Il dramma del disagio giovanile e l’impennata dei suicidi

di Carlo Parenti · Mi hanno colpito gli ultimi dati sui suicidi giovanili. Parto da quelli registrati negli ultimi 10 anni in un solo ospedale romano. Gli accessi per ideazione suicidaria o tentato suicidio all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma (vedi) sono cresciuti esponenzialmente, con aumento in particolare del 75% nei 2 anni della pandemia rispetto al biennio precedente. Dai 369 casi del 2018-2019 ai 649 del 2020-2021, in media praticamente un caso ogni giorno. Nel 2021 le chiamate di persone di ogni età attraversate dal pensiero del suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un caro sono state quasi 6mila: oltre il 55% rispetto al 2020, quasi quattro volte tante rispetto al 2019, cioè prima della pandemia. E c’è di più: quest’anno, delle 2.700 telefonate d’emergenza già registrate, il 28% hanno visto come protagonisti giovani sotto i 25 anni.

Secondo l’analisi del Centro controllo malattie (Cdc) statunitense, il suicidio rappresenta la seconda causa di morte in America nei giovani tra i 15 e i 25 anni.

La crescita dei suicidi sembra essere legata a una generale tendenza all’aumento dei disturbi dell’umore in età evolutiva nei Paesi ad alto reddito. La correlazione tra depressione grave e tentativo di suicidio fra giovani e giovanissimi è confermata da studi recenti. È documentato anche l’impatto della pandemia Covid sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti: a livello internazionale, nel 2021 la prevalenza dei casi di depressione e disturbi d’ansia risulta raddoppiata. Le relazioni interpersonali hanno il loro peso: per i ragazzi il gruppo è importantissimo, perché li spinge all’autonomia e all’indipendenza. Non a caso il timore di essere esclusi o essere presi di mira dal proprio gruppo di appartenenza può diventare così un dolore insopportabile.

Lo scorso 10 Settembre 2022 di è svolta la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, fenomeno che colpisce in particolar modo il genere maschile. Viene promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità insieme alla Federazione mondiale per la salute mentale e all’Associazione Internazionale per la Prevenzione al Suicidio. Nel 2011 circa quaranta nazioni hanno tenuto eventi per promuovere la consapevolezza su questa tematica. Secondo l’OMS, nessuno stato con il reddito basso aveva una strategia nazionale per la prevenzione al suicidio, mentre meno del 10% di stati con il reddito medio-basso e quasi un terzo di quelli con il reddito medio-alto e alto ne aveva una.

Secondo l’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia), ogni 11 minuti nel mondo un adolescente si toglie la vita; 46mila i giovani e giovanissimi che si tolgono la vita ogni anno in ogni parte del globo. Il dato è stato reso noto in occasione della Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dedicata al tema della salute mentale e psicosociale tenutasi il 20 novembre 2022 (vedi). 

Il suicidio rappresenta la quinta causa di morte per i giovani tra i 15 e i 19 anni e la seconda causa in Europa. È un piccolo esercito anche chi soffre di salute mentale: sono uno su sette, tra i 10 e i 19 anni. Secondo i dati del sondaggio il 50% si sente triste, preoccupato o angosciato. L’indagine rivela che gli adolescenti vorrebbero sentire parlare più spesso di salute mentale e benessere psicosociale dalle istituzioni (34%), dalle scuole (31%), dai famigliari (7%) e dai media (7%).

