Carlo Celso Calzolai e la sua storia di San Giusto a Ema.

di Gianni Cioli · La breve monografia, San Giusto a Ema: Storia religiosa e civile di un popolo, scritta da Carlo Celso Calzolai nel 1978 presumibilmente su commissione dell’allora parroco della chiesa di San Giusto a Ema, Mario Masini, costituisce un significativo saggio di storia locale elaborato sulla base di dati dell’archivio della curia arcivescovile fiorentina a cui l’autore poteva attingere in qualità di archivista.

Carlo Celso Calzolai era nato a Borgo San Lorenzo nel 1922, era stato ordinato prete della diocesi di Firenze nel 1945 e, dal 1946 aveva iniziato l’attività di archivista diocesano, mantenuta fino al 1992, anno della sua morte, conciliandola con il ministero di parroco nelle parrocchie di Santa Maria a Marignolle, San Giorgio alla Costa e San Giovannino dei Cavalieri.

«Oltre al servizio reso nell’archivio della curia, per il quale aveva un diploma di specializzazione, sono da ricordare i suoi numerosi anni dedicati all’insegnamento della religione nella scuola e le tante pubblicazioni di carattere storico, agiografico e bibliografico» (S. Piovanelli, Fratelli ed amici, Firenze 2001, p. 63). Il suo lavoro più importante è certamente lo studio su sant’Antoniano Pierozzi, esempio significativo di monografia scientifica, punto di riferimento di rilievo per le successive ricerche sulla vita e sulle opere del santo vescovo fiorentino (Sant’Antonino Pierozzi domenicano arcivescovo di Firenze, Firenze 1959). Ma non devono essere certo sottovaluti i lavori dedicati alla microstoria delle realtà presenti nel territorio della diocesi fiorentina. Fra queste, si colloca la breve monografia di cui parliamo.

Nella sua ricostruzione delle vicende storiche di San Giusto il Calzolai dedica ovviamente uno spazio alle opere d’arte che la chiesa ha ospitato nel corso del tempo. Fra le altre non manca di considerare la pregevole pala cinquecentesca, raffigurante la Madonna con Bambino in trono tra sant’Antonio abate e santa Barbara, che i Niccolini, nobile famiglia fiorentina, fecero trasferire a San Giusto da una loro cappella in San Procolo, nel centro di Firenze. A tal proposito si deve segnalare che il Calzolai riporta ancora come valida la vecchia attribuzione dell’opera a Jacopo Carucci da Pontormo (1494-1557), più noto come il Pontormo. L’attribuzione era, in effetti, un’opinione attestata, fin dal sec. XIX, nell’archivio parrocchiale (cf. «San Giusto a Ema nelle memorie di Luigi Biadi [1857], trascrizione di Agnese Maria Fortuna», in Giornale di Bordo, Terza serie, 41[2016], p. 6) e trova riscontro nelle schede di repertori fotografici storici (Gabinetto Fotografico della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, San Giusto a Ema (Bagno a Ripoli). Chiesa Parrocchiale. Pontormo (Jacopo Carucci)? Madonna in trono col bam., S. Antonio abate e S. Barbara; dip.”https://w3id.org/zericatalog/fentry/82878). Tuttavia, l’ipotesi è apparsa fondatamente problematica alla critica storica artistica del secolo scorso. Già dal 1962 Federico Zeri aveva proposto l’attribuzione, poi ampiamente accolta dalla critica, ad un diverso autore che egli stesso pensò di definire il Maestro di Serumido (F. Zeri, «Eccentrici fiorentini», in Bollettino d’arte 47[1962]4, pp. 318-326), con riferimento alla pala dell’altar maggiore della chiesa fiorentina di San Piero in Gattolino in via Romana, detta appunto di Serumido, opera che presenta notevoli somiglianze con quella presente in San Giusto.

Lo stesso Zeri, che assegna al Maestro di Serumido una decina di dipinti realizzati tra il 1515 e il 1525, avanza l’ipotesi, poi sostenuta anche nella critica più recente (Cf. M.M. Simari, «Per il Maestro di Marradi e per il Maestro di Serumido: due inediti», in Antichità viva 31[1992]3, 5-14; S. Padovani, «I ritratti Doni: Raffaello e il suo “eccentrico” amico, il Maestro di Serumido», in Paragone 62[2005], 3-26.), che il Maestro di Serumido possa essere identificato con Bastiano, detto Aristoltele, da Sangallo (1481-1551), nipote di Giuliano e Antonio da Sangallo (Cf. Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori [1568], ed. a cura di Gaetano Milanesi, VI, 1906, pp. 433-499).

La piccola monografia del Calzolai rimane, comunque, una lettura preziosa per chiunque voglia approfondire la conoscenza della chiesa di San Giusto e delle sue ricchezze artistiche. In anni recenti è stata rieditata anastaticamente (C.C. Calzolai, «San Giusto a Ema: Storia religiosa e civile di un popolo», in Giornale di Bordo, Terza serie, 30-31[2012], pp. 95-158) ed è scaricabile online (vedi).