Leone XIV e la nuova rivoluzione industriale

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All’indomani della sua elezione, in occasione del suo discorso al collegio cardinalizio, papa Leone XIV ha spiegato i motivi della scelta del nome, tra questi «principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

In particolare, il tema del lavoro insieme a quello del “giusto salario” continua ad essere una questione di grande rilevanza come ai tempi di Rerum novarum (1891), per la quale il “giusto salario” è visto come dovere fondamentale dei datori di lavoro: «Principalissimo poi tra i loro doveri è dare a ciascuno la giusta mercede» (n. 17). Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa nel trattare l’argomento ricorda che il salario «è il frutto legittimo del lavoro» per cui «commette grave ingiustizia chi lo rifiuta o non lo dà a tempo debito e in equa proporzione al lavoro svolto», perché «il lavoro va ricompensato in misura tale da garantire all’uomo la possibilità di disporre dignitosamente la vita materiale, sociale, culturale e spirituale sua e dei suoi, in relazione ai compiti e al rendimento di ognuno, alle condizioni dell’azienda e al bene comune», tanto che il semplice accordo tra lavoratore e datore di lavoro circa l’entità della remunerazione non è considerato moralmente sufficiente per «qualificare “giusta” la remunerazione concordata, perché (…) la giustizia naturale è anteriore e superiore alla libertà del contratto» (n. 302).

Il tema è però complesso, infatti nel richiamare «le condizioni dell’azienda» il Compendio cita Quadragesimo anno del 1931 che, trattando a sua volta del “giusto salario”, introduceva il tema del “datore di lavoro indiretto” (n. 73), poi sviluppato da Laborem exercens (1981), ovvero tutti quei fattori economico-sociali e politici esterni all’azienda, di livello sia nazionale che internazionale, consistenti in «persone e istituzioni di vario tipo, come anche i contratti collettivi di lavoro e i principi di comportamento (…) i quali determinano tutto il sistema socio-economico o da esso risultano» (LE 17), capaci di condizionare le scelte dell’imprenditore circa il livello di salario ma anche circa la possibilità di operare efficientemente sul mercato.

A questo proposito sempre Quadragesimo anno affrontava anche il tema della “responsabilità imprenditoriale”, ricordando che quando eventuali difficoltà dell’impresa fossero dovute «a indolenza, a inesattezza e a noncuranza del progresso tecnico ed economico» da parte dell’imprenditore, «questa non sarebbe da stimarsi giusta causa per diminuire la mercede agli operai» (n. 73). L’argomento sarà in seguito sviluppato nell’ambito della “responsabilità sociale dell’impresa”, che richiede una gestione dell’impresa responsabile nei confronti di tutte le parti sociali, in quanto il ruolo dell’imprenditore riveste un’importanza centrale come fattore di crescita e di difesa del bene comune, perché si colloca al cuore di quella rete di legami tecnici, commerciali, finanziari, culturali, internazionali che caratterizzano la moderna realtà dell’impresa (cf. Caritas in veritate 40).

Per questo motivo Caritas in veritate precisa che nella situazione di finanziarizzazione dell’economia che favorisce il fenomeno dei movimenti speculativi dei capitali: «Non c’è motivo per negare che un certo capitale possa fare del bene, se investito all’estero piuttosto che in patria. Devono però essere fatti salvi i vincoli di giustizia, tenendo anche conto di come quel capitale si è formato e dei danni alle persone che comporterà il suo mancato impiego nei luoghi in cui esso è stato generato», come pure «non è lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento, senza apportare alla società locale un vero contributo per la nascita di un robusto sistema produttivo e sociale» (n. 40; cf. anche n. 25).

In presenza oggi di un mondo sempre più ricco ma con le risorse finanziarie distribuite sempre meno equamente (cf. i dati aggiornati del Rapporto Oxfam, Disuguaglianza-Povertà ingiusta e ricchezza immeritata, 2025), Papa Francesco rilevava che «Nel mercato ci sono imprenditori “mercenari” e imprenditori simili al buon pastore», nella Bibbia ci sono infatti i trenta denari di Giuda e i due denari del Buon Samaritano. Lo stesso denaro può essere usato, ieri come oggi, per tradire e vendere un amico o per salvare una vittima. I denari di Giuda e quelli del buon samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze. L’economia potrà crescere e diventare umana quando i denari dei samaritani diventeranno più numerosi di quelli di Giuda (Francesco, 2022). A fronte tu tutto questo l’auspicio è che come la Rerum novarum di Leone XIII provocò un terremoto e sconvolse le coscienze con «l’idea semplice che il lavoro non è una merce, sottomessa alla legge della domanda e dell’offerta, che non si può speculare sui salari, sulla vita degli uomini, come sul grano, lo zucchero o il caffè» (G. Bernanos, Diario di un curato di campagna, 1936), anche Leone XIV, sulla linea del suo predecessore, possa scuotere le coscienze degli uomini di oggi, senza però che succeda, come annotava Quadragesimo anno, che «i troppo tenaci dell’antico disdegnino questa nuova filosofia sociale, i pusillanimi paventino di ascendere a tanta altezza con taluno che, pure ammirando questa luce, la reputi come un ideale chimerico di perfezione più desiderabile che attuabile» (n.13).

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Leonardo Salutati

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