Quasi la metà di tutte le problematiche legate alla salute mentale, denuncia l’Unicef, iniziano già entro i 14 anni di età e il 75% di tutte le problematiche legate alla salute mentale si sviluppano entro i 24 anni, ma la maggior parte dei casi non viene individuata e non viene presa in carico.  Confermata, di nuovo, la tendenza al peggioramento determinata dalla pandemia. Sul tema l’Unicef Italia ha lanciato un sondaggio, realizzato sulla piattaforma digitale indipendente U-Reports sostenuta dalla stessa associazione, al fine di rilevare la percezione di benessere psicosociale e salute mentale fra un campione di adolescenti di età compresa fra i 10 e i 19 anni. Ebbene, su 194 rispondenti, il 28% si sente ottimista; il 12% triste; il14% preoccupato; il 14% angosciato; ed il 10% frustrato. Ma i ragazzi non vogliono chiedere aiuto

Fra le circostanze che causano apprensione le difficoltà economiche personali o della famiglia (17%), il senso di isolamento (19%), la distanza dalla famiglia e dagli affetti (8%), i litigi e tensioni all’interno della famiglia (7%), emergono come i fattori più preponderanti. Tuttavia, il 41%degli adolescenti afferma di non aver richiesto aiuto a nessuno, il 22% di aver cercato aiuto da coetanei ed amici e l’11% ai familiari.

L’11% dichiara di essersi rivolto presso psicologi presenti nelle scuole e nelle comunità ed il 7% presso i servizi sociali e sanitari. Fra le ragioni per non aver richiesto aiuto, il 22% afferma di non ritenerlo necessario, il 10% di non sapere a chi rivolgersi, il 10% di temere di richiedere aiuto e l’8%di avere timore del giudizio negativo degli altri.

Nonostante l’elevata prevalenza di problemi di salute mentale fra gli adolescenti, nel nostro Paese – denuncia l’Unicef Italia – i servizi di prevenzione e cura rimangono inadeguati. Prima della pandemia, nel 2019, solo 30 su 100 persone minorenni con un disturbo neuropsichico riuscivano ad accedere ad un servizio territoriale specialistico e solo 15 su 100 riuscivano ad avere risposte terapeutico-riabilitative appropriate”.

Che dire? “Non possiamo essere una Chiesa che non piange di fronte ai drammi dei suoi figli giovani“. Questo il monito di Papa Francesco che sintetizza il significato profondo dell’Esortazione Apostolica “Cristo vive” che raccoglie quanto emerso dal Sinodo 2018 dedicato alla condizione giovanile.

In altra occasione, da Fabio Fazio su Rai tre, Francesco ha detto: “Una domanda a cui mai sono riuscito a rispondere è ‘perché soffrono i bambini?’ Non ho risposte a questo. Non c’è risposta. Lui (Dio) è forte nell’amore, l’odio la distruzione è nelle mani di un altro. Nel rapporto di Dio col Figlio potremmo vedere cosa c’è nel cuore di Dio quando accadono queste cose”. Questo ha detto Papa Francesco. “Gesù mai ha dialogato col diavolo: o lo caccia o gli risponde con la Bibbia, questo vale per tutte le tentazioni. Alla domanda perché soffrono i bambini trovo solo la risposta soffrire con loro. In questo ha ragione Dostoevskij”.

Il Santo Padre, sempre nell’intervista di Fabio Fazio -6 febbraio 22, (vedi) -, ha parlato dei disagi giovanili e dell’aggressività tra i ragazzi che continua ad aumentare e questo provoca anche un’impennata dei suicidi. E Papa Francesco implora le famiglie a tornare a parlare coi ragazzi. “Serve vicinanza con i figli: quando si confessano coppie giovani o parlo con loro chiedo sempre: ‘tu giochi con i tuoi figli?’ A volte sento risposte dolorose: ‘Padre, quando esco dormono e quando torno pure’. Questa è la società crudele che allontana genitori dai figli. Anche quando i figli fanno qualche scivolata, anche da grandi, bisogna essere loro vicini, bisogna parlare ai figli. I genitori che non sono vicini non operano bene, devono essere quasi complici dei figli, quella complicità che permette di crescere insieme padri e figli”. “Come è cresciuto il numero dei suicidi giovanili – ha aggiunto Papa Francesco -. Cosa significa? C’è un’aggressività che scoppia, pensa nella scuola il bullying (bullismo), è un problema sociale. Quest’aggressività nostra va educata, con la parola, con il dialogo”, ha precisato il Papa.