Quale catechesi dopo papa Francesco?

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Nel momento in cui scriviamo questo articolo, sono stati celebrati i funerali del papa; ma non è ancora iniziato il Conclave. Quando si leggerà questo articolo forse la Chiesa avrà un nuovo papa. Ma non pensiamo che la questione cambi molto per l’argomento di questo scritto; dal momento che non ci attendiamo che i primi momenti del nuovo pontificato possano essere segnati da qualche orientamento sul tema della catechesi.

Quello che invece possiamo fare è immaginare quali possano essere le linee della futura catechesi, come prosecuzione e sviluppo della riflessione di papa Francesco sul tema. In breve (e soprattutto, si parva licet componere magnis…), vorremmo porci sulla scia dell’omelia che il cardinal decano Giovanni Battista Re ha tenuto alle esequie di Francesco: vorremmo, cioè, ricordare del papa defunto alcuni momenti più rilevanti e alcuni snodi fondamentali della sua attitudine nei confronti della catechesi; intendendoli come l’eredità che Bergoglio lascia alla Chiesa e al suo successore sul tema della trasmissione della fede. Intendiamo prima rammentare alcune decisioni più importanti per la catechesi sotto il pontificato di Francesco, quindi cogliere della catechesi secondo Francesco alcune tematiche fondamentali; e in entrambi i casi proiettarli sul futuro della Chiesa.

1. Alcune decisioni più importanti e le loro applicazioni future. Sono due le decisioni di papa Francesco in merito di catechesi che attendono un approfondimento e un’applicazione. Innanzitutto, il 25 giugno del 2020 fu presentato il Direttorio per la catechesi, chiamato a sostituire quello precedente datato al 1997. Un elemento significativo (che abbiamo notato in un articolo uscito in questa stessa rivista online: https://www.ilmantellodellagiustizia.it/luglio-2020/una-catechesi-che-sappia-di-cristo-il-nuovo-direttorio) è che tale Direttorio (un fatto che segue alla decisione di papa Benedetto XVI nel m.p. Fides per doctrinam del 16 gennaio 2013) non è più promulgato – come i precedenti del 1971 e del 1997 – dalla Congregazione per il Clero, ma dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione: un fatto ricolmo di significato, si diceva, dal momento che la catechesi non è percepita come prerogativa innanzitutto clericale, ma interpella lo spettro complessivo del popolo di Dio.

L’altra decisione in merito alla catechesi di maggiore momento può facilmente essere collegata a queste ultime considerazioni: mi riferisco al m.p. Antiquum ministerium pubblicato il 10 maggio 2021 (per il quale si veda il nostro articolo: https://www.ilmantellodellagiustizia.it/giugno-2021/il-ministero-del-catechista-al-servizio-nella-chiesa). La ragione di questo facile collegamento con le considerazioni di cui sopra è che questo motu proprio istituendo il ministero del catechista opera in sintonia con l’idea che la trasmissione della fede è una missione che appartiene a tutta la Chiesa.

Ecco il primo sentiero che attende di essere ancora percorso dalla Chiesa futura: tornare alla percezione dell’evangelizzazione come compito proprio del popolo dei credenti, come un ministero che si radica nella condizione battesimale.

2. Alcune tematiche fondamentali e le loro future prospettive. All’interno del Direttorio per la catechesi vi è una citazione che rivendica un’assoluta centralità: il brano di Evangelii gaudium, 164 in cui il papa aveva dato alcune linee di indirizzo alla catechesi. Che questo paragrafo sia la bussola fondamentale del pontificato del papa in materia di catechesi lo dimostra non soltanto la presenza nel Direttorio, ma anche il fatto che esso innervi il memorabile discorso che il papa tenne all’Ufficio catechistico nazionale il 30 gennaio 2021 in occasione del 60° anniversario della sua costituzione. Ma di cosa si tratta concretamente in questo paragrafo e nei successivi interventi? Si tratta della priorità della dimensione kerigmatica della catechesi: la catechesi o trasmette il buon sapore di Cristo o annuncia al mondo che Dio ama l’uomo – tanto da dare la propria vita per la salvezza dell’uomo – oppure non appare all’altezza del compito che essa riveste. Così Evangelii gaudium: «Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”. Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”, ciò non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale» (EG 164).

Ma c’è ancora un altro aspetto che non possiamo lasciar passare. Nel discorso del gennaio 2021 si trova anche questa frase: «La catechesi è così un’avventura straordinaria: come “avanguardia della Chiesa” ha il compito di leggere i segni dei tempi e di accogliere le sfide presenti e future». È bella questa immagine della catechesi come un’avanguardia. Così facendo la catechesi viene tolta dall’ambito della pratica minuta e ordinaria della vita comunitaria (spesso pensata in vista dei sacramenti dell’iniziazione cristiana dei più piccoli), per assurgere al rango di punta di diamante della pastorale: ciò che permette di entrare in dialogo con le sfide della modernità.

Ecco la seconda pista futura: la catechesi dovrà coltivare la dimensione kerigmatica della trasmissione della fede e riconoscere la propria priorità pastorale, se non vorrà rimanere nell’ambito ristretto (anzi, talvolta angusto) della prassi ordinaria, mostrandosi incapace di affrontare le sfide più grandi.

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Francesco Vermigli

Tutte le storie di: Francesco Vermigli