Faccia a faccia con Dio. Isacco di Ninive, Rābi‘a, Kinga, Francesco d’Assisi

di Dario Chiapetti · Faccia a faccia con Dio. Isacco di Ninive, Rābi‘a, Kinga, Francesco d’Assisi è un testo di Sabino Chialà, Caterina Greppi, Iacopo Iadarola, Fabio Scarsato (Edizioni Messaggero, Padova 2021, 89 pp., 8 euro), che pone all’attenzione la «concezione cristiana di “mistica”» (p. 10), come quello stare dell’uomo «faccia a faccia» con Dio, in cui la luce del volto di Quest’ultimo si riflette nel volto del primo. In secondo luogo esso evidenzia come si realizzi in contesti storici, geografici, culturali e religiosi diversi, secondo quanto – come si legge nell’introduzione (p. 7) – il Concilio Ecumenico Vaticano II ha compreso: «Dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale» (Gaudium et spes 22). Con veloci ma incisivi quadri gli Autori presentano rispettivamente le quattro figure che compaiono nel titolo, alcune più conosciute, altre meno, mettendo in vivida luce la loro esperienza di fede.

Sabino Chialà richiama la figura di Isacco di Ninive, vissuto nel VII secolo in Mesopotamia e appartenente alla Chiesa siro-orientale (detta nestoriana e considerata eretica), la cui riflessione è stata riconosciuta per la sua indiscussa autorità, tanto da essere annoverato tra i Padri della Chiesa. Nato in un’area periferica, ha attraversato un’epoca di rivolgimenti politici, sociali e religiosi, nei quali si è fatta spazio la sua esperienza di Dio, che ha dato indirizzo ai suoi scritti teologici. In essi è trattata la misericordia del volto divino che si rivela in tutta la sua forza nella fragilità umana. Egli sviluppa teologicamente la questione dell’esperienza dell’uomo, con le sue passioni, la sua fragilità, le sue tentazioni, persino il suo peccato, quale luogo della rivelazione di Dio. Da ciò nasce la comprensione della compassione quale sentimento di Dio, fino ad una lettura forte della croce: «la morte di nostro Signore non fu assolutamente per salvarci dai peccati né per qualcos’altro, ma solo perché il mondo sentisse l’amore che Dio ha per la creazione» (Centurie IV,78, p. 30).

Caterina Greppi presenta la figura di Rābia‘a al-‘Adawiyya, una donna di Bassora (Iraq), morta nell’801, che da poco più di un secolo è conosciuta anche in Occidente, e che per prima ha testimoniato i valori che saranno del sufismo, il misticismo islamico. Ella conobbe una radicale conversione che la portò ad abbandonarsi completamente a Dio attraverso l’amore incondizionato a Lui. Rinunciò a tutti i suoi beni vivendo la continenza dei bisogni naturali per ottenere il disvelamento del divino. Visse in una capanna, e molti, riconoscendo la sua autorità spirituale, andavano da lei per ottenere consigli (i suoi detti presentano somiglianze sorprendenti con gli apoftegmi dei padri e delle madri del deserto). Un punto centrale della sua spiritualità è la distinzione tra l’amore di desiderio, che consiste nel ricordo di Dio, in cui l’uomo si distoglie da chi è altro da Lui, e l’amore di cui Dio è degno, che consiste nell’azione di Dio finalizzata a togliere i veli all’uomo affinché questi Lo veda. Ella si è così distanziata dalla teologia islamica, per la quale la categoria di amore si riferisce alla Legge e non a Dio, né in Sé né nei confronti dell’uomo (pp. 48-49).

Iacopo Iadarola tratteggia la figura di Kinga della Trasfigurazione, carmelitana ungherese, morta di tumore nel 2009 a 36 anni. Rimasta affascinata dalla personalità di santa Teresa Benedetta della Croce, conosciuta mediante la visione di un film sulla sua vita, si fece largo in lei il desiderio di entrare nel Carmelo. È così che divenne, qualche anno dopo, suor Kinga della Trasfigurazione. La vita claustrale non le risparmiò difficoltà, come quelle riguardanti le relazioni con le consorelle, ed è così che ella iniziò a conoscere in prima persona il significato del nome che ricevette, la trasfigurazione: l’esperienza del Trasfigurato oltre quella dello Sfigurato (e viceversa, p. 68) e quindi della realtà trasfigurata oltre il suo aspetto sfigurato. La comunione con le sue compagne si approfondì negli anni della malattia che ella definì «un grande regalo» (p. 69) – «mi avvinghio alle preghiere delle sorelle per non affondare» (p. 70) -, mentre l’unione con lo Sposo toccò il suo vertice nell’esperienza massima di dolore, fisico e morale, che fu, dal punto di vista spirituale, partecipazione all’esperienza di Cristo dell’abbandono del Padre. Al “faccia a faccia” con Dio non si è sottratta: Non mi sono tirata indietro – espressione che richiama quella del servo sofferente di Isaia – è proprio il titolo del suo diario, nelle cui ultime pagine fa riferimento alla sua vita come a «una bella fragola matura».

Fabio Scarsato porge al lettore la figura di Francesco d’Assisi. «De toto corpore fecerat linguam», scrive Tommaso da Celano di Francesco: sono queste le parole che per l’Autore riassumono l’esperienza di “faccia a faccia” che il Poverello ha vissuto con Dio. Si tratta di un aspetto che innanzitutto si evidenzia nella grande forza comunicativa del Santo. A tal proposito vengono richiamati alcuni episodi della sua vita, così come alcune sue scelte ed alcuni aspetti della sua personalità e dei suoi gesti. In secondo luogo, questo “faccia a faccia” con Dio è ravvisabile in modo particolare nella sua profonda devozione eucaristica, ossia verso un Dio «guardabile, palpabile, gustabile» (p. 81), che manifesta la centralità del suo carattere “simbolico”, ovvero che mette insieme la realtà divina con quella umana, in rapporto – per così dire – pericoretico. Il volto di Dio si manifesta a Francesco nelle cose create, il quale così manifesta anche il volto di queste, dischiudendo innumerevoli “faccia a faccia” tra esse e l’uomo. Il Santo si trova così faccia a faccia col volto del lebbroso, del Crocifisso di San Damiano, di Chiara, del lupo, di ogni farabutto, di ogni brigante, di ogni scarto della società, del sultano, di ogni lontano, della luna, del sole, dell’acqua, del fuoco, delle piante, dei fiori, della madre terra, del vento, delle nubi, della storia, degli enigmi della vita, e infine del Serafino sulla Verna.