Francesco d’Assisi e Simone Weil: due cammini di “santità geniale” nell’ultimo libro di Sabina Moser.

176 286 Stefano Liccioli
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S’intitola Una santità geniale. Simone Weil in dialogo con san Francesco (Le Lettere, 2024) l’ultimo libro di Sabina Moser, una delle più importanti studiose del pensiero weiliano nel panorama italiano. La prima sottolineatura è per il titolo: “Santità geniale”. Credo che non ci sia aggettivo più appropriato di “geniale” per qualificare la santità. Addirittura oserei affermare che, per certi versi, santità e genialità potrebbero essere quasi sinonimi. Mi perdonino i teologi se per dar forza a questa mia tesi faccio riferimento a ciò che Kant scrive nella “Critica del Giudizio” (1790) quando definisce il genio come la capacità di produrre opere originali che fungono da modello. Nel caso dei santi le opere prodotte sono, in primo luogo, le proprie vite a cui, senza voler forzare troppo il ragionamento, si addicono bene, a mio avviso, anche le quattro caratteristiche fondamentali del genio secondo Kant: originalità, esemplarità, naturalità (il genio come il santo “creano” in maniera spontanea, come la natura) e inconsapevolezza (il genio non sa spiegare completamente come produce le sue opere; allo stesso modo il santo è inconsapevole della sua condizione: il vero santo non sceglie di essere tale, semplicemente lo è, senza riconoscere l’eroicità delle sue virtù).

Ma andiamo a ciò che scrive Sabina Moser. Santità e genialità, secondo lei, condividono la capacità di trascendere gli schemi del pensiero mondano per abbracciare una visione universale, una “logica soprannaturale” che appare “folle” agli occhi della ragione comune. Entrambe richiedono una separazione dal mondo – il santo significa etimologicamente “separato” – che spesso condanna alla solitudine.

Il nucleo centrale del libro della Moser è in questo confronto tra San Francesco d’Assisi e Simone Weil, due figure spirituali apparentemente distanti ma accomunate da un’analoga ricerca dell’assoluto. Sappiamo di quanto la Weil ammirasse il Santo d’Assisi, ma questa intesa spirituale è caratterizzata anche da distacchi e differenziazioni. Uno di questi riguarda la diversa interpretazione della volontà divina: mentre Francesco risponde all’appello di un Dio personale che lo chiama a una scelta libera, Weil percepisce la volontà di Dio come “impersonale”, manifestata attraverso la necessità del reale. Per Weil l’obbedienza autentica si configura come un’attesa paziente che le circostanze indichino cosa fare, una forma di “attività passiva” che consiste nel farsi “patiens anziché agens“.

Fondamentale, poi, nel pensiero weiliano è il concetto di “decreazione”, processo che mira a “disfare” la creatura per riportarla alla sua origine eterna.     

Simone Weil

La decreazione si presenta come risposta umana all’abdicazione di Dio nell’atto creativo, un ritiro dell’io in quel “punto infinitamente piccolo dell’anima” dove risiede il divino. Paradossalmente, per Weil Dio è tanto più presente nell’umano quanto più sembra assente dal mondo.
Moser sottolinea inoltre come entrambe le figure, pur nell’annullamento in Dio, non fuggano dal mondo ma vi rimangano pienamente immersi. Come i discepoli dopo la trasfigurazione, o il filosofo nel mito platonico della caverna, anche Francesco e Weil tornano nella realtà per testimoniarla:«Al santo incombe quindi il compimento della creazione». L’incontro diretto con l’Assoluto genera in loro una “com-passione” autentica che li porta a condividere la sorte degli sventurati. Quando la grazia occupa il vuoto lasciato dall’io, la partecipazione al dolore altrui diventa spontanea, perché «non è più l’io dell’uomo ad agire, ma Dio che agisce in lui»Le vite di San Francesco e di Simone sono state segnate da gioie profonde e sofferenze intense. Entrambi hanno conosciuto altresì la guerra e sviluppato un’idea di “combattimento pacifico”: nel caso della Weil la sua esigenza di pace si accompagnava alla passione con cui combatteva ogni forma d’ingiustizia.

Concludo con un’annotazione stilistica. Non è la prima volta che mi trovo a recensire gli scritti di Sabina Moser, ma anche in questa occasione non posso non mettere in evidenza la sua capacità di coniugare profondità concettuale e chiarezza espositiva, rendendo accessibili anche i concetti filosofici e teologici più complessi. La prosa fluida dell’autrice accompagna il lettore in questo interessante dialogo tra la figura di San Francesco d’Assisi e Simone Weil, mettendone in luce affinità e differenze con profondità interpretativa e quella precisione filologica testimoniata, per esempio, dall’utile apparato di note.

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Stefano Liccioli

Tutte le storie di: Stefano Liccioli