«Pasci le mie pecore». In attesa del 267° successore di San Pietro

266 190 Andrea Drigani
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La Chiesa universale è in preghiera, nell’aspettazione del 267° successore di San Pietro. In questo tempo orante ci può aiutare anche la lettura e la meditazione del brano del Vangelo di Giovanni (20,1-19), nel quale il Cristo Risorto affida, per ben tre volte, a Pietro il compito di pascere i suoi agnelli e le sue pecore.

       Gesù e Pietro nel film “Gesù di                               Nazareth” di Zeffirelli

Cristo è l’eterno Vivente, perciò è presente a ogni momento e gesto di salvezza della sua Chiesa, ma ha bisogno di Pietro per rendere visibile la propria presenza e la propria presidenza nella comunità dei credenti. L’autorità di Pietro nella Chiesa non è autonoma, ma è l’autorità stessa del Cristo Risorto che si esercita per mezzo di lui. Il servizio di Pietro è un dono pasquale fatto da Cristo alla sua Chiesa. Un servizio che nasce dalla capacità di amare ed è ordinato alla crescita dell’amore di tutti i membri della Chiesa.

Il Risorto, infatti, gli chiede, di nuovo per tre volte: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Possiamo vedere qui il rimando al triplice rinnegamento di Pietro nei confronti di Gesù avvenuto durante la Passione (Gv 18, 17. 25. 27). Il significato di queste parole assume una risonanza profonda: nel ministero che Cristo gli affida, Pietro non dovrà contare sulle proprie forze, che sono molto fragili e lo porterebbero a tradire ancora, quanto piuttosto sulla forza che viene da Dio e che Egli dispensa in proporzione al suo amore.

San Giovanni XXIII, nel suo Giornale dell’anima, annotava: «Il successore di Pietro sa che nella sua persona e nella sua attività è la grazia e la legge dell’amore che sostengono, vivificano e adornano tutto e, di fronte al mondo intero nello scambio di amore tra Gesù e lui, Pietro figlio di Giovanni, la santa Chiesa trova il suo appoggio come sopra un sostegno visibile ed invisibile: Gesù invisibile agli occhi della carne e il Papa Vicario di Cristo, visibile agli occhi del mondo intero».

In questa attesa prima della scelta del 267° successore di Pietro le nostre riflessioni possono essere anche favorite da uno sguardo alla storia del Papato che, giova ribadirlo, è solo una parte della storia della Chiesa. Il Papato si presenta come la più antica delle istituzioni tuttora vigenti e possiede un’autorevolezza morale a livello mondiale riconosciuta, in qualche modo, da tutti gli Stati e dalle organizzazioni internazionali, ne è prova quello che è accaduto in San Pietro per le esequie di Papa Francesco.

In un suo famoso libro Eamon Duffy («La grande storia dei papi», Milano, 2000) affermava, nella prefazione, che la storia del papato non può essere definita in un’unica linea di sviluppo; tra l’altro, ha garantito alle Chiese locali di conservare la visione cristiana universale senza cadere completamente nel nazionalismo religioso o nella subordinazione alle potente autorità secolari.  Duffy cosi terminava: «Nonostante tutte le sue colpe e il suo ricorrente adoperarsi nella repressione dell’errore, mi sembra che il papato, sia stato, nel suo complesso, un mezzo efficace di promozione della libertà umana e di grandezza spirituale».

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