battesimo con il quale l’uomo è incorporato a Cristo e alla Chiesa. Si precisa, secondo la lezione di San Giovanni XXIII, che tutti i diritti elencati dalla legislazione canonica debbono essere esercitati tenendo conto del bene comune della Chiesa, dei diritti altrui e dei propri doveri nei confronti degli altri (can.223 § 1 CIC e can.26 § 1 CCEO). La persona nella Chiesa non può mai essere considerata in modo individualistico, in quanto vive ed opera in essa.  Perciò quando un fedele adempie i suoi doveri e ed esercita i suoi diritti, non lo fa per se stesso, ma sempre anche per il bene di tutta la Chiesa.