A servizio dei giovani per combattere la cultura della dipendenza

di Stefano Liccioli · Accanto al tradizionale calendario dei santi ce n’è un altro, di tenore diverso, ma a cui viene attribuita una grande importanza, oserei dire uguale o maggiore se non temessi di essere fermamente invitato a “lasciare stare i santi ed a scherzare con i fanti”. Si tratta del calendario delle giornate mondiali e internazionali. Non mi riferisco a quelle che riguardano la vita della Chiesa Cattolica o che comunque nascono in ambito ecclesiale. Sto parlando di quelle giornate dedicate a temi particolari che i legislatori nazionali ed internazionali fanno a gara ad inserire nel calendario annuale tanto che dovremmo quasi rimpiangere il fatto che l’anno bisestile con i suoi 366 giorni cada solo una volta ogni quattro anni perché anche un giorno in più tutti gli anni sarebbe utile per accogliere un’altra di queste giornate.

In questi ultimi tempi si è molto parlato (e molto si parlerà ancora) della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (istituita nel 2007 dall’Unione europea) soprattutto in relazione alla sua celebrazione nelle scuole italiane. Non è questa la giornata di cui voglio parlare o quanto meno da cui voglio prendere spunto per condivere in questa sede alcune riflessioni. Si tratta piuttosto della giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga (Risoluzione 42/112 del 1987 dell’Assemblea Generale dell’ONU) che mi rammarico non cada durante l’anno scolastico (si celebra infatti il 26 giugno) e che, in particolar modo, non venga recuperata nei mesi di scuola per aiutare alunni ed alunne di ogni ordine e grado a parlare del tema delle droghe o quello più generale delle dipendenze.

Infatti, a mio avviso, dopo un paio di decenni in cui questo argomento ricorreva spesso (e a ragione) nelle attività formative rivolte ai giovani, mi pare che attualmente se ne parli meno e quando se ne parla ci si sofferma soprattutto sugli aspetti legali (ad esempio la distinzione tra la detenzione di droghe per uso personale e quella ai fini di spaccio oppure il rischio di guidare un veicolo sotto l’effetto di stupefacenti), dimenticando che il consumo di droghe è un problema in sé non solo per gli effetti negativi che a breve ed a lungo termine può avere su di noi, ma proprio a livello di principio perché si fonda sull’idea che per stare bene si debba alterare artificialmente il proprio stato d’animo.

Il mio timore è che nei confronti delle droghe si stia diffondendo più o meno consapevolmente una sorta di politica dell’appeasement, nell’accettare cioé che il consumo di sostanze stupafacenti possa rientrare nell’ambito delle scelte personali purché non abbia conseguenze dirette sugli altri, tralasciando il fatto che la tutela della salute personale è un diritto sancito dalla nostra Costituzione, ma è anche un dovere di cui ognuno si deve far carico. In tale ottica trovo preoccupante la proliferazione di questi negozi che vendono la cannabis light, ancorché si premurino nel dire che il loro tipo di commercio è legale, come se la questione, ancora una volta, fosse solo di rispetto delle leggi e non soprattutto della persona.

Credo invece che oggi più che mai sia necessario combattere tra le nuove generazioni una cultura della dipendenza che non riguarda solo le droghe, ma anche l’alcol, il gioco, l’uso compulsivo di nuovi media e social network.

Questa lotta alle dipendenze non può che avvenire attraverso la via educativa dal momento che l’introduzione o l’inasprimento di norme penali non può essere di aiuto in tal senso.

Solo l’educazione fatta non solo di parole, ma soprattutto di testimonianze può far capire a ragazzi ed a ragazze che occorre lavorare su se stessi per accettare le proprie fragilità, senza illudersi di superarle grazie Solo l’educazione può spiegare ai giovani che il confronto con la vita di tutti giorni non è facile, soprattutto quando essa delude le nostre aspettative, ma che la strada per la felicità passa, in primo luogo, dall’imparare ad accogliere la vita così com’è, senza rifugiarsi in facili ed illusori surrogati della felicità come droghe e quanto altro ci isola dal mondo e ci allontana dalla realtà.

Sarebbe importante che personaggi molto ascoltati dai giovani, spesso pronti ad intervenire su tante questioni, potessero aiutare le tradizionali agenzie educative (che ormai si riducono a poche realtà, purtroppo) nel combattere la cultura della dipendenza (purché ci credano per davvero), a rischio di perdere nell’immediato un po’ di popolarità, nel consapevolezza però di fare un servizio importanto per il futuro della nostra società.