Il millennio della «porta del cielo»

luzi-firenzedi Antonio Lovascio • “Haec est porta coeli”, è inciso da mille anni sulla soglia della Porta Santa di San Miniato. Una scritta che rivela cosa deve significare il complesso della Basilica romanica, illuminata da un cielo finalmente raggiungibile, un cielo che ci prepara a tornare in città, esaltati dalla bellezza che abbiamo contemplato e possibilmente dall’esperienza di Amore che lì è stata trasmessa. Una porta aperta su varchi di mistero e trascendenza. “ Qui c’è l’anima di Firenze”,come ha detto l’arcivescovo card. Giuseppe Betori. Ne doveva avere avuta profetica percezione lo stesso Vescovo Ildebrando quando, il 27 aprile del 1018, avvertì la necessità di ricostruire completamente il vetusto luogo di culto che conservava le reliquie del protomartire armeno Miniato e dei suoi compagni uccisi durante le crudeli persecuzioni di Decio alla metà del terzo secolo. Ma oltre a custodire la memoria di quei santi, avrebbe dovuto testimoniare con il suo splendore l’orizzonte di speranza pasquale per tutta la “città degli uomini”. E tenere sempre vivo uno sguardo di conforto, di premurosa vigilanza, di attenzione. Citando Simone Weil, lo ha ricordato presentando i sessanta grandi eventi con i quali verrà celebrato il Millenario, l’attuale Abate della comunità olivetana Bernardo Gianni – che ha raccolto e porta avanti con coraggio e spirito creativo l’eredità di Agostino e Vittorino Aldinucci, quest’ultimo considerato un padre dell’ecumenismo. Oggi l’Abbazia è come “una vela che dà vento alla vita delle persone”.

Tra i molti appuntamenti programmati fino al 2019, l’inaugurazione delle tre porte lignee e del Ciborio della Basilica appena restaurati, composizioni musicali poetiche inedite ed eseguite per la prima volta in assoluto. E ancora una grande festa per le famiglie e la cittadinanza, incontri e installazioni artistiche, convegni internazionali e giornate di studio, letture e performance. Per sottolineare come questo luogo sacro sia un armonico distillato di storia, fede ed arte. Nel Cinquecento San Miniato è stato persino un simbolo della resistenza dei fiorentini alle truppe di Carlo V, come si può osservare in un affresco di Giovanni Stradano in Palazzo Vecchio. Lo stesso Michelangelo fu coinvolto nella difesa del campanile della basilica. E un ruolo importante lo ha avuto anche nella Seconda Guerra Mondiale.

Un angolo tanto caro ai sindaci Giorgio La Pira e Piero Bargellini, al poeta Mario Luzi, che ha celebrato San Miniato più volte con le sue liriche («Stringiamoci la mano sugli spalti di pace, nel segno di San Miniato». Come il Vescovo Ildebrando, La Pira collocò sulla collina la sua “Gerusalemme celeste”, la città che San Giovanni nel finale dell’Apocalisse e della Bibbia vede scendere dal Cielo come prospettiva ulteriore, come porta di speranza. Quasi a ricordarci, il “sindaco santo”, che la nostra vita, con le sue attese e i suoi desideri, non può in uno sgretolamento della vita stessa, ma approdare un giorno in un mistero indecifrabile, in un sito ancor più bello di Firenze , che è appunto la “Gerusalemme celeste”, dove finalmente giustizia, pace, conforto avranno tutto il diritto che qui, così faticosamente riescono a trovare. La Pira – lo va ripetendo in queste settimane l’Abate Bernardo – sognava una città capace di aprirsi, di accogliere e di armonizzare l’uomo secondo la misura che il Vangelo propone. Raggiungendo anche le “periferie” come oggi ci chiede Papa Francesco.

Richiamando spesso nei suoi versi questa “visione” lapiriana, Mario Luzi forse meglio di ogni altro è riuscito ad offrire uno sguardo di sintesi così potente e strabiliante su San Miniato, “riserva di un fuoco antico” . Molti ricordano ancora la sua invocazione tanto spirituale quanto laica pronunciata la sera del 7 dicembre del ’97, per salutare la rielezione dell’Abate Agostino Aldinucci . Con la sua lirica il poeta chiese anzitutto ai presenti di fare memoria, respingendo la tentazione dell’oblio e della dimenticanza. Invitando al ricordo, non propose l’immagine della solita Firenze da cartolina, quella che in fondo viene proposta ai turisti correndo il rischio di trasformarci in una sorta di Eurodisney dell’arte rinascimentale. Dobbiamo ricordare qualcosa per tornare a rivivere qualcosa di nuovo, che tuttavia riceva da questo passato stimoli positivi, concreti, moderni e altrettanto intrepidi. “Levò alto i pensieri, stellò forte la notte, inastò le sue bandiere di pace e di amicizia” : sono tutte immagini di speranza, di coraggio, di raccomandazione a portare luce nel cuore della notte e anche una cordialità fatta di pace e di amicizia che troppe volte le nostre città non conoscono. Questo è lo spirito con cui la Comunità olivetana di San Miniato, sempre fedele alla Regola di San Benedetto, celebra il suo primo Millennio.