César de Bus. Un nuovo santo per la catechesi

di Francesco Vermigli · Nel cuore della Roma barocca (o forse sarebbe meglio dire… tardo barocca), nella parte “di qua” rispetto a Trastevere (perché se “di là” è Trans-Tevere, la riva sinistra sarà “di qua”…) c’è una chiesa che prende il nome di Santa Maria in Monticelli. Siamo nel rione Regola, nella zona di quello che fu il Campo Marzio nell’antica Roma. Siamo in quella Roma dispersa in mille chiese, che si segnalano per l’esuberanza figurativa e la generale verbosità dei tratti artistici. Ebbene questa chiesa è la curia generalizia di una congregazione non grande di religiosi, che ha una storia di alcuni secoli: si tratta della Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana, conosciuta più semplicemente come la congregazione dei “Padri Dottrinari”.

All’epoca immediatamente successiva al Concilio di Trento dobbiamo risalire per ricostruire tanto la storia di quella chiesa romana, quanto di quella congregazione che in quella medesima chiesa ha la propria curia generalizia dal 1726. Per capire tutto questo bisogna ritornare cioè alla vita e alle opere (secondo l’antico binomio della biografia classica… e dell’agiografia cristiana, che in parte di quella biografia classica si fece erede) di padre César de Bus, fondatore di tale congregazione.

Il suo nome ha acquisito una certa notorietà recentemente, dal momento che poche settimane fa – esattamente domenica 15 maggio – papa Francesco l’ha canonizzato assieme ad altri nove beati; tra i quali spicca il nome di Charles de Foucauld. César de Bus era stato beatificato da Paolo VI il 27 aprile del 1975. Nato nel 1544 come nobile rampollo di una famiglia provenzale di antiche ascendenze italiane, César manifesta una grande intraprendenza nell’arte militare e nella vita cortigiana. Giunge però alla conversione e alla richiesta di poter iniziare il percorso in vista dell’ordinazione presbiterale, che riceverà nel 1582.

Così aveva parlato papa Montini di lui nell’omelia della messa di beatificazione: «Egli ci incoraggia col suo esempio forte e mite a seguire sempre più da vicino Cristo Maestro, Via, Verità e Vita». E queste parole di Paolo VI già ci conducono sulla linea che dobbiamo percorrere per capire in profondità questa figura di prete e predicatore. La vita di César ce lo mostra come uno zelante diffusore della dottrina cristiana; anche sotto l’ispirazione lontana – ma sempre presente al cuore e alla mente – che proveniva dall’esempio di san Carlo Borromeo, di cui apprezzava l’austera spiritualità e lo zelo nell’apostolato. La sua opera in favore della formazione catechetica è instancabile fino dai primi anni del suo ministero. La possiamo raccogliere attorno a tre aspetti fondamentali: solidità della dottrina; catechesi popolare; semplicità dell’annuncio.

Solidità della dottrina. Si tratta di un aspetto straordinariamente coerente con la temperie tridentina. Non v’è chi non sappia come sia del Concilio di Trento la preoccupazione di chiarire e diffondere la dottrina cristiana, di fronte al caso inaudito della divisione intra-ecclesiale nata dalla dottrina luterana. Il frutto di quel Concilio più noto e destinato ad avere la più grande influenza nella storia della Chiesa cattolica fu il Catechismus ad parochos, pubblicato in prima edizione in folio nel 1566.

Catechesi popolare. È l’altro tratto tipico dell’apostolato di César de Bus. Egli coglie la dimensione imprescindibile di una educazione cristiana del popolo, che appariva ad un osservatore esterno come piuttosto digiuno di dottrina cristiana. Si tratta di una sollecitudine che lo fa assomigliare per certi versi al “nostro” beato Ippolito Galantini. Un apostolato che si presenta segnato dalla preoccupazione della formazione alla fede dei giovani, come dei ceti più marginalizzati dalla società dell’epoca.

Semplicità dell’annuncio. È il terzo e ultimo tratto del profilo apostolico di César. Evidentemente questo terzo tratto risulta connesso in maniera diretta al secondo che abbiamo rilevato subito qui sopra. La preoccupazione per un annuncio che fosse in grado di raggiungere tutti gli strati sociali, si accompagna alla chiarezza e alla semplicità dello stile oratorio; allo sforzo di rendere comprensibile anche ai più piccoli (non solo in termini di età…) i più grandi misteri della nostra fede.

C’è un’ultima cosa da considerare e che in qualche modo giustifica anche il titolo di questo articolo. Ci chiediamo: può essere fonte di ispirazione per la catechesi odierna questa figura di santo prete tridentino? I tratti che abbiamo rilevato hanno da dire qualcosa all’annuncio che ancora oggi appare come compito fondamentale della Chiesa? L’idea di un annuncio cristiano che sia in grado di raggiungere tutti gli strati della popolazione e il conseguente impegno ad adattare lo stile oratorio ai destinatari, sembrano intercettare alcune linee della catechesi odierna sul carattere popolare dell’annuncio e sulla necessità di una comunicazione comprensibile ed efficace. Ma il primo tratto che rimanda alla dimensione dottrinaria della catechesi, sembra meno coerente con la prospettiva prevalente oggi. Del resto, la fedeltà alla dottrina, la vicinanza ai grandi misteri della fede cristiana potrebbero agire come correttivo ad una sorta di volatizzazione dei contenuti, che talvolta sembra colpire la catechesi dei nostri tempi.