In compagnia di soldatacci. A partire da una paginetta linda e cara di Luca Mazzinghi.

di Carlo Nardi · In questo Natale ho ricevuto un piccolo scritto che in pensiero e bontà molto dona, autore Luca Mazzinghi con un Natale del Signore 2020. Parrocchia di san Romolo a Bivigliano (in Vaglia di Firenze).

La Chiesa di santa Maria in Trastevere fu fondata nel III secolo d.C. nel luogo ove sorgeva un ospizio per sodati in pensione (taberna meritoria). Una leggenda narra che in questo luogo, nel 38 a.C., fosse scaturita per un giorno e una notte una fonte di olio minerale confluita fino nel Tevere; i cristiani vedranno poi in questo fatto il segno della grazia di Dio che, come la nascita di Gesù, l’unto del Signore, si spande per il mondo intero. L’episodio leggendario è ripreso nel mosaico di Pietro Cavallini (1291) che raffigura la taberna e la fons olei che fluisce nel Tevere, ponendola ai piedi della scena della natività. La scena è dominata dalla presenza di Maria; da un lato, un pensoso Giuseppe incarna tutti i dubbi e le domande che l’umanità che si porta dietro, di fronte all’evento del Natale: sono anche i nostri dubbi su Dio, in questo tempo di pandemia. Dall’altro lato della scena, un angelo porge ai pastori il lieto annuncio della nascita del figlio di Dio. Quel bambino in fasce, sotto lo sguardo un po’ preoccupato di Maria, è per chi lo accoglie il segno della presenza di Dio nel nostro mondo: un Dio che condivide la nostra fragilità umana. Il Dio fatto uomo rende ogni essere umano ugualmente importante davanti a lui e fa di ognuno di noi un fratello e sorella di chiunque incontriamo sul nostro cammino. Questo Natale in tempi così difficili sia per ognuno di noi un natale di fraternità”.

Lo scritto, che in poche parole ha detto tutto quanto, mi spinge a rimuginare su quello che vogliono dire per me questi punti, perché non sono soltanto parole, ma anche vite di uomini e di donne che ora mi son nella mente. Quali? In specie i gladiatori e simili, da accordare niente meno che con la Santa Famiglia che è Gesù, Giuseppe e Maria; vale a dire, unire il sacro col profano, ossia le gentacce e l’impossibile, ambedue situazioni umane così diverse e così vicine. Anche nei nostri pensieri, per lo più strampalati.

Forse ritorno bambino grandicello quando babbo e mamma mi raccontavano della poderosa Tunica del 1953 con Richard Burton e Il Gladiatore del 1954, mentre un altro Gladiatore apparirà nel 2000, diretto da Ridey Scott con Russell Crowe, e dunque film a iosa. Ma anche letteratura, e da ultimo la seconda edizione del libro di Piero Bargellini sulla vita di Gesù (Lui. Racconti della vita di Gesù. Introduzione dell’abate Bernardo Gianni, Firenze 2020), dedicato a don Giulio Facibeni e proposto alla diocesi dall’arcivescovo Giuseppe Betori. La lettura in questi giorni di un capitolo particolarmente intenso in cui si descrive la passione dal punto di vista di un soldato romano, mi è balzato agli occhi un collegamento con il milite dell’affresco. Scrive Bargellni: “e nel passargli davanti, chi gli dava con la canna in testa, chi gli sputava in viso, chi gli sonava una ceffata. Ma quel divertimento ci venne presto a noia. Non c’era soddisfazione con lui. … Tutti eravamo di cattivo umore, scontenti e annoiati. Soltanto lui, sulla pana, con quello straccio rosso, quella corona di spine, quella canna fra le mani, il viso tumefatto dalle percosse e lordo agli sputi, restava sereno e dignitoso. Sembrava un vero re: il sovrano di un regno che noi, soldati, non avevamo mai creduto che esistesse” (p. 76). Per comprendere il senso di questa descrizione basta leggere la postfazione di don Corso Guicciardini: “il merito di Piero Bargellini consiste nel dar voce alla fede e al sacrificio di tanti uomini e donne che hanno accettato di parlare di Gesù. … L’autore non offre qualcosa di inventato, ma una delle dimensioni più autentiche di Gesù Cristo, una vera e propria ispirazione che trasmette ai suoi amici uomini”. Aggiungerei che non parla soltanto di Gesù, ma anche delle persone intorno a lui, come il soldato romano, malvagio sì, ma che già sente il peso della futilità del male. Sarà poi riuscito a toccare la fonte dell’olio come il suo collega nell’affresco trasteverino? Lo speriamo, e lo auguriamo anche a noi